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Serve connettività orizzontale

Dal “47mo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2013” emerge un’Italia che, nonostante il periodo di crisi, ha saputo mantenere una certa solidità, con una reazione di “adattamento continuato” dovuta alla necessità  di dover sopravvivere in una situazione non facile, che spesso si traduce nell’obiettivo di “puro galleggiamento”. I valori acquisiti nel passato (l’imprenditorialità artigiana, l’internalizzazione su base mercantile, lo scheletro contadino, ecc.) e la flessibilità nel cambiare gli orientamenti hanno permesso al sistema di non crollare, ma negli ultimi anni la società è diventata sciapa e senza fermento. La seconda metà dell’anno si è caratterizzata da autorevoli previsioni di ripresa, ma è ancora poco.

Il Rapporto analizza tre punti di forza che caratterizzano il Paese: 

  1. le donne e la crescita dell’imprenditoria femminile, in particolare nel commercio, in agricoltura e nei servizi di alloggio e ristorazione (alla fine del secondo trimestre del 2013, sono 1.429.880 le imprese “rosa” iscritte al Registro delle imprese, vale a dire il 23,6% del totale); 
  2. l’emergere di una faticata soggettività degli stranieri sia in termini imprenditoriali, sia in termini di partecipazione sociale (l’imprenditoria straniera rappresenta l’11,7% del totale, particolarmente rilevante nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio, con una crescita complessiva del 16,5% tra il 2009 e il 2012 e del 4,4% nel solo ultimo anno); 
  3. infine i giovani intraprendenti che studiano e/o lavorano all’estero. Molti di loro non sono né cervelli in fuga, né frustrati, ma navigatori di un mercato globale. Circa 1.130.000 famiglie italiane (il 4,4% del totale) hanno avuto nel corso del 2013 uno o più componenti residenti all’estero.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, emerge una sensazione dilagante di incertezza sul futuro. Secondo un’indagine condotta dal Censis a settembre 2013, infatti, un quarto degli occupati è convinto che nei primi mesi del 2014 la propria condizione lavorativa andrà peggiorando; il 14,3% pensa che avrà a breve una riduzione del proprio reddito da lavoro e il 14% di poter perdere l’occupazione.

Se anche nel 2013 è proseguita l’emorragia di posti di lavoro soprattutto tra i giovani, il timore per il lavoro si estende comunque a tutte le fasce generazionali, dai più giovani a quelle più adulte. Sono quasi 6 milioni gli occupati che nell’ultimo anno si sono trovati a fare i conti con una o più situazioni di instabilità e precarietà lavorativa. Un’area di disagio che rappresenta il 25,9% dei lavoratori e che può essere riconducibile alla sottoccupazione, oltre che all’instabilità.

I settori del lavoro tradizionalmente forti hanno subito un pesante ridimensionamento, con un calo degli occupati tra il 2008 e il 2012 del 10,8% nelle costruzioni, 10,2% nella manifattura, 3,8% nella logistica e dell’1,3% nel commercio. Di contro, altri comparti hanno fatto registrare trend positivi: tra questi vi sono le attività professionali di tipo tecnico-scientifico, quelle di programmazione, consulenza informatica e affini. Cresce la domanda di competenze informatiche, linguistiche, ma anche e soprattutto tecniche e tecnologiche, su cui il nostro sistema formativo non sembra garantire adeguate risposte.

Lo scenario non è dei migliori anche sul fronte dell’istruzione: oltre il 10% degli alunni italiani abbandona gli studi al primo anno delle scuole secondarie di II grado. L’insufficiente scolarità è anche confermata dall’incidenza tra i giovani Neet e di persone che hanno al massimo la licenza media, le quali rappresentano il 43,7% del totale.

Il sistema universitario italiano è poco globalizzato e resta per molti versi ancora troppo provinciale. Per questo, attraverso i rettori universitari, il Censis ha stillato una classifica dei fattori più efficaci per accrescere la competitività dei loro atenei. E’ necessario innanzitutto migliorare la qualità dei servizi e delle strutture di supporto alla didattica, quindi sviluppare le collaborazioni internazionali nelle attività di ricerca ed infine sviluppare percorsi di laurea a doppio titolo/titolo aggiunto con atenei stranieri.

In questo scenario non sorprende la crescita dell’esodo degli italiani all’estero. Secondo il Censis, in 10 anni, il numero dei nostri connazionali che si sono trasferiti all’estero è raddoppiato, passando da 50.000 a 106.000 unità. Un dato che registra un aumento del 28,8% tra il 2011 e il 2012. Tra gli italiani che lasciano il belpaese più della metà ha meno di 35 anni.

Il Censis esamina anche due grandi ambiti che consentirebbero l’apertura di nuovi spazi imprenditoriali e nuove occasioni occupazionali: la revisione del welfare e l’economia digitale. Superare l’idea che lo Stato deve pensare a tutto e la nascita di un mondo diverso. Il filo rosso che può fare da nuovo motore dello sviluppo è la connettività fra i soggetti coinvolti in questi processi, dove però la connettività deve lavorare in orizzontale e non in verticale: è una connettività che si fa giorno per giorno, che risiede nella capacità di organizzare insieme e nella crescita complessiva, elementi fondamentali per affrontare i problemi della società italiana nell’immediato futuro.

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