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Per vincere in Europa non basta la ragione

Da ormai parecchi mesi si parla di una ripresa economica europea. Se ne parla tanto e se ne vede poca. La recessione è forse finita, ma le previsioni ci dicono che anche per l’anno prossimo l’economia della zona Euro crescerà meno dell’uno per cento. Il commercio internazionale avrà infatti minore vigore rispetto al passato e il Super Euro, ormai da mesi in rialzo rispetto a tutte le maggiori valute del mondo, renderà più difficile la nostra penetrazione nei mercati extraeuropei. 

Infine, chi si illudeva sperando in un mutamento della politica germanica, all’indomani delle elezioni, si deve ricredere. Ci vorranno altri due mesi per formare il governo e quando, nel prossimo gennaio, esso sarà operativo, saremo già in campagna elettorale per le prossime elezioni europee. Sarà quindi difficile attenderci un politica diversa, anche perché la Cancelliera tedesca non è certo nota per prendere decisioni coraggiose durante le campagne elettorali, di qualsiasi tipo esse siano. Non c’è quindi molto da stare allegri dopo tanti anni di crisi.

Riguardo all’Italia c’è da stare ancora meno allegri, dato che le previsioni ci dicono che, pur essendo scesi in basso molto più degli altri nel passato, siamo destinati a riprenderci con maggiore lentezza in futuro. E’ a questo punto difficile parlare di diminuzione della disoccupazione e di altre tante belle cose di cui avremmo bisogno. Tuttavia, quando ci occupiamo di previsioni non è per accettarle in modo passivo. Abbiamo invece l’obbligo di fare il possibile per preparare una realtà migliore di quella che ci danno le previsioni.

A questo punto dovremmo parlare di riforme strutturali ma esse, pur indispensabili e quindi da fare ad ogni costo, produrranno i loro frutti in tempi non ravvicinati, mentre la nostra casa brucia e dobbiamo pensare ad interventi urgenti e di carattere straordinario, proprio come quelli dei vigili del fuoco.

Il primo intervento è quello di ripristinare il flusso del credito bancario, senza il quale in Italia non si muove nulla. Qualche settimana fa ho portato avanti la proposta dell’istituzione di una “Bad Bank” che, facendosi carico di una parte dei “debiti cattivi” permetta al sistema bancario di ritornare a fare il proprio mestiere. Se ne è già giovata con esito positivo la Spagna e oggi perfino l’Economist la ritiene un utile strumento per la ripresa.

In secondo luogo, gli investitori italiani e stranieri si aspettano una decisione che metta fine alle incertezze che gravano su tutte le iniziative economiche. Debbo perciò insistere su una drastica (se la lingua italiana lo permettesse dovrei scrivere drasticissima) riduzione delle possibilità di ricorso agli organi amministrativi e su una radicale semplificazione delle infinite autorizzazioni amministrative e possibilità di contenzioso. Non vi sembra ad es. ridicolo richiedere la lunghissima procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per mettere in atto la copertura dei depositi di minerale dell’Ilva, copertura urgentemente richiesta per la protezione della salute dei cittadini?

In terzo luogo, bisogna impostare un’azione finalmente forte nei confronti dell’Unione Europea perché, pur mantenendo gli obblighi di bilancio, lo si debba fare favorendo la crescita e non la recessione.

Si è sparsa in Europa la leggenda metropolitana che il peso della crisi stia sulle spalle dei tedeschi. Vorrei ricordare che l’Italia ha fatto fronte agli obblighi di solidarietà derivanti dalla crisi con 51,3 miliardi di Euro di fronte agli 86 della Germania. Tenuto conto della diversa dimensione delle due economie abbiamo fatto ampiamente la nostra parte. Non vi sembra quindi giusto, sensato e coerente con gli interessi europei che una cifra analoga (o almeno una quota sostanziale di questa) possa essere da noi destinata agli investimenti produttivi e alle infrastrutture?

Tuttavia, dato il quadro politico ed elettorale esposto in precedenza, non ci si può aspettare un cambiamento spontaneo da parte della Germania. Perché il buon senso e gli obiettivi di un corretto sviluppo prevalgano bisogna quindi che Francia, Italia e Spagna li portino avanti insieme, con un progetto comune. Oggi questo progetto è più facilmente perseguibile perché le urgenze sono le stesse per tutti e tre i Paesi e nessuno si aspetta che la Germania intenda cambiare la propria politica in un prevedibile futuro. Bisogna perciò arrivare a un confronto politico nell’ambito dell’Unione Europea non solo con la ragione ma anche con la forza sufficiente per poterlo vincere.

L’atteggiamento passivo dentro cui ci siamo rifugiati sperando che la saggezza della Banca Centrale Europea sia sufficiente a salvare tutti noi, è sbagliato. La BCE sta infatti già facendo tutto quanto le è permesso dai limiti dei suoi poteri istituzionali.

Naturalmente dobbiamo contemporaneamente mettere in atto la sempre auspicata “spending review”e la lotta all’evasione. Dobbiamo indirizzare tutti gli scarsi mezzi disponibili per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori attraverso il cuneo fiscale e mettere freno agli esagerati costi dell’energia. Dobbiamo prendere tante altre decisioni ma è bene chiamare subito i pompieri, anzi la brigata internazionale dei pompieri perché la casa dei nostri vicini non è messa meglio della nostra.

*Da sito web di Romano Prodi

http://www.romanoprodi.it/articoli/non-e-il-momento-di-pensare-a-riforme-strutturali-ma-a-questi-interventi-urgenti-e-straordinari_7506.html

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