“La pace sia con noi”. Così titolava la prima pagina di Avvenire lo scorso 9 maggio commentando l’elezione di Papa Leone XIV. Il riferimento era alle prime parole pronunciate dal Pontefice, a quel suo delicato esordio con “la pace sia con tutti voi” e a quella sua forte invocazione di una “pace disarmata e disarmante”.
Di un appello del genere, di un richiamo all’umiltà e all’impegno personale, ne avevamo tutti fortemente bisogno: ha rappresentato una prima fotografia, necessaria soprattutto per chi non lo conoscesse, di chi è Robert Francis Prevost, l’agostiniano, il missionario in Perù, il “Papa americano”, come è stato subito etichettato dai tanti che si interrogano tutt’ora su quanto possa il suo ruolo controbilanciare il potere spavaldo, imperialista e razzista esercitato da Donald Trump.
Davanti agli oltre 50 tragici conflitti in corso nel mondo, davanti a sconvolgimenti che stanno ridisegnando la mappa geopolitica conosciuta nel secolo scorso, Papa Leone XIV ci ha anzitutto richiamati alla realtà creando aspettative di continuità con il suo predecessore Papa Francesco specialmente su alcuni temi per noi molto rilevanti, come l’inclusione dei migranti, il primato della diplomazia internazionale, il valore profondo della pace.
Come Federazione agroalimentare e ambientale della Cisl non possiamo negare che la scomparsa di Francesco abbia rappresentato un evento di dolore e disorientamento. Ci mancherà sicuramente la sua voce autentica e irripetibile. Non a caso, è stato il primo a parlare di una terza guerra mondiale “a pezzi”. Il più coraggioso nel tuonare ovunque contro la vergogna della guerra, della violenza e delle dittature, in Ucraina, in Myanmar, in Medio Oriente e in tanti altri luoghi di dolore. Il più determinato nel denunciare, con la sua ecologia integrale, le connessioni tra degrado ambientale e degrado etico, sfruttamento, cultura dello scarto.
Lo abbiamo tutti amato per la sua sensibilità verso le problematiche della sostenibilità, la sua attenzione continua e mai di circostanza al valore del lavoro, alla tutela dei più fragili, alle tante periferie del mondo e della società. Per la sua capacità di dare voce agli oppressi, per le sue esortazioni ai sacerdoti a non essere semplici “intermediari o gestori”, “preti tristi”, ma ad essere sempre “pastori con l’odore delle pecore”. Per la coerenza con cui ha sempre dimostrato vicinanza alle nostre categorie, non mancando mai di denunciare la piaga del caporalato e delle discriminazioni, le fatiche dei braccianti, i sacrifici dei pescatori, di ricordare il valore del lavoro di chi produce il cibo e di chi si occupa ogni giorno della tutela ambientale, delle risorse primarie, della custodia del creato.
Di tutto il suo vocabolario, una parola in particolare deve colpire chi, come noi, si occupa di sindacato e rappresentanza: “balconear”. Un termine del gergo argentino traducibile più o meno come “distacco”. Il distacco di chi non si immischia, non si sporca le mani, guarda appunto la vita “dal balcone”, criticando con compiacimento, senza partecipazione, senza coinvolgimento emotivo. Una filosofia dalla quale Papa Bergoglio ha più volte messo in guardia, specialmente rivolgendosi ai più giovani: “Non bisogna balconeare la vita!”. Quale migliore esortazione per chi, come noi, vuole davvero portare avanti il progetto di un sindacato democratico, partecipativo, radicato nel territorio, nella prossimità? Per un’epoca straordinaria, del resto, doveva esserci un Pontificato eccezionale. E il suo lo è stato veramente.
Sapremo certamente fare tesoro di questa grande eredità. Compensano il dolore per la scomparsa di Papa Francesco due importanti aspetti. Il primo, è il suo stesso messaggio di amore, bellezza, pace, fraternità, impegno civile, che ha saputo trasmettere in tutto il mondo fino al suo ultimo sospiro, e
che resterà per la nostra Federazione un bagaglio culturale inestinguibile. Il secondo, è l’emozionante elezione del nuovo Papa, Leone XIV, cui abbiamo rivolto da subito un simbolico abbraccio di benvenuto e di buon Pontificato.
Sarebbe improponibile dal punto di vista storico e anche ingrato azzardare un paragone tra l’operato di Francesco e la figura del nuovo Papa. Quello che sappiamo però è che da Leone XIV possiamo aspettarci una continuità legata ad alcuni punti basilari. Lasciano sicuramente ben sperare i suoi primi richiami a “costruire ponti con il dialogo e con l’incontro”, la sua vita vissuta di missionario attento ai più vulnerabili e al Sud del mondo. Così come è di buon auspicio la stessa scelta del nome, riferimento al suo più prossimo predecessore con questo appellativo, Leone XIII, padre della Dottrina Sociale della Chiesa con l’enciclica Rerum Novarum. È lecito augurarsi dunque che il nuovo Pontefice sappia trarre profonda ispirazione dal suo predecessore, per rappresentare davvero una luce di speranza per tutto il mondo e una bussola di riferimento per tanti lavoratori e lavoratrici.
Ne abbiamo bisogno. Anche perché, davanti a un mondo che sembra impazzito, sarà forte la tentazione, anche per i corpi intermedi e le istituzioni, di mettere “sacchetti di sabbia vicino alla finestra”, come in un noto brano del passato. Mentre il messaggio di fondo che abbiamo voluto rilanciare con la nostra fase congressuale, appena terminata, dal titolo “Alimenta il futuro: lavoro, partecipazione, sostenibilità”, va in tutt’altra direzione: prende la via dell’uscita dal guscio, dello sporcarsi le mani, rivendicando il ruolo di primo piano del sindacato, il protagonismo dei lavoratori.
Va interpretata in questo modo anche la nuova legge sulla partecipazione: un cambiamento epocale, che da oggi ci impegna a superare definitivamente il modello antagonista novecentesco per intraprendere una nuova stagione di conquiste contrattuali e impegno sociale attuandone concretamente i principi in tutti i luoghi di lavoro. Una sfida perciò anche profondamente culturale, per un protagonismo che sia davvero consapevole, competente, incisivo. E che affronteremo con passione ed entusiasmo, valorizzando la nostra capacità di dare risposte alle persone ma, prima ancora, di affermare un’identità collettiva e di esprimere un vero e proprio modello sociale partecipativo e solidale.
Su questi aspetti, già abbiamo avuto modo di intuire una sensibilità particolare da parte di Papa Leone XIV. Perché, se Leone XIII si trovò a fronteggiare l’epoca della seconda rivoluzione industriale, la prima caratterizzata da una moderna divisione del lavoro e nuove forme di standardizzazione tecnica e sociale, oggi la sfida delle transizioni – tecnologica, demografica, ecologica – ci impegna a governare cambiamenti epocali restituendo centralità alla persona e alle relazioni. Da qui la volontà, del nuovo Pontefice, di ricoprire e valorizzare la Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica alla luce della quarta rivoluzione industriale, caratterizzata appunto dalle connessioni perpetue e dalla pervasività dell’intelligenza artificiale. Un’intelligenza che è compito del sindacato, anzitutto, trasformare in intelligenza sociale e relazionale, valorizzando il diritto al protagonismo della persona sul luogo di lavoro e la contrattazione come strumento di emancipazione e partecipazione nelle sue diverse forme, gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva.
Buon lavoro dunque a tutti noi, che condividiamo con il nuovo Pontefice il valore di queste sfide, guardando al suo operato come a un cammino di speranza e di realizzazione di un vero progresso sociale.
*Segretario generale FAI CISL