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PNRR: ma di cosa si discute?

L’allarme lanciato dal Ministro Responsabile del PNRR Raffaele Fitto (di FdI) sulle difficoltà di attuazione del Piano uscito dalla predisposizione  

licenziata dal Governo Draghi è risultato tanto improvviso e fragoroso, quanto, obiettivamente indeterminato e confuso. Per quanto si è potuto leggere e seguire nel riscontro pubblico di attenzioni e reazioni che si è determinato nel sempre esagitato circolo di stampa e informazione italiano, e nello stesso dibattito politico, c’è stata difficoltà a fissare davvero, dopo i titoli e le battute, anche i dati e i problemi che si dovrebbero considerare. Del resto anche il ghigno di soddisfazione risuonato nella stampa della destra, che ora dovrebbe essere di governo, per l’occasione inaspettata di riprendere a buttarsi contro il non amato governo Draghi e più ancora   contro il vituperato Conte, si è dovuto subito azzittire, anche in questo caso certo per richiamo della Premier che conosce e deve ben controllare i rischi di questa perigliosa operazione pur certo premeditata e concertata con il suo fedelissimo Ministro. 

L’operazione  Fitto è in fieri, sembra voler  dispiegarsi nel tempo: ora resta vaga negli argomenti, e più che mirato attacco al PNRR pregresso pare essere nel presente  una sortita rivolta innanzitutto a insediare  con fanfara la  “nuova Governance” del PNRR già deliberata, per coprire  il cattivo rumore del  bullismo con cui si è  annullata    quella voluta da Draghi – per giusta e vera competenza ed effettivo attrezzamento – al Ministero dell’Economia;  facendo intendere  che tale   nuova governance comandata dal piglio e dal protopresidenzialismo di Palazzo Chigi servirà a “semplificare” i sempre buoni da attaccare “vincoli burocratici”; ad  aiutare invece “chi vuole fare “ e a  mostrare a breve che di fronte al nuovo sovranismo italiano non più troppo eurofobico, ma comunque underdog Bruxelles infine arretrerà  e concederà qualche modifica di regola e di contenuto. Del resto bisogna notare che il Ministro, pure Responsabile  Assoluto del PNRR non ha saputo far altro, nelle sue dichiarazioni in Parlamento, quanto alle  iniziative conseguenti all’allarme gridato, che  un piccolo ruggito del topo, verso  “i soggetti attuatori” che, sue parole,  “dovranno assumersi la responsabilità dei progetti che potranno essere realizzati in tempo entro giugno 2026, e dare così una garanzia ufficiale per non scaricare le responsabilità sul Governo” ( sic!!). In più come politico “in linea con gli scenari internazionali” e soprattutto di consumata esperienza nel “governo di contatto” con la società civile degli interessi   organizzati, ha solo ammiccato che il parlar di modifiche potrebbe   significare “l’incremento del sostegno ai progetti delle imprese di Stato per l’autonomia strategica del paese” Insomma,  sin qui dunque ci sono in effetti tutti gli indizi di un’altra avventurosa operazione politico mediatica che solleva un gran Boatos verso Bruxelles  e da una gran botta al PNRR per uno  sgomitamento  e una  presa di possesso di altri pezzi di potere gestionale, del resto in pendant con il Risiko delle  nomine nei grandi Centri di Stato e nelle Società pubbliche in corso.

Ma certo sarebbe grave che tale sortita dopo il fuoco d’artificio prosegua nell’ombra delle stanze ministeriali. Il PNRR è divenuto da tempo (e forse anche troppo) il tema principale dei discorsi sulla politica economica del paese, e gran parte di quelli sulla stessa politica di bilancio, così come per la economia produttiva; per buona parte della politica sociale per la sanità, la scuola, l’Università, la Ricerca e delle presunte politiche attive per il lavoro. Ed è certo il luogo del confronto non solo con le politiche generali dell’UE, ma di competizione con i principali paesi europei, Francia e Germania in testa che nei loro PNRR hanno puntato accortamente innanzitutto allo sviluppo competitivo nella tecnologia e nell’industria. Per questo il PNRR, del resto votato in nome della unità nazionale, è stato fatto   sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica, a sanzione che è il   più importante Atto che impegna le Istituzioni del Paese. Dunque è nei confronti del Paese, e in rispetto di questa dimensione istituzionale, che ora si deve richiedere da parte delle forze politiche all’opposizione e certo anche da parte delle forze sociali, il rispetto di una piena   Trasparenza nella Gestione del Piano da assicurare innanzitutto con un vero chiaro ed informato confronto in Parlamento e nel Paese sui risultati in corso di attuazione e di nuovo sulle connessioni con le politiche generali per il paese  

Si pretenda quindi che gli allarmi e i propositi di Fitto e del Governo  approdino ora  ad una immediata concreta  chiara esposizione delle  eventuali proposte di revisione del PNRR, che dovendo essere  presentate all’ UE entro il 31 agosto prossimo, debbono essere argomentate  esaminate e  discusse subito  in Parlamento, con tutto l’approfondimento necessario, e con la responsabilità del Governo di mostrare anche all’Europa  se sapra’ mantenere o no l’impegno comune  del Parlamento  Italiano  anche  nel dispiegamento  di tali ingenti risorse europee.

Quanto siano necessarie Trasparenza e Chiarezza, rispetto agli allarmi e i propositi di Ministro e Governo,   lo si può già vedere del resto, consultando  la ultima Relazione fatta al Parlamento proprio dal Presidente Draghi sull’attuazione del PNRR sino al 2022 ( in attesa di quella che d’obbligo deve rendere  entro maggio il Ministro Fitto),  e soprattutto poi la Relazione della Corte dei Conti presentata proprio lo scorso marzo, che per la sua ampiezza dovrà essere esaminata ben approfonditamente  ma che già fornisce dati assai utili. Intanto si può dire subito che proprio la Magistratura Contabile da atto esplicitamente del risultato davvero già raggiunto dal lavoro svolto al Ministero dell’Economia, dai tecnici di Draghi, con la messa a punto di un grande e preciso Schema e Sistema di monitoraggio e controllo di tutte le migliaia di azioni e interventi puntuale del PNRR; e pure con un aggiornamento a queste modalità europee della impostazione degli stessi nostri Documenti Nazionali di Programmazione e di Bilancio.  E certo, al confronto, con il lavoro di tale struttura di alta e sperimentata competenza non si capisce proprio perché e come essa debba e possa essere sostituita dalla improvvisata struttura di “14 dirigenti, 50 dipendenti e 20 esperti” deliberata ora per Palazzo Chigi: è evidente che si vuole invece una struttura, essa sì, gerarchico burocratica di comando agli ordini della Presidenza del Consiglio e del Ministro Fitto.

Proprio i numeri di questi documenti dimostrano quanto fumoso e fumogeno  

sia l’allarme Fitto.  Si ricordi che il PNRR è costruito necessariamente (e per fortuna) secondo i precisi dettami della cultura di programmazione e di controllo nell’uso delle risorse erogate, maturata ormai nelle molte edizioni dei piani europei. Dunque, nel Piano assieme all’articolazione nei 3  “Assi Strategici” , ( digitalizzazione/innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale) e nelle 6 “ Missioni” (Digitalizzazione e Innovazione, Transizione Ecologica, Infrastrutture per la Mobilità Sostenibile, Istruzione e Ricerca, Inclusione e Coesione sociale, Salute)   a loro volta  articolate in Azioni e Interventi, si è dovuta inserire la indicazione dei “Milestone“ e “Target“, cioè “ le Procedure e gli  Obbiettivi”  stabiliti e assunti  in tutte le 6 “Missioni” distribuiti e divisi per ciascun anno,  per concretizzare e poter  valutare puntualmente ogni  risultato . Nel PNRR questi M&T sono addirittura più di 1000 (661 Milestone quindi Atti e 477 Target, quindi interventi di investimento e spesa).

La verità del  monitoraggio ad oggi, allora è che in effetti sono stati raggiunti nel ‘21e ‘22 e di slancio anche per tutto il primo semestre ‘23, tutti 151 M&T previsti (  tra essi come si sa le Riforme richieste e fatte come ricordiamo, più o meno bene, dal Governo Draghi per la Giustizia Civile e Penale, per i Concorsi Pubblici, per la Sanità territoriale per  la Pubblica Amministrazione, e così via,  con pure  i tantissimi atti derivati); dà conto poi degli Appalti e Bandi già promulgati: 334  in totale!   Per questo l’Italia oltre alle prime 2 rate ‘21 e ‘22 di 21 Miliardi netti ciascuna riceverà anche la terza rata di 19, di cui Fitto mentre grida ai ritardi si vanta, mentre la si deve al lavoro del Governo e della struttura precedenti.  Occorre ricordare anche che pure gli investimenti sono già tutti ed uno per uno scritti e indicati nel Piano, e corrispondono ai progetti presentati dai Ministeri e  Società Pubbliche, Enti di Ricerca e d’altro, Regioni Province Città Metropolitane e Comuni, Aziende Sanitarie, evidentemente dunque già deliberati in tutte queste sedi e altrettanto evidentemente approvati se non altro in silenzio assenso  dalla Autorità centrale, e quindi comunicati a Bruxelles;  interventi che  coprono già tutti e 191,5 miliardi a fondo perduto e di prestito concessi al PNRR Italiano,  più le risorse nazionali aggiunte. E in realtà anche la prima fase di attivazione, per la “messa a terra” di tali interventi risulta ampia e tutto sommato adeguata, sul piano dell’impegno contabile e finanziario: risultano impegnati infatti con la promulgazione almeno – come si è detto degli Atti, Bandi, Concorsi, Appalti relativi, a partire dai Ministeri, interventi/investimenti per ben 103,5 mld, dunque quasi metà delle risorse a disposizione. Tali risorse, a cascata vanno a finanziare quindi una prima parte dei progetti presentati, e sono state attribuite per ben 62,1 mld come Soggetti Attuatori o Realizzatori, agli Enti Pubblici nazionali economici e no (27, 3 Mld per infrastrutture, 15 per digitalizzazione, 8,3 per istruzione e ricerca, 2,8 per sanità…e in coda 1,6 per politiche per i lavori e l’inclusione). Tra essi in primissima posizione ci sono le grandi Società pubbliche, con Ferrovie dello Stato a far la parte del leone (come già precedentemente nelle attribuzioni) con 25 mld già impegnati; poi ENI con 4, come ENEL, LEONARDO, INVITALIA, POSTE, con 2 e l’insieme degli ENTI di RICECA con 6,8. Seguono le Amministrazioni territoriali (Regioni, Province, Città metropolitane, Asl, Comuni) con un complessivo di 14 mld, impegnati, tra i quali peraltro 11 Mld dei Comuni. Infine in questo totale di impegno di 103,5 mld  vi è la attivazione della parte già  assai cospicua destinata alle imprese, il 18,5%  dei 191,5 totali, gestita dal ribattezzato “Ministero del Made in Italy” che ha  implementato interventi per 16 mld, potendoli  peraltro  gestire facilmente essendo stati destinati già in sede di programmazione del PNR ad alimentare e far crescere le risorse dei bandi relativi ai provvedimenti (già presenti da anni)  e negli anni solo aggiornati nei titoli, da  industria 2.0, a quella 3.0, sino all’attuale 4.0, di contributi a investimenti  per tecnologie innovative e digitali attraverso il credito d’imposta;  che quindi operano “ a pioggia “ come si sapeva dire una volta, e da sempre, si è visto,  hanno certo effetti quantitativi, a metà tra agevole  risparmio di costi e sostegno all’espansione degli investimenti, ma altrettanto certamente di qualità “media”. Accanto a questo ci sono infine e cospicuamente gli interventi diretti, oltre a quelli affidati ad altri soggetti attuatori dei Ministeri della transizione Ecologica, che ha complessivamente a disposizione 25 Mld, delle Infrastrutture e della Transizione digitale, con 9 mld ciascuno.

In conclusione: questo quadro del lavoro svolto, non sostiene affatto, la tirata del Ministro, che del resto in Parlamento si è ben guardato dall’esibire e numeri  e documenti buttandosi solo nella solita “lamentazione”   contro la burocrazia  e citando ad esempio della previsione di  difficoltà di attuazione del Piano, la impossibilità di confermare i grandi obiettivi di realizzazione degli asili nido, così come, già che c’era, del progetto Cinecittà” tanto per prendersela con i Comuni e guarda caso con il Comune di Roma. Aggiungendo, forse ispirato dall’ ora Alto Consulente per le politiche energetiche ex Ministro Cingolani, la “lentezza della progettazione delle stazioni a idrogeno” (che valgono pochi milioni).

Vero è che lo sguardo cade e deve cadere anche sul numero della spesa effettiva sin qui realizzata che certo è ancora aurorale: 11,5 spesi sui 103,

“impegnati”. Ma intanto, è oggettivo che sin qui si è svolta innanzitutto la fase di predisposizione appunto dei dispositivi per la spesa, e nessun argomento è stato messo sul tavolo per mettere già tanto in mora la capacità di realizzazione e spesa futura da sostenere atti formali di revoca autoritativa di progetti già inseriti nel PNRR. 

Poi, nel caso, compito del Governo dovrebbe essere quello come promesso giustamente al momento del varo del PNRR – di diretto controllo dei suoi Ministeri e di sostegno agli altri Soggetti Attuatori per superare le difficoltà, non certo di scaricarsi di responsabilità. In ogni caso, torna il punto: di cosa si vuol parlare? Di quali destinazione di risorse da cambiare? E a chi nel caso si vuole dare altre risorse e chi toglierle? Togliere ai territori per dare ai Ministeri, ai grandi Soggetti pubblici centrali? e ai Fondi per le imprese?  E perché? Con quali argomenti? Con quali procedure? E per far che cosa? Di nuovo dunque: si reclami l’obbligo ineludibile di Trasparenza e Chiarezza e di confronto in Parlamento e nel Paese perché il PNRR non è del Governo ma di tutto il Parlamento e di tutto il Paese.

Infine, e se si vuole, per tale confronto si dovrebbe cominciare a vedere e discutere anche un’altra verità, forse la più profonda e importante. Ora che si è compilata e si compilerà la lista puntuale delle migliaia di progetti e interventi finanziati, si può e si potrà vedere quanto già si poteva al momento della predisposizione del PNRR: che infine, se potrà pur essere, come da molti convinti e ottimisti si è detto, un gran esperimento, di neo  keynesismo nelle politiche europee e un po’ italiane,  quindi di realizzazione in politica economica dell’equazione, più spesa pubblica più investimenti più PIL e infine più occupazione; esso tuttavia non è divenuto, forse per una insufficienza generale di tutti nel confronto sull’impostazione,  il Piano di svolta nelle politiche industriali, di sviluppo sostenibile, di realizzazione di Beni Comuni per una società più inclusiva e all’altezza di saper realizzare ed attraversare i  radicali cambiamenti pur evocati che pure si poteva sperare e cercar di costruire.  

Dunque ancor più oggi, in una discussione sul PNRR  e tanto più su una sua eventuale revisione, l’impegno dell’opposizione politica e delle stesse forze sociali, a cominciare da quelle  del lavoro ma anche dell’imprenditorialità e dei Centri di attività più consapevoli,  dovrebbe   impedire operazioni di piccolo cabotaggio e rigorosissimamente esigere invece che i risultati pur parziali o i reindirizzi possibili siano misurati e concepiti proprio sulla capacità di recuperare per quanto possibile il senso di una vera nuova grande  politica, economica, industriale, sociale che il PNRR già doveva e poteva avere.  

*Presidente di Bologna Fiere Group

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