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Più occupazione per i laureati, ma meno stabilità

È stata pubblicata la XX edizione del Rapporto AlmaLaurea, uno strumento fondamentale per comprendere quale sia l’andamento dell’inserimento lavorativo dei laureati, analizzando la loro condizione occupazionale. Scopo del Rapporto, in sostanza, è scoprire come dialogano fra loro l’Università e il mondo del lavoro. AlmaLaurea affronta infatti questioni come il tasso di occupazione e disoccupazione dei laureati, la tipologia di lavoro che essi svolgono e la loro retribuzione. Per stilare il Rapporto AlmaLaurea 2018 sono stati coinvolti più di 630.000 laureati di primo e di secondo livello, provenienti da 74 Università italiane, contattati a 1 e a 5 anni dal conseguimento della laurea in modo tale da poter seguire in maniera completa l’andamento della loro condizione occupazionale.

 

Il tasso di disoccupazione e di occupazione dei laureati

dati sulla disoccupazione a 1 anno e a 5 anni dal conseguimento del titolo sono estremamente incoraggianti. Nel primo caso continua in maniera costante dal 2014 il calo del tasso di disoccupazione a un ritmo pari a circa il 3% l’anno. Si è passati infatti dal 20,8% del 2016 al 17,4% del 2017 per i laureati triennali e dal 19,8% al 16,4% per i laureati magistrali: in entrambi i casi si tratta del 3,4% in meno. A 5 anni dal conseguimento della laurea il trend ha lo stesso segno, seppure con numeri meno marcati. Si è passati infatti dal 7,8% al 6,7% per i laureati triennali (-1,1%) e dal 8,9% al 6,9% (-2%) per i laureati magistrali.

Dal momento che il calo avviene in tutti i casi, si può sostenere che ci troviamo di fronte a un andamento generale e non legato in maniera specifica a un titolo o a un altro. Resta tuttavia il fatto che la scelta del titolo universitario da conseguire rappresenta un passo importantissimo per seguire con maggior puntualità l’andamento del mercato del lavoro, e non trovarsi dunque in difficoltà nella ricerca del lavoro (qui le lauree più richieste per trovare lavoro).

Anche per quanto riguarda il tasso di occupazione dei laureati, a 1 anno dalla laurea, la buona notizia è un generale miglioramento rispetto all’anno precedente. Parliamo del 2,9% per i laureati di primo livello e del 3,1% per i laureati magistrali. I dati del 2017 mostrano infatti come questo tasso sia al 71,1% per i primi (68,2% nel 2016) e al 73,9% per i secondi (70,8% nel 2016). La situazione è ancora più rosea per coloro che si trovano al quinto anno dal conseguimento della laurea, con un tasso di occupazione pari all’87,8% per i laureati di primo livello e all’87,3% per i laureati magistrali.

risultati sono quindi migliori rispetto a quelli degli anni immediatamente successivi alla crisi economica ma ancora inferiori di qualche punto percentuale rispetto a quelli del 2007. Un fattore che probabilmente ha contribuito al miglioramento di questi dati è stato l’avvicinamento fra mondo dell’Università e  mercato del lavoro, grazie alla nascita di corsi di laurea che puntano a formare profili richiesti dal mercato del lavoro. Stiamo parlando delle lauree professionalizzanti e sul mondo delle corporate university.

 

Tipologia dell’attività lavorativa e retribuzione

Per comprendere al meglio i dati sulle diverse tipologie di lavoro e di retribuzione evidenziati da AlmaLaurea, è necessario tenere presente le novità e gli interventi normativi che sono avvenuti nel corso degli ultimi anni, come il Jobs Act e i suoi decreti attuativi. Su questo leggi l’approfondimento sui contratti di lavoro. 

Fra tutte le tipologie di contratti prese in considerazione dal Rapporto AlmaLaurea, per quelle di seguito indicate i dati sono sostanzialmente in linea con gli anni precedenti. Tutte presentano infatti una variazione inferiore al 2% sia a 1 anno che a 5 anni dal conseguimento della laurea (lavoro autonomo; contratti formativi; lavoro parasubordinato; altre tipologie di lavoro autonomo; senza contratto). Sono invece 2 le tipologie contrattuali che hanno subito i cambiamenti più evidenti, in particolare: i contratti a tempo indeterminato e i contratti non standard (in particolare si intendono quelli subordinati a tempo determinato)

Per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato, rispetto a 1 anno fa si assiste a un brusco calodel 6,5%per i laureati triennali e del 7% per i laureati magistrali. Nel primo caso si è infatti passati dal 29% del 2016 al 23,5%, mentre nel secondo dal 33,9% al 26,9%. In entrambi i casi si è ritornati a un trend negativo che sembrava invertito nel biennio 2014/2015. In maniera quasi speculare si sono comportati i dati relativi ai contratti non standard, per i quali invece l’aumento è stato del 5,2% per i laureati di primo livello (dal 32,9% al 38,1%) e del 6,9% per i laureati di secondo livello (dal 27,4% al 34,3%).

Discorso analogamente va fatto, anche se con tendenze meno drastiche, per i dati relativi alle condizioni contrattuali a 5 anni dal conseguimento dalla laurea. I contratti a tempo indeterminato per i laureati triennali sono passati infatti dal 60,7% al 56% (-4,7%) mentre dal 56,2% al 54,6% per i laureati magistrali (-1,6%). Sui contratti non standard l’aumento è stato del 3,2% per i laureati di primo livello (dal 14,7% al 17%) e del 2,8% per i laureati di secondo livello (dal 16,6% al 19,4%).

Il tema della tipologia di attività lavorativa non riguarda solo la situazione contrattuale ma anche il lavoro svolto e quanto questo è coerente con il percorso di studi: il 26,9% dei giovani occupati ritiene infatti che il proprio lavoro non lo sia affatto.

Per quanto riguarda invece la retribuzione i dati sono sostanzialmente in linea con quelli dell’anno scorso, anche se in leggero calo (rispettivamente a 1 anno e a 5 anni dalla laurea: 1.107 euro e 1.359 euro per i laureati triennali; 1.153 euro e 1.428 euro per i laureati magistrali). Da questo punto di vista è possibile notare un cambio di trend, seppur molto lieve, rispetto all’andamento degli ultimi 5 anni. 

Chi vuole può confrontare questi dati con quelli relativi al Rapporto AlmaLaurea 2017Per approfondimenti su formazione e lavoro visita il sito Wecanjob.it

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