Può sembrare fuori moda e anche poco interessante per chi non è del ramo, segnalare un libro scritto a più mani (Rolando Cian, uomo di frontiera a cura di Paolo Feltrin, con testi di F. Tassin, F. Bentivogli, C. Moretto ed. Biblolavoro, 2013) che ripercorre la vita di un sindacalista della Cisl, prima e di un dirigente politico della DC (1918-1977), poi. Il suo non è un nome di spicco nel pantheon sindacale e politico italiano. Ma la storia dell’evoluzione della dignità del lavoro e della democrazia è segnata fortemente dall’azione e dalla passione di tanti “santi minori”. Senza di essi, senza la loro capillare presenza in mezzo alla gente, senza la loro costante attenzione alle vicende personali e quotidiane delle persone in carne ed ossa, nessun leader, anche il più carismatico, potrebbe condurre battaglie vincenti.
Cian è certamente uno di questi “santi minori” e bisogna essere grati agli autori del libro per l’occasione offertaci. Che non è soltanto di conoscenza, ma soprattutto di riflessione un po’ per tutti e non unicamente per gli addetti ai lavori. Gli scritti, infatti, sono la narrazione di una vera e propria epopea individuale e generazionale di chi si è cimentato nell’Italia del dopoguerra e della conquista del benessere e della democrazia. Il focus su Cian è costruito con un occhio all’ambiente socio-politico dell’epoca, a quella fase, irripetibile, di creazione contemporaneamente delle condizioni economiche e sociali per lo sviluppo del Paese e di consolidamento delle fragili istituzioni repubblicane.
Ma questo riconoscimento a Cian, tramite gli autori del libro, non è sufficiente per motivare nel modo giusto la proposta di lettura. Resta sempre da giustificare perché vale la pena di conoscere questa storia, ora, in questo momento storico. Ebbene, la chiave che apre all’attualità la figura di Cian è a pag. 159. Bentivogli riporta un dialogo tra Cian e un suo collaboratore, Reverdito, dopo la sua sconfitta nei confronti del gruppo dirigente della Cisl di Napoli, dove era stato inviato da Pastore per rinnovare quella struttura. Venendo da un’esperienza di successo alla Cisl di Salerno, il friulano Cian non era proprio uno sprovveduto ed infatti, i primi tempi napoletani furono di forte rinnovamento ma non tanto da scalzare le vecchie logiche di potere. Dice Reverdito: “Con Cian ci siamo chiesti se ne era valsa la pena. Vedi, mi diceva, non conta quello che hanno fatto a noi, conta quello che abbiamo fatto noi”.
L’attualità è tutta in questa frase. Accettare le sfide, affrontarle senza chiedere garanzie, tutele, assicurazioni di successo. Vale in ogni campo, per ogni situazione relazionale. E’ questo modo di vivere le responsabilità che riempiono la vita di ciascuno di noi e forniscono alla vita collettiva le ragioni della partecipazione. Rischiare, finanche la carriera, il successo, le sicurezze senza sentirsi eroe, ma semplicemente, per coerenza personale e collegiale è messaggio non molto diffuso in questa fase storica. E se c’è qualcuno che ce lo ricorda attraverso la propria storia, merita di essere segnalato e ringraziato.