1. Sta emergendo un nuovo interesse per la Partecipazione diretta
Nell’ultimo decennio è cresciuto nel nostro paese l’interesse per sperimentare modi e forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa di tipo nuovo e poco esplorato nel passato. La novità sta soprattutto nel fatto che queste sperimentazioni sono sorte dal basso, senza programmi organici, in modi spesso informali e sottotraccia, talora anche semi-nascosti per non urtare le suscettibilità dominanti. Le forme che ha assunto negli ultimi 10 anni questa nuova partecipazione dal basso sono principalmente di tipo diretto e sono distanti dal dibattito sulla “democrazia industriale” sviluppatosi negli anni ’80 e ’90, che si era concluso con varie proposte di legge, rimaste poi nel cassetto. Vi è però anche una terza forma più embrionale, e ancora più sottotraccia, basata su una possibile consultazione di vertice sulle scelte strategiche nelle grandi imprese, che si può considerare ottimisticamente un “germoglio” della partecipazione strategica.
Le due forme emergenti sono riconducibili alla partecipazione diretta, come nella definizione di G. Baglioni, cioè a quelle forme che hanno finalità di condizionare il management e l’impresa nella gestione operativa del flusso produttivo attraverso un impegno diretto dei lavoratori in prima persona, o attraverso la mediazione di rappresentanti locali eletti dai lavoratori, in una dimensione esclusivamente operativa. Le due forme emergenti sono così descrivibili.
a) Coinvolgimento e partecipazione diretta dei lavoratori. Si è realizzata attraverso gruppi di miglioramento continuo, campagne di consultazione o di formazione mirata per progetti di innovazione tecnica e organizzativa, lavoro di gruppo in team formalizzati, sistemi di suggerimenti, social network informali, comunità di pratiche.
Tutte queste modalità, talora formalizzate come nel caso del lavoro in team, delle comunità di pratiche e dei suggerimenti ma più spesso informali, come negli altri casi, prevedono una iniziativa del management volto a coinvolgere direttamente le persone nei processi di innovazione organizzativa e del posto di lavoro collegati alla innovazione tecnologica. Il management aziendale di alto livello si è avventurato su questa strada, soprattutto nelle imprese innovative di medie dimensioni, per due esigenze principali: superare le resistenze al cambiamento tipiche della cultura italiana e spesso radicate nei capi intermedi, e predisporre i cambiamenti nella cultura e nel posto di lavoro essenziali per la introduzione delle nuove tecnologie. Anche in molte grandi imprese il coinvolgimento diretto dei lavoratori ha assunto queste forme ed è stato centrale per il cambio sostanziale del modello produttivo (come per il WCM in FCA e la lean evoluta in Lamborghini, Luxottica, Pirelli, Ferrero etc.). Va detto che queste iniziative del management avanzato, molto diffuse ma tuttavia limitate e circoscritte alla minoranza delle imprese più innovative, ha incontrato quasi sempre una risposta positiva dei lavoratori, soprattutto se gestita con cautela e con rispetto delle tradizioni di relazioni industriali italiane. Più differenziata è stata invece la risposta degli operatori sindacali, spesso entusiasta, ma talora scettica o assente.
In molti casi queste forme di partecipazione diretta sono state favorite e supportate anche da accordi sindacali aziendali, soprattutto dove i programmi di formazione di massa dei lavoratori hanno aperto la strada all’innovazione (come ad es. nel caso Arneg del 2010, Polti del 2014, Luxottica, Lamborghini etc.)
b) Partecipazione organizzativa collegata ai premi di risultato e agli incentivi fiscali e contrattualizzata. In alcuni casi la partecipazione diretta dei lavoratori è stata collegata ad accordi sindacali sul premio di risultato che attribuivano a Commissioni miste, azienda e RSU, il compito di monitorare e indirizzare i processi di innovazione, alla base degli incrementi di produttività e del premio di risultato. Nel caso di aziende di dimensioni medie le Commissioni si sono concentrate di solito su singoli progetti tecnologici o organizzativi (ad es. accordo C.B. Ferrari 2017, Gefran 2018, Siat 2019, Rold 2019, Hera etc.). Nel caso invece di aziende più grandi le commissioni paritetiche si occupano solitamente di miglioramento a tutto campo e intervengono su più temi (ad es. accordi Luxottica, Ducati, Lamborghini, Bonfiglioli). A questa formula è stato dato il nome di “partecipazione organizzativa”, perché si intrecciano il coinvolgimento diretto dei lavoratori, essenziale per il successo dei progetti di miglioramento, con le tradizioni delle Commissioni paritetiche, che monitorano l’andamento del premio salariale di risultato e in qualche modo possono indirizzare il progetto di cambiamento.
Queste soluzioni sono state indubbiamente favorite dalle leggi finanziarie 2015 e 2016 (confermate negli anni successivi) e dai notevoli vantaggi fiscali da esse previste. Si può vedere in queste formule un modo di partecipazione economica, per lo stretto collegamento con il salario di produttività. Va segnalato anche in questi casi un buon gradimento da parte dei lavoratori. Si tratta di solito di aziende nelle quali le Relazioni Industriali hanno assunto un approccio di tipo cooperativo da molto tempo.
Sono riconducibili a questo schema anche molti degli accordi sul welfare aziendale che prevedono una definizione degli schemi di welfare condivisa tra aziende e sindacati con le modalità previste dalla Legge. In molti casi questi accordi, molto più numerosi, prevedono anche una consultazione dei lavoratori con assemblee o questionari, o anche una decisione personale del singolo lavoratore.
c) Forme embrionali di consultazione dei sindacati sulle scelte strategiche. Una terza forma, che si è sviluppata in forma embrionale e ancora volontaristica, è basata sulla possibilità di attivare una commissione di consultazione ad alto livello, tra i vertici aziendali e le organizzazioni sindacali, sugli scenari strategici e le scelte rilevanti per il futuro produttivo nelle grandi imprese. Commissioni consultive di questo tipo sono previste non solo in molti accordi aziendali di grandi imprese tedesche con siti in Italia, ma anche nel contratto aziendale Luxottica del 2019 e nel recente CCNL dei metalmeccanici del febbraio 2021, e in accordi di altre grandi imprese. Secondo alcuni queste commissioni di consultazione strategica sono solo una forma evoluta dei diritti di informazione, mentre secondo altri osservatori potrebbero essere prime forme sperimentali di partecipazione strategica.
2. Cause strutturali delle nuove forme di partecipazione diretta
Lo sviluppo di queste forme di partecipazione diretta è in parte simile alle tendenze degli altri paesi avanzati ma è in parte tipico della situazione italiana caratterizzata da molte medie imprese ad alta innovatività e quindi molto propense alla partecipazione in funzione del cambiamento.
Le motivazioni economiche o strutturali che stanno alla base del cambiamento sono essenzialmente due.
- L’esigenza più forte è indubbiamente l’urgenza per l’innovazione tecnologica (produttiva, progettuale e logistica) che trascina una esigenza di innovazione organizzativa profonda. Senza entrare nel problema del rapporto tra tecnologia e organizzazione e dei nuovi modelli produttivi adatti al mondo del 21° secolo, qui basta ricordare che le tecnologie digitali applicate alla manifattura richiedono forme organizzative molto più evolute dei sistemi post-fordisti a cui siamo abituati (specializzazione flessibile, outsourcing, delocalizzazione). Esse richiedono nuove soluzioni che vengono oggi indicate come Lean evoluta o lean 4.0 o “agile”. Infatti per gestire l’automazione, la robotica avanzata e i big data sono necessari sistemi organizzativi in grado di sperimentare, di modificarsi, di correggere errori e strade sbagliate, di apprendere velocemente, di assicurare livelli di qualità elevati.
Anche il fatto che nelle aziende di servizio non manifatturiere, che operano solo nella distribuzione o nella consegna, si affermino modelli di taylorismo digitale (come ad es. in Amazon), non deve trarre in inganno. Ovviamente in questi ambienti, dove non si produce nulla ma si spostano solo pacchi contenenti cose prodotte da altri, oppure dove si fa incontrare domanda e offerta di lavoro (si pensi alle piattaforme) i metodi dello scientific management garantiscono ad oggi la massima efficienza. Tuttavia anche in questi mondi sta emergendo l’esigenza di regolazione, che richiederà prima o poi non solo uno sviluppo della contrattazione tradizionale di tutela, ma anche l’esigenza di “contrattare in anticipo l’algoritmo”. Il controllo dell’algoritmo, cioè del sistema di governo del lavoro, richiederà a sua volta una qualche forma di partecipazione. In effetti anche nelle piattaforme di “mercato” e di consegna rapida come i “riders”, sta progressivamente emergendo l’esigenza di contrattare la condizione di lavoro subordinato e i sistemi di controllo e regolazione del lavoro. In ogni caso tutte le aziende, anche quelle più tradizionali, si aspettano che per raggiungere i risultati i lavoratori aderiscano alle richieste aziendali, risolvano intenzionalmente i problemi che incontrano, si sentano “ingaggiati”. Si tratta di una richiesta unilaterale di partecipazione che non viene riconosciuta al lavoratore in quanto non prevede reciprocità.
b) A questa esigenza generale presente in tutti i sistemi manifatturieri dei paesi avanzati si è aggiunta in Italia nel caso soprattutto delle medie imprese famigliari, il problema del passaggio generazionale e della crisi manageriale e imprenditoriale conseguente. La globalizzazione dell’economia ha probabilmente accentuato una crisi latente e storica nelle imprese famigliari, che forse è più evidente nelle imprese italiane per ragioni culturali. In breve vi è una forte esigenza di innovazione gestionale in questi ambienti per la transizione nel nuovo secolo e per far evolvere la cultura dei fondatori che risale agli anni ’50 e ’60 del ‘900. In effetti nelle medie imprese famigliari, che sono ancora l’ossatura del nostro sistema produttivo, si sta lentamente affermando l’esigenza di aprire i Consigli di Amministrazione ad attori non famigliari, e a nuove risorse manageriali. Perciò il coinvolgimento dei lavoratori dell’azienda e la eventuale presenza di loro rappresentati nella gestione, può apparire in molti casi una soluzione semplice e naturale.
A ciò si aggiunga che la necessità di gestione condivisa tra aziende e RSU, degli standard sanitari nel corso della pandemia COVID-19, ha diffuso ampiamente l’idea della importanza della partecipazione dei lavoratori alla gestione. Dovunque si è osservato che l’innovazione tecnologica avanza non tanto per la numerosità delle macchine ma soprattutto con l’impegno e il coinvolgimento delle persone.
Infine si può prevedere che lo sviluppo di processi partecipativi inneschi un’evoluzione dei ruoli e delle relazioni tra i diversi attori. E’ probabile allora che si sperimentino nuovi vantaggi reciproci e che maturino altri tipi di partecipazione. In particolare il mantenimento nel tempo di comportamenti partecipativi del lavoratore è possibile solo se egli percepisce che la sua partecipazione nell’aiutare l’impresa ad avere successo, gli consentirà di condividere anche i futuri guadagni. È interesse del lavoratore partecipare alla crescita di produttività e al miglioramento se ciò gli consente almeno di mantenere il suo lavoro. In caso contrario la motivazione del lavoratore alla partecipazione non è sostenibile nel tempo. Per quale motivo, infatti, il lavoratore dovrebbe partecipare al miglioramento di una impresa in cui un capitale impaziente ha intenzione di disinvestire?
Allo stesso tempo la sperimentazione dell’impatto della partecipazione sui risultati di impresa può aiutare il management e la proprietà a superare la tradizione del comando e controllo per influenzare i comportamenti e riconoscere i vantaggi della partecipazione. Queste aspettative di benefici da assicurare nel tempo possono essere soddisfatte se vi è un atteggiamento di reciprocità tra gli attori e se si proiettano su un medesimo orizzonte temporale. Ciò, presumibilmente, aprirà la strada a forme di partecipazione strategica come naturale complemento della partecipazione diretta.
3. Proposte per lo sviluppo della Partecipazione: il cambio epocale di cultura
Il nostro paese ha assoluto bisogno della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’Impresa per raggiungere l’obiettivo di aumentare la produttività e creare lavoro attraverso la crescita economica nel contesto europeo. Le motivazioni di questa importanza della partecipazione sono principalmente due.
1) Nel processo di innovazione tecnologica e organizzativa che in parte è già in atto e che sarà accelerato dagli investimenti previsti nel PNRR la partecipazione diretta e organizzativa gioca un ruolo essenziale per il suo successo. Ci sono oramai indiscutibili evidenze che i progetti innovativi gestiti senza coinvolgimento dei lavoratori incontrano grosse difficoltà e vengono insabbiati, oppure raggiungono solo in parte gli obiettivi. Mentre al contrario i progetti con forte e adeguata partecipazione raggiungono risultati di produttività con più certezze, più rapidità e maggiore pienezza. I fatti dimostrano anche che la partecipazione diretta viene rafforzata se collegata ai premi di risultato e quindi se integrata con forme di partecipazione economica, seppure limitata. In breve la partecipazione diretta, organizzativa ed economica nei Premi di risultato si sostengono a vicenda e sono essenziali per il successo della transizione tecnologica e digitale.
2) La partecipazione strategica alla gestione complessiva dell’Impresa è altrettanto importante, sia per sostenere e dare continuità alla partecipazione diretta sia per evitare i notevoli errori strategici e gestionali che sono stati connessi negli ultimi decenni da molti Consigli di amministrazione. Nelle imprese famigliari di piccole e medie dimensioni spesso il Consiglio di amministrazione coincide con la famiglia o con ambienti chiusi e dotati di competenze insufficienti, la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di amministrazione e/o nel Consiglio di Sorveglianza, potrebbe favorire l’arricchimento culturale e lo studio di diversi percorsi strategici per l’azienda, e potrebbe anche supportare il passaggio generazionale, evitando scelte traumatiche.
Nelle grandi imprese la partecipazione strategica, con la presenza di rappresentanti eletti dei lavoratori negli organi direttivi, può rafforzare le tendenze alla stabilità e alla resilienza sul lungo periodo e alla scelta di strategie di sostenibilità e orientate al bene comune.
Il problema principale oggi è tuttavia quale strada scegliere per attivare queste forme di partecipazione che sono essenziali per lo sviluppo economico e sociale del paese. La lezione principale che abbiamo imparato dalle esperienze effettuate negli anni scorsi è che è necessario un gigantesco cambiamento nella cultura, nelle competenze e negli strumenti di tutti gli attori sociali. In Italia tutte le prassi, le regole legali e contrattuali, gli strumenti aziendali, le consuetudini sono orientate diversamente. Tutto è predisposto per tenere lontani e separati gli attori e al massimo per favorire accordi temporanei e transeunti.
Il cambio di cultura riguarda ambedue gli attori. Infatti il sindacato e le RSU sono attrezzate per difendere la parte più debole affermando diritti e criticando in continuo le scelte aziendali. Il management e l’impresa si sono organizzate per tenere distanti dalle scelte gestionali e strategiche i lavoratori e il sindacato. Quindi la diffidenza reciproca è molto elevata: dappertutto siamo distanti dal mutual trust, dalla fiducia reciproca richiesta dalla partecipazione. Anche la contrattazione, cioè lo strumento principale di Relazioni industriali, è impregnata oggi di diffidenza, di cultura per un gioco a somma negativa. La contrattazione resterà uno strumento fondamentale. ma con approcci innovativi. più orientati alla diagnosi, alla soluzione di problemi, alla progettazione congiunta, piuttosto che alla gestione delle criticità ex post.
Che il cambio di cultura e anche degli approcci alla contrattazione sia un elemento centrale emerge con evidenza dalle esperienze più avanzate, che stanno puntando a una strategia di ampia formazione congiunta, tra dirigenti aziendali, sindacalisti e RSU per aprire la strada alla partecipazione organizzativa. Prevedono un sostegno della formazione congiunta gli accordi Assolombarda con CGIL, CISL, UIL di Milano e Monza, gli accordi Lamborghini e Luxottica, il nuovo CCNL dei Metalmeccanici del febbraio 2021.
In breve la nostra idea è che il cambio di cultura, non solo nel senso di orientamento ideale, ma anche nel senso degli strumenti gestionali, organizzativi e contrattuali, e soprattutto della prassi e delle abitudini aziendali, deve essere preliminare ad ogni intervento sistematico e generale. Siamo convinti che oggi una ipotesi di diffusione della partecipazione in forza di una legge calata dall’alto senza preparazione e senza una sperimentazione preliminare sia desinata al fallimento e a restare inapplicata, o disattesa.
4. Un percorso in due tappe
Proponiamo perciò un percorso di sviluppo del sistema partecipativo in due tappe successive da attivare come processo a complemento e integrazione dei programmi di transizione ecologica e digitali in corso di attivazione. La partecipazione è infatti essenziale al successo delle due transizioni a cui puntano l’Europa e l’Italia e dovrebbe far parte integrante di quei programmi. L’idea di collegare un PROGRAMMA di PARTECIPAZIONE con quelli della TRANSIZIONE potrebbe valere anche per il tempo: ad esempio fissare l’obiettivo 2030, per elaborare, sperimentare e consolidare un modello italiano di partecipazione.
- La fase iniziale: cambio di cultura e consolidamento della partecipazione diretta
La prima fase non può che essere dedicata allo sviluppo, diffusione e consolidamento della partecipazione diretta e organizzativa in tutti i settori portanti della nostra economia, come passo preliminare alla partecipazione strategica della fase 2. L’obiettivo è non solo diffondere in ampiezza queste forme, ma consolidarle collegandole strettamente all’aumento della produttività e alla innovazione. Un legame stretto tra produttività, innovazione e premi salariali finirà infatti per rendere strutturali le forme di partecipazione diretta e organizzativa.
Gli strumenti per raggiungere questi obiettivi potrebbero essere quelli tradizionali e già sperimentati. - Incentivazione diretta. Si può perfezionare e consolidare sul lungo periodo il sistema di incentivazione dei premi di risultato, del welfare e della partecipazione. In particolare si potrebbero potenziare gli incentivi per la partecipazione organizzativa in funzione della crescita di produttività, e richiedere per l’accesso ai benefici dell’investimento in tecnologie digitali (impresa 4.0) l’attuazione di forme di partecipazione diretta.
- Incentivazione indiretta. Nel caso di interventi finanziari dello Stato a sostegno delle imprese, oggi possibili con diversi strumenti finanziari, si dovrebbero prevedere che nei piani industriali siano obbligatori piani di partecipazione organizzativa contrattata con i sindacati. L’idea è che se lo Stato concede finanziamenti o garanzie, la partecipazione organizzativa può esercitare una prima forma di controllo seppure debole.
- Campagne di formazione e di sostegno alla innovazione organizzativa. I programmi di sostegno alle imprese per la transazione digitale ed ecologica potrebbero prevedere campagne coordinate di innovazione organizzativa basate anche sulla partecipazione diretta dei lavoratori. Qualsiasi beneficio per le nuove tecnologie dovrebbe prevedere obblighi di formazione per i lavoratori.
- Inserimento della partecipazione organizzativa nei CCNL delle categorie principali. Il governo potrebbe incentivare i CCNL a prevedere soluzioni semplificate e standard di partecipazione organizzativa e di formazione congiunta, sulla linea iniziata con il CCNL dei meccanici del 2021.
- Estensione della rappresentanza dei lavoratori in tutte le imprese con più di 20 addetti con doppio canale (Consigli di azienda, simili ai Work council dei paesi nordici). Un modo per diffondere e potenziale la cultura partecipativa, è prevedere, per Contratto (o anche per Legge) la elezione di rappresentanti in Consigli di azienda, senza poteri di negoziato sindacale, in tutte le imprese con più di 20 addetti, dove non esiste una rappresentanza sindacale eletta. Questi consigli senza poteri contrattuali, potrebbero però avere poteri consultivi e di controllo sui temi tipici del lavoro. Ad esempio orario di lavoro, sicurezza, nuove tecnologie e organizzazione del lavoro, formazione, rispetto delle leggi sul lavoro.
- La fase due: sperimentazione della Partecipazione strategica
La fase successiva è dedicata a proporre e sperimentare forme di partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori negli organi di gestione dell’impresa secondo modalità e forme da definire anche in base ai risultati della fase 1 di partecipazione organizzativa.
Si può immaginare di iniziare questa sperimentazione nelle aziende che per uscire dalla crisi ricevono aiuti finanziati dallo Stato. L’obiettivo è che i rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione o nel Consiglio di sorveglianza svolgano una funzione di indirizzo e di controllo di 1° livello. La sperimentazione potrebbe essere poi estesa alle aziende con difficile passaggio generazionale, che richiedono uno sforzo eccezionale ai dipendenti. Inoltre lo Stato potrebbe decidere di sperimentare in tutte le aziende e proprietà pubblica (in house o controllate, o ex municipalizzate) la partecipazione negli organi di governo, in funzione di controllo di primo livello.
L’obiettivo di queste sperimentazioni è di consolidare prassi e culture adatte al nostro sistema produttivo e al nostro contesto. Esse potrebbero partire, man mano che la partecipazione organizzativa matura o produce buoni risultati nelle imprese e nei settori, con un approccio gradualistico. Solo dopo un esito positivo e di successo di queste sperimentazioni, si potrà a nostro avviso, estenderle a tutto il paese con un apposita legislazione.