Il mercato del lavoro italiano appare ancora poco dinamico, poco flessibile e assolutamente molto costoso. Bisogna fornire un sostegno maggiore a tutte quelle attività che producono lavoro, ma anche procedere all’allineamento degli stipendi con la produttività, nonché riprendere in maniera pressante una trattativa con le parti sociali per modificare un impianto che risulta ormai datato e poco efficiente.
Questo secondo quanto viene tratteggiato dall’ultimo rapporto OCSE sulla situazione del Paese, ma ad una condizione molto importante e perentoria: continuare sulla strada delle riforme iniziate nel precedente governo, riforme che devono da un lato cambiare l’assetto del Paese e dall’altro riuscire a coniugare il rigore sui conti con la necessità di andare a cambiare il sistema, un cambiamento che quantomeno nell’immediato non potrà passare attraverso una riduzione significativa delle tasse, visto che il rapporto del debito con il PIL continua ad essere a livelli molto elevati, il 130% e con la prospettiva di toccare il 134% nel 2014.
Alla presentazione del rapporto, avvenuta il 2 maggio a Roma, il Segretario generale dell’OCSE Angel Gurría ha affermato: “In una situazione caratterizzata da recessione e aumento della disoccupazione, è a volte difficile vedere la luce alla fine del tunnel. Sono convinto, però, che se si persiste nell’attuale strategia di riforme si otterrà un miglioramento del tenore di vita e l’economia italiana ne uscirà rafforzata e più dinamica”
La competitività del lavoro in Italia, infatti, è sensibilmente deteriorata dall’inizio della crisi economica del 2009 rispetto ai principali partner europei (figura 1). Se la situazione non è precipitata è stato solo grazie al deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro e ad un sostanziale stallo dei livelli salariali. Prima di entrare nell’unione monetaria, d’altra parte, l’incremento dei salari e dei prezzi al consumo in Italia erano compensati dal costante deprezzamento della lira, ma ora, con l’avvento dell’euro, questa non è più un’opzione percorribile e il nostro Paese ne sta pagando le conseguenze.
Servono importanti riforme per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, tra cui la riduzione del costo del lavoro e l’allineamento degli stipendi alla produttività, ma le regole di determinazione dei salari non possono essere determinate in maniera rigida a livello centrale, per cui occorrono negoziati e compromessi tra le parti sociali.
Figura 1: costo del lavoro per unità di lavoro: confronto tra Paesi (valori %)
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NEWSLETTER NUOVI LAVORI 06/06/13 14:43
Fonte: OECD Economic Outlook Database.
La scarsa competitività, la riduzione dei prestiti bancari, l’impatto immediato dei tagli alla spesa pubblica e degli aumenti impositivi che gravano sulle famiglie e sulle imprese continuano ad indebolire la crescita sul breve termine.
Vengono infatti riviste a ribasso le stime per quanto riguarda la crescita del PIL: nel 2013 la crescita sarà ancora negativa, con un’ulteriore contrazione dell’1,5% nel nostro Paese. Il segno positivo comparirà solo nel 2014 e sarà limitato ad uno 0,4%. Che il 2014 sia quindi l’anno della svolta per abbandonare definitivamente la recessione?
Nonostante questo panorama non proprio gratificante, dall’autunno 2011 ad oggi l’Italia ha comunque conseguito un’importante azione di consolidamento delle finanze pubbliche. A giudicare dagli attuali livelli dei tassi di interesse del debito pubblico italiano, i mercati finanziari hanno apprezzato tale progresso. La reazione relativamente moderata dei mercati di fronte all’incertezza politica dell’ultimo anno è anche indice di un certo grado di fiducia.
L’OCSE appare quindi favorevole agli obiettivi presentati nel recente Programma di Stabilità e alle misure necessarie per raggiungere tali obiettivi, fissati per quest’anno e per il 2014, che dovrebbero portare ad un calo di lungo termine dell’elevato livello di debito pubblico dell’Italia.
L’OCSE raccomanda infine l’adozione di vari provvedimenti al fine di estendere la portata delle riforme. Tra queste raccomandazioni si possono citare quelle volte a:
· rimuovere le restrizioni ancora esistenti che danneggiano la concorrenza nel settore dei servizi professionali e del commercio al dettaglio;
– rendere il mercato del lavoro più dinamico, fornendo un sostegno più attivo alla ricerca di lavoro e alla formazione,
nonché assicurando una più ampia rete di protezione sociale;
· promuovere un maggiore allineamento degli stipendi alla produttività, attraverso negoziati tra le parti sociali.