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Immigrazione.Proviamo a capire, senza demagogia xenofoba

Cerchiamo  di richiamare la situazione dei fenomeni migratori nel nostro paese. Può essere interessante partire dalla presenza straniera in Italia, per status giuridico – amministrativo, analizzando il Grafico N.1.

 

 

Questo è un grafico utile per  capire il trend e vedere come il raddoppio della presenza sia avvenuto negli ultimi 10- 11 anni, passando da 2,5 milioni a più di 5 milioni. Infatti, ad aggiornamento del grafico, nel 2014  i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti erano 5.364.000 (dati Idos), il 52,7% dei quali sono donne. Nel 2015 avrebbero raggiunto i 5,5 milioni, e  con una presenza di circa  300.000 irregolari.

Fino a fine Aprile 2015 i dati sugli arrivi da sbarchi dall’Africa erano esattamente in linea con il 2014, anche se dalle tre seguenti tabelle e nel confronto fra i primi 4 mesi dell’anno 2015 su 2014, già si possono intravedere le nuove tendenze e quanto ci attende (bisognerebbe dire come Europa e non come Italia) per l’anno in corso. Dalla Tabella N. 1 vediamo che su un totale di circa 26.000 sbarcati nei primi 4 mesi dell’anno diminuiscono quelli verso la Sicilia di circa 4.100 (ma aumentano di 6 volte quelli diretti a Lampedusa, Linosa e Lampione), mentre aumentano di 1.060 verso la Puglia, di 1.700 verso la Calabria, di 78 verso la Sardegna, di 866 (da zero) verso la Campania. In totale gli sbarchi sono cresciuti di 577 unità.

TABELLA N. 1

Dalla Tabella N. 2 si vede che, a sostanziale parità degli sbarcati il numero dei natanti sono 208, contro  i 168 del 2014, il che vuol dire imbarcazioni più piccole. La quasi totalità dei natanti (173 su 208) partono dalla Libia, anche se i Libici sbarcati sono poche decine, con un carico di 24.261 persone su un totale di 26.223. 

TABELLA N. 2

 

TABELLA N. 3

 

Dati interessanti si evidenziano dalla Tabella N. 3 per quanto riguarda la nazionalità dichiarata al momento dello sbarco. Circa 1/5 sono Eritrei, meno di 1/6 sono Somali, circa 1/8 Nigeriani, e solamente meno di 1/13 sono Siriani, quasi come i Gambiani e i Senegalesi.  Eritrea, Somalia, Nigeria e Siria sono zone di guerra, di carestie, di persecuzioni politiche e religiose, su cui si è scatenata la violenza dell’Isis. Praticamente non ci sono Libici tra gli sbarcati, pur arrivando tutti o quasi dalla Libia. Tra gli sbarcati molti più della metà arrivano dal Corno d’Africa o dalle zone sub sahariane, e avranno affrontato viaggi verso la Libia di settimane o mesi.

I Siriani dalle prime posizioni nel 2013, ma soprattutto nel 2014 con quasi il 25% del totale degli sbarcati, sono nei primi 4 mesi del 2015 a livello del Gambia e del Senegal con solo quasi 1/13 degli arrivi.

Nel grafico seguente abbiamo la comparazione mensile degli sbarchi negli ultimi tre anni.

 

Nel 2010 in Europa erano arrivati solo 10 mila persone attraverso il Mar Mediterraneo, diventate circa 70 mila nel 2011, durante la Primavera araba. Nel 2012 i rifugiati che scappano sui barconi sono cresciuti a 22 mila, poi aumentati a 60 mila nel 2013 secondo i dati di Frontex. La crisi umanitaria è esplosa nel 2014, con l’acuirsi delle tensioni in Africa e Medio Oriente. Nel 2014 sono arrivati più di 218 mila profughi dal Mar Mediterraneo (di cui 170.000 circa in Italia), più del triplo rispetto all’anno precedente, un numero destinato a crescere quest’anno. Al momento si possono fare solo stime, ma pare possibile che si superino le 500 mila persone in arrivo dalla Libia.

Bisogna però ricordare che – secondo notizie raccolte sulla stampa internazionale tra il 1988 e il 2008, dall’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione Fortress Europe –  almeno 12.012 tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita tentando di raggiungere l’Europa clandestinamente, non potendo viaggiare in modo regolare. La stragrande maggioranza è morta nel mare Mediterraneo sulle rotte per raggiungere l’Italia, Malta, la Spagna, la Francia (parte nell’oceano Atlantico, verso la Francia o nell’oceano Indiano per l’isola francese di Mayotte) le isole Canarie, la Grecia.

In Italia l’immigrazione irregolare è alimentata soprattutto dagli overstayers, tutti quegli stranieri che, entrati nel Paese regolarmente, restano dopo la scadenza del visto o dell’autorizzazione al soggiorno: un fenomeno che riguarderebbe circa il 60% del totale degli immigrati irregolari, mentre un  altro 25% circa arriverebbe illegalmente da altri Paesi Schengen, approfittando dell’assenza di controlli alle frontiere interne. Soltanto il 15%  circa dell’immigrazione irregolare arriverebbe  dalle rotte del Mediterraneo. A sbarcare sulle coste italiane attraversando illegalmente i confini marittimi sono sia migranti economici irregolari, sia richiedenti asilo. Ma la situazione del 2014 e del 2015 rischia di ribaltare completamente queste percentuali datate e superate. Sono le crisi mediorientali e africane ad addensare sulle coste nord africane e soprattutto libiche 500.000 (?), 1.000.000 (?) di persone che premono per raggiungere in primis l’Europa e non l’Italia.

Come si sforza di dire chi contrasta la politica di odio scatenata in Italia, il nostro Paese attrae sempre meno gli stranieri. La cosiddetta invasione dell’Italia  è più un’impressione propagandistica che un dato reale  perché chi sbarca non resta nel nostro Paese (o non vorrebbe restarci), e perché la comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena, (Paese UE), con 58.000 iscrizioni nel 2013. Seguono altre tre comunità che non hanno niente a che vedere con i barconi del Mediterraneo: quella del Marocco (20.000), della Cina (17.000) e dell’Ucraina (13.000). Poi ci sono gli Italiani emigrati (quelli di cui i leghisti e loro alleati preferiscono non parlare) di rientro dall’estero: sono 28.000, 1.000 in meno che nel 2012. Questi dati sono annuali e quindi 136.000 arrivi all’anno riguardano gli italiani di ritorno e gli immigrati di queste 4 comunità che nulla c’entrano con le crisi citate.

Comunque, finora e senza le novità e le ondate che arriveranno nel 2015 (senza che l’Europa si scomponga più di tanto), l’immigrazione non era in crescita, ma in calo, passando dai 527.000 migranti del 2007 ai 307.000 nel 2013, ben il 41,7% in meno. «Nello stesso periodo – dice l’Istat – le emigrazioni sono più che raddoppiate, passando da 51 mila a 126 mila. In confronto al 2012 le iscrizioni dall’estero si riducono del 12,3% mentre le emigrazioni per l’estero aumentano del 18,4%. Il saldo migratorio netto con l’estero, pari a +182 mila, registra il valore più basso dal 2007».

Nel 2013 si è registrata una riduzione dell’immigrazione straniera: meno 42.000 e – 13,2%, rispetto al 2012 e il calo maggiore è tra i rumeni, che sono passati da 82.000 immigrati nel 2012 ai 58.000 del 2013 con un – 29%. Se ne vanno dal nostro Paese anche i cittadini dell’Ecuador (-37%), della Costa d’Avorio (-34%), della Macedonia (-26%) e della Polonia (-24%).

Invece non è stato mai così alto negli ultimi 10 anni il numero di emigrati italiani: «Circa 44 mila emigrazioni, sulle complessive 125 mila registrate nel 2013, riguardano cittadini stranieri. Il numero di cittadini stranieri che lasciano l’Italia è in aumento rispetto all’anno precedente (+14,2%) – si legge nel report Istat – ma ancor più marcato è l’incremento dei nostri connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero. Il numero di emigrati italiani è pari a 82 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, in crescita del 20,7% rispetto al 2012. Tale incremento, insieme alla contrazione degli ingressi ha prodotto nel 2013 un saldo migratorio negativo per gli italiani pari a -54 mila, quasi il 40% in più di quello del 2012 nel quale il saldo risultò pari a -38 mila».

Forse è opportuno ricordare soprattutto ai Governatori della Padania quella che è stata la nostra storia sul versante delle emigrazioni, così tanto per rinfrescare loro la memoria.

Dal 1861 al 1985 sono emigrati complessivamente 29.036.000 italiani. Dal 1911 al 1920 sono stati 3.908.480; dal 1921 al 1930 sono stati 2.570.490; dal 1951 al 1960 sono stati invece 3.939.000; mentre nei 5 anni dal 1981 al 1985 gli emigrati italiani scendono a 310.000 unità.

All’inizio del ‘900 il numero di emigrati raggiungeva le 600.000 persone l’anno, scese a 300.000 l’anno dopo la seconda guerra mondiale. Tra il 1981 e il 1985 gli emigrati scendevano ancora a 60.000 unità circa. Solamente dal Veneto tra il 1866 e il 1925 partirono 3.632.000 persone.

Da notare che i giornali americani, belgi, tedeschi ecc. di quegli anni (e questo lo ricordiamo ai padani di oggi – visto che la maggior parte degli emigranti  erano delle ragioni del Nord Italia – che si scandalizzano per la scabbia nella Stazione centrale di Milano) scrivevano dei migranti italiani ben peggio di quello che scrivono i giornali di oggi degli immigrati extracomunitari.

Ad esempio nei primi anni del Novecento il giornalista newyorkese Jacob Riis scriveva: ” Nella Little Italy di New York, in un solo isolato di caseggiati che totalizzava 132 stanze, vivevano 1.324 italiani, che dormivano in letti accastellati a più di dieci persone per camera […]. Vi sono non meno di 360.000 camere abitate, senza finestre, nella sola New York, occupate in gran parte da italiani […]. Spesso otto, dieci e più persone dormono in una sola camera, alcune di esse affette da tisi o altra malattia contagiosa. In moltissime abitazioni si esercitano mestieri malsani come quello di lavorare gli stracci o di confezionare e accomodare gli abiti. Data la necessità e anche l’abitudine di tener chiuse ermeticamente le finestre durante gran parte dell’anno, è facile immaginare in che atmosfera viziata si viva».

In alcuni Paesi gli italiani immigrati venivano posti in quarantena.

Le emigrazioni italiane riprendono a salire negli ultimi anni, sia per la crisi sia per la cosiddetta “fuga dei cervelli”: si passa infatti da 51.000 unità nel 2007 alle 126.000 unità del 2013.

Ancora alcuni dati rilevanti.

Tra il 2005 e il 2013 la forza lavoro degli stranieri passa da 1.298.700 a 2.832.440 unità (+218%). Questo nonostante il calo di 543.000 persone nella popolazione italiana e perché la forza lavoro straniera aumenta anche nei primi anni più duri della crisi. Si calcola che gli stranieri contribuiscano per l’11% al PIL italiano.

Ma a fronte di un tumultuoso incremento quantitativo (che aumenta il numero dei contribuenti Inps e il relativo monte contributivo – 11 miliardi anno ? – a fronte di un numero di pensionati stranieri marginale) si verificano alcune problematiche sul versante qualitativo. L’inserimento lavorativo è segmentato e frantumato a seconda dei lavori e del territorio; l’inserimento lavorativo degli immigrati è verso le famiglie (colf e badanti) o verso le PMI, quindi più esposto al nero o alla sottoapplicazione contrattuale; il loro lavoro è dequalificato e sottoposto ad ogni tipo di discriminazione (segregazione, sottoinquadramento , svantaggio retributivo ecc.); esiste un cannibalismo tra lavoratori immigrati su salari e condizioni di lavoro.

Un ultimo dato che è un campanello di allarme per il paese. I nati in Italia da genitori stranieri sono stati 80.000 nel 2012 (dato Istat). Secondo il rapporto dell’Istat, “ se ai nati da genitori entrambi stranieri si sommano anche i nati da coppie miste si raggiunge quota 107 mila nati da almeno un genitore straniero nel 2012 (il 20,1% del totale)”.  I nati italiani per  anno sono oggi circa 500.000, visto il basso tasso di natalità (in Francia, con una popolazione comparabile con quella italiana,  i nati sono risaliti a 800.000 anno, grazie alle politiche di sostegno alle famiglie). Questi dati, unitamente ai ricongiungimenti familiari, stanno cambiando il volto della scuola italiana: gli alunni stranieri  erano 196.414 nell’a.s. 2001/2 e sono diventati 802.844 nell’a.s. 2013/4 (il 9% del totale degli alunni). Inoltre stanno  portando in evidenza la necessità di una profonda revisione delle leggi, anche sulla stessa cittadinanza ( jus soli + scolarità?). I nati da genitori stranieri, ma in Italia, e residenti da anni e che parlano oltre l’italiano, anche il dialetto veneto sono stranieri o italiani?

Problemi e interrogativi per la politica nazionale, ma soprattutto Europea. La Grecia è assolutamente importante, ma più importante è capire le tendenze continentali e così saper gestire le migrazioni bibliche che potrebbero intervenire. Bisognerebbe ricordare però anche i milioni di profughi nei campi della Giordania, della Turchia,  del Libano (1,2 milioni ai confini della Siria,       1/4 della popolazione), e in molti altri paesi. Ricordiamo che la Siria ha 2.468.500 emigrati, la Somalia 1.121.700 e che il totale dei rifugiati di competenza dell’Unhcr è di 42.876.400. 

Per la politica europea si aprono due prospettive:

–   si attuano politiche di corporativismo nazionalistico, negando all’Europa un futuro come Stato unito europeo, chiudendosi ogni possibilità di ruolo economico e politico nell’agone mondiale. Come si suol dire: “o contiamo come Europa o come singoli stati neppure la Germania potrà avere un futuro di rilievo”;

–   si risolvono i problemi, come quello delle migrazioni, a livello continentale con soluzioni  impossibili a livello di singoli paesi, ma possibili e anche di utilità se gestiti a livello europeo (come ci ricorda Bauman nella sua testimonianza sotto riportata).

Può essere proprio Zygmunt Bauman , sociologo e filosofo, capace di capire i cambiamenti e le tendenze in atto nel nostro tempo ad illuminarci sul  grande fenomeno dell’immigrazione. In uno dei suoi ultimi interventi qui in Italia ha detto delle cose che possono aiutare la politica europea.

Dice Bauman:”   Noi viviamo in una condizione che definisco di “diasporalizzazione”: i vostri nonni, i genitori dei vostri nonni sono migrati in massa, spesso in America Latina, perché essi non potevano sopravvivere qui. Adesso questo fenomeno continua, ma in altre direzioni: questa è l’unica differenza. La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile.

Secondo autorevoli studi demografici, l’Europa che è vicina ai 400 milioni di abitanti potrebbe nei prossimi cinquant’anni scendere a circa 240 milioni, una popolazione esigua che le impedirebbe di mantenere l’attuale livello di vita e di benessere. Secondo questi studi potrebbero entrare in Europa, nei prossimi 20-30 anni circa 30 milioni di stranieri. Le economie europee hanno bisogno di queste persone. Se in Inghilterra i clandestini venissero identificati ed espulsi, la maggior parte degli ospedali e degli alberghi chiuderebbe”. 

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