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Riforma, non riformetta

Ciclicamente ritorna all’onore delle cronache la riforma fiscale. Finora si è risolta con la fantastica invenzione dell’accantonamento di una cifra, sempre più mastodontica, per assicurare la stabilità delle aliquote IVA. Quest’anno sono stati necessari 23 miliardi di euro su 32 disponibili per l’intera manovra della legge di stabilità. Per la prossima ne occorreranno di più. E’ insopportabile e quindi è altamente probabile che qualcosa succederà. E’ auspicabile che sia una cosa seria e non un ennesimo ballon d’essai. 

Non sarà una passeggiata. Gli interessi in campo sono parecchi, consolidati, di difficile conciliazione. E’ in gioco l’idea di società che si vuole consolidare, della sua etica, dell’equilibrio tra il singolo e la comunità, della tutela individuale e del ruolo dello Stato e delle istituzioni locali. Non basta dire che il faro è la Costituzione. Il fisco attuale, con tutte le sue storture, è fondato su leggi, tutte costituzionalmente corrette.

Di certo, se si parte dalla struttura delle aliquote, si parte con il piede sbagliato. Tutto è possibile, ma è sicuro il risultato: briciole, sia per chi deve pagare di più che per chi otterrebbe un risparmio. I margini di manovra sono stretti se non si fanno entrare in campo altre componenti del sistema fiscale: l’IVA, le detrazioni e le deduzioni, la tassa di successione, la riduzione strutturale dell’evasione e dell’elusione, l’eliminazione dei paradisi fiscali a partire dall’Europa, un’amministrazione più veloce e meno vessatoria (c’è un uso distorto delle “cartelle”) di quella attuale. 

Ci vuole un ridisegno complessivo per ripristinare in modo sostanziale il dettato costituzionale. La progressività delle aliquote non basta a definire l’equità reale e condivisa nella distribuzione degli oneri per sostenere la spesa pubblica locale e nazionale. Figurarsi se la soluzione possa essere la flat tax, fermo restando le altre variabili nella definizione del carico fiscale effettivo sugli individui e sulle imprese. E’ una scorciatoia populista dalle gambe corte e deboli, anche ora che è circoscritta ai lavoratori autonomi.

Non si sfugge ad una revisione a largo raggio, se si vuole arrivare ad un assetto ragionevolmente solidaristico. Il tecnicismo non è il pezzo forte dell’impresa. Il contributo dei tecnici sarà prezioso, un attimo dopo che si sarà scelto come agire sui vari fronti del prelievo fiscale. Infatti, il cuore dell’impresa è nella volontà di prosciugare l’acqua di coltura della furbizia, dell’aggiramento, dell’individualismo, dell’immunità concessa alla menzogna.

Per questo la lotta all’evasione è il punto di partenza, l’assetto delle aliquote è l’arrivo. Essa non può essere soltanto repressiva che pure deve funzionare a dovere, rapidamente e severamente. Deve essere molto, molto di più di quanto si sta già facendo con esiti sempre al di sotto degli accertamenti. 

La lotta più efficace è in alto nella scala delle realtà da mettere sotto pressione e riguarda le elusioni delle grandi multinazionali, i trasferimenti all’estero di capitali coperti dall’anonimato, i movimenti internazionali truffaldini di capitali e di merci. Ma anche in basso, credendo molto di più nel conflitto di interesse nelle medie e piccole transazioni.

Bisogna premiare il cittadino che paga a fronte   di uno scontrino fiscale, di una fattura. Non con una lotteria, né solamente se usa strumenti informatici. Sempre, potendo scalare nella sua denuncia dei redditi il contenuto di quello scontrino, di quella fattura. Bisogna mettere mano ad una revisione delle detrazioni; alcune possono essere annullate, altre ridimensionate, altre ancora introdotte. Per quest’ultime, si parta da tre ambiti: manutenzione ordinaria della prima casa, manutenzione ordinaria del principale veicolo posseduto, spese mediche e farmaceutiche per i figli fino alla maggiore età. 

Sono misure strutturali che contribuirebbero a ridurre l’area dell’evasione di media e piccola dimensione ma significativa in termini di risorse recuperate e di effetto simpatia verso altri tipi di consumo. La preoccupazione che, dal punto di vista del fisco, ci sia una caduta d’entrate è tutta da dimostrare. Quello che è certo, è il contrario. Pochi cittadini si sostituiscono alla Guardia di Finanza se viene loro proposto di pagare qualsiasi bene al netto dell’Iva o in nero. Anche il più devoto a Padre Pio non resiste a tanta tentazione. Invece, lo Stato dimostri fiducia verso il contribuente e trasformi la sua correttezza in un vantaggio concreto.

In questo modo anche l’area di maggiore evasione, quella dell’IVA, sarebbe ridimensionata significativamente. Nello stesso tempo sarebbe più sopportabile una rimodulazione delle aliquote IVA. Riuscire a recuperare buona parte di quei 109 miliardi di evasione accertata dal Ministero dell’economia e finanza e ripresa nel suo discorso di augurio per il nuovo anno dal Presidente Mattarella, non attraverso interventi unicamente repressivi, ma strutturali, sarebbe una base seria per procedere nella riforma di tutto il sistema fiscale, lungo la strada della effettiva progressività. Soprattutto sarebbe un salto di qualità della nostra convivenza civile. Ma il sistema dei partiti attuali è disponibile a guardare lontano e non accontentarsi di soluzioni provvisorie e parziali considerate più indolori?   

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