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Servizi privati alla persona da condannare alla marginalità?

La consapevolezza, pur diffusa, del rilievo del settore privato dei servizi alla persona non ha ancora prodotto in Italia interventi sistematici e integrati. Siamo alle prese con la solita frammentazione di livelli di competenze, di misure e di operatori. Quando non difronte, addirittura, a casi di abbandono delle persone disabili e non autosufficienti in strutture residenziali segreganti[i].

Le carenze di visione e di azione della politica pubblica si trasferisce nella necessità comunque, da parte delle famiglie, di trovare risposte. Ciò, pur con articolazioni e modulazioni diverse, è avvenuto con il ricorso al mercato privato, anche nella fase di crisi economica apertasi nel 2008. Insomma, la gran parte del lavoro di aiuto e di cura si scarica ordinariamente sulla famiglia, o come fornitore di finanziamento[ii], o come fornitore diretto di caregivers[iii]. Oppure, si procede in sperimentazioni di welfare collaborativo.[iv]

Un mercato non adeguatamente qualificato, né tutelato. Con processi di formazione differenziati a livello regionale e comunale, con una forte presenza di attività non dichiarata da parte dei vari stakeholder: gli addetti (colf, badanti, assistenti domiciliari e d’infanzia); i datori di lavoro; gli stessi operatori dell’incontro in molti casi non in regola nelle attività di mediazione; una maggioritaria e persistente presenza di persone immigrate, con un recente fenomeno di entrata di assistenti italiane.

 

2.  Eppure è ormai oltre un decennio che perdura la crescita del fabbisogno delle famiglie collegato all’invecchiamento della popolazione, agli andamenti del fenomeno demografico, compresa la denatalità, alla non autosufficienza, alle trasformazioni del nucleo e della dinamica familiare, del lavoro femminile, della riorganizzazione /esternalizzazione dei servizi socioassistenziali e sociosanitari.

 

3.  I dati dell’INPS ci aiutano nella conoscenza del fenomeno, pur a partire dalla non adeguata definizione di Lavoratori Domestici[v], peraltro in massima parte personale femminile[vi].

Negli ultimi tre anni, vi è stata una diminuzione del numero dei lavoratori domestici[vii].

La diminuzione è di 27.386 rispetto al 2015 e di 42.670 rispetto al 2014. Il dato è sottostimato per la nota presenza di lavoro non dichiarato che farebbe salire ad oltre il milione la cifra degli addetti[viii].

La distribuzione per aree geografiche degli addetti vede la prevalenza del Nord Ovest seguito dal Centro. Tale distribuzione non cambia sostanzialmente nel corso dei tre anni considerati[ix].

Negli ultimi tre anni, pur persistendo una maggioranza di lavoratori stranieri, cresce il numero degli Italiani[x]. La crescita delle badanti italiane viene confermata da indagini di altre fonti[xi]. Il numero degli stranieri diminuisce nel corso del triennio nei dati dell’INPS (che rilevano il personale dichiarato). La diminuzione riguarda tutte le provenienze geografiche. Questa diminuzione complessiva dal dichiarato presenta un’ambivalenza: – la non attrattiva del mercato italiano in crisi e il fenomeno di spostamento in altre realtà degli immigrati, con l’impoverimento dei livelli di professionalità comunque maturati; – il riflusso nelle condizioni di lavoro non dichiarato, col patto tra le parti (lavoratore domestico e famiglia) di reciproca convenienza alla spartizione del margine contributivo. (Fino all’evento finale della vertenza di lavoro).

In prevalenza, per gli anni considerati, questo personale proviene dai Paesi dell’Est Europa[xii].

Le informazioni presenti nell’Osservatorio dell’INPS permettono di distinguere i due tipi di rapporto tra Badante e Colf[xiii]. Il numero delle Colf diminuisce nel corso dei tre anni in esame. Il numero delle Badanti si incrementa nel 2015 rispetto al 2014 e, anche se in quantità minime, nel 2016 rispetto al 2015. Emerge l’ipotesi, in concomitanza della crisi, di una caduta del ricorso delle famiglie alle attività di aiuto ed un incremento – e successiva tenuta – del ricorso al lavoro di cura[xiv].

Tra le Classi di orario medio settimanale risulta prevalente quella da 25 a 29 ore[xv]. La quale risulta essere nei tre anni in diminuzione nella sfera di applicazione. Da riflettere quanto queste articolazioni di orario possano corrispondere ad esigenze di assistenza di persone non autosufficienti se non combinate con la presenza di caregiver familiari ovvero situazioni di prestazioni non dichiarate.

La più diffusa tra le Classi di importo della retribuzione annua[xvi] è quella relativa a 1000 – 1999 euro, (in diminuzione nel triennio); in aumento la classe 13.000 e oltre. Le altre classi di importo sono quasi tutte in diminuzione.

Tali distribuzione delle classi d’importo dichiarato conferma un livello retributivo diffuso nel settore dei servizi alla persona limitatamente significativo nell’acquisizione di reddito sufficiente ad affrontare il costo della vita da parte dei lavoratori e lavoratrici domestiche. Si configura piuttosto come risorsa integrativa. Siamo in presenza di un largo fenomeno di lavoro grigio, tra il dichiarato e il non con il trascinamento delle altre condizioni di lavoro[xvii].

4. Conclusioni.

Il settore privato dei servizi di aiuto e di cura rappresenta un bacino occupazionale con alte potenzialità di sviluppo, che abbraccia un ampio spettro di professionalità, anche altamente qualificate. Quindi non residuale. Si pensi ad esempio alle potenzialità dell’assistenza a distanza supportata da sistemi di informazione tecnologica e della robotica nei servizi di cura e di aiuto.  E in più è un’occasione di welfare innovativo da non sottovalutare e da rendere complementare ed interattivo con il welfare pubblico. Certo, abbassando la soglia di accesso alle prestazioni con interventi a sostegno delle famiglie. Oggi tale settore persiste – al di là di alcune esperienze interessanti, ma fortemente localizzate e di cui non viene opportunamente approfondita sostenibilità e potenziale trasferibilità – in un circuito di dequalificazione. Non si tratta solo di carenza di finanziamenti pubblici. Esistono risorse disperse in una miriade di enti finanziatori, pubblici e privati e in misure fuori da una visione di sistema nazionale e di investimento sociale ed economico.  Nel mentre gli studi ormai sostengono le ricadute positive di azioni in questo settore attraverso il ritorno significativo in termini di politiche fiscali e contributive.  

Esperienze positive di altri paesi ci indicano possibilità interessanti. Da non imitare importandone solo spezzoni di interventi fuori da percorsi di programmazione.

Un primo passaggio quindi è quello di un programma pluriennale integrato che inizialmente tenda a priorizzare i servizi di cura alla persona anche selezionando alcuni tra questi. Tale programma dovrà essere presidiato da una governance nazionale integrata tra esponenti del Governo, Regioni, Province autonome ed esponenti dei Comuni.

Un secondo passaggio è quello di individuare ed introdurre agevolazioni in termini di semplificazione dell’accesso e sostegno economico alle famiglie quali i voucher per i servizi alla persona. Al riguardo esistono proposte di legge in Parlamento che vanno in questa direzione.   Nella stessa direzione sono da incentivare le esperienze di welfare contrattuale in modo da fruire di flussi di finanziamento privato.

Un terzo passaggio è la individuazione e la riconversione delle risorse già destinate, più o meno direttamente, alla sfera dei servizi di cura; ad esempio sottrarre il flusso di risorse monetarie dell’indennità di accompagnamento dall’ utilizzo non dichiarato e destinarli a circuiti trasparenti e qualificati, compresi quelli per caregiver familiari, con ricadute sul piano contributivo.

Un quarto passaggio è quello di attivare un’agenzia nazionale per la promozione e il supporto alla gestione dei servizi alla persona in grado di coinvolgere i sistemi regionali e dei comuni, la rete privata delle agenzie del lavoro, in particolar modo del non profit, il sistema della formazione, il sistema delle relazioni industriali e contrattuali, il sistema di imprese e di associazioni dei servizi privati di cura.



[i] E’ il caso denunciato dal Dossier Fish: l’Italia abbandona 273mila disabili in strutture non accoglienti, di Daniele Piccinin, in Vita, 28 giugno 2017.

[ii] Vedi S.Pasquinelli, Se le badanti sostituiscono le RSA, in Welforum, 9 aprile 2017.

[iii] Relativamente ai caregiver familiari sono in corso varie indagini e iniziative di valorizzazione che sono confluiti in proposte di leggi nazionali, leggi regionali. A riguardo vedi M. Conclave, IL CAREGIVER FAMILIARE MERITA DI USCIRE DALLA CLANDESTINITA’, in Newsletter Nuovi Lavori, n.171 del 5/4/2016.

 

[iv] Vedi Il Welfare collaborativo, Ricerche e pratiche di aiuto condiviso, a cura di Sergio Pasquinelli.

[v] La definizione INPS di Lavoratore Domestico: coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter, governanti, camerieri, cuochi ecc. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente assistenziale. L’unità statistica di rilevazione è rappresentata dal lavoratore domestico che ha ricevuto almeno un versamento contributivo nel corso dell’anno o del trimestre, se riferito a dati trimestrali.

[vi]  Tabella 1. Distribuzione per sesso

 

2014

2015

2016

       

Femmine

788.989

783.720

763.880

Maschi

120.428

110.393

102.867

Totale

909.417

894.113

866.747

 

[vii] Numero Lavoratori Domestici

2014

2015

2016

909.417

894.113

866.747

Vedi Osservatorio dati statistici https://www.inps.it/webidentity/banchedatistatistiche/domestici/index01.jsp?.

Registriamo una diversità di dati relativi al 2015 tra questi e quanto riportato nel report INPS. Statistiche in breve  

 

[viii] Vedi a riguardo le stime della Fondazione Leone Moressa e di S.Pasquinelli, in Qualificare. Luglio 2016.

[ix] La distribuzione per aree geografiche è illustrata dalla seguente figura. 

                                    

 

[x] Per Nazionalità: la nazione o paese di nascita del lavoratore domestico.

Tabella 2. Nazionalità.

 

2014

2015

2016

 

N. lavoratori

N. lavoratori

N. lavoratori

Italiani

204.780

214.245

216.389

Stranieri

704.637

679.868

650.358

Totale

909.417

894.113

866.747

         

 

 

[xi] Vedi Anziani, boom di badanti italiane in Toscana. In Redattore sociale, 15 maggio 2017

[xii]  La provenienza ovvero la zona geografica dov’è situato il paese di nascita del lavoratore domestico e si articola in Italia, Europa Ovest, Europa Est, America Nord, America Centrale, America Sud, Asia Medio Orientale, Asia-Filippine,

Asia Orientale, Africa Nord, Africa Centro-Sud, Oceania e Senza Indicazione.

 

Tabella 3. Aree di provenienza

 

 

 

 

 

 

N. lavoratori

N. lavoratori

N. lavoratori

Italia

204.780

214.245

216.389

 

Europa Ovest

3.108

3.137

2.999

 

Europa Est

418.421

408.158

391.800

 

America Nord

170

155

135

 

America Centrale

13.138

13.044

12.858

 

America Sud

66.313

63.069

60.167

 

Asia Medio Orientale

12.318

12.064

11.742

 

Asia: Filippine

72.908

72.131

70.375

 

Asia Orientale

58.523

52.629

48.782

 

Africa Nord

38.164

35.535

33.045

 

Africa Centro-Sud

21.394

19.754

18.298

 

Oceania

161

172

145

 

Senza ind.

19

20

12

 

 

 

 

 

 

           

 

[xiii] Tabella 4. Tipo di rapporto di lavoro.

 

2014

2015

2016

       

Badante

369.350

379.326

379.046

Colf

539.862

514.304

487.272

Senza indic.

205

483

429

Totale

909.417

894.113

866.747

 

 

 

 

 

 

[xiv] Il fenomeno della non diminuzione delle badanti è stato evidenziato anche da Pasquinelli, citato.

 

[xv] Per quanto riguarda le Classi dell’orario medio settimanale (calcolato rapportando il numero totale di ore lavorate nell’anno al numero totale di settimane in cui ha lavorato il lavoratore domestico), vedi tabella e grafico seguenti.

 

Tabella 5.  Classi dell’orario medio settimanale.

 

 

 

2014

2015

2016

 

 

     

Fino a 4

 

41.148

41.796

41.837

da 5 a 9

 

87.372

87.828

86.111

da 10 a 14

 

67.665

67.511

65.548

da 15 a 19

 

52.753

54.674

54.197

da 20 a 24

 

65.457

61.636

57.222

da 25 a 29

 

334.537

312.984

286.391

da 30 a 34

 

91.396

89.700

86.895

da 35 a 39

 

38.218

38.186

36.774

da 40 a 44

 

64.318

66.660

67.223

da 45 a 49

 

9.600

9.298

12.183

da 50 a 59

 

55.233

62.173

70.517

60 e oltre

 

1.720

1.667

1.849

 

 

 

[xvi] Classi di importo della retribuzione media annuale: la somma delle retribuzioni effettive percepite nell’anno dal lavoratore domestico.

 

Tabella 6. Classi di importo della retribuzione media annuale.

 

2014

2015

2016

 

N. lavoratori

N. lavoratori

N. lavoratori

Fino a 999,99

71.516

71.517

64.684

da 1000,00 a 1999,99

94.417

91.855

85.961

da 2000,00 a 2999,99

80.945

79.403

76.791

da 3000,00 a 3999,99

68.812

67.962

64.864

da 4000,00 a 4999,99

61.619

61.242

59.219

da 5000,00 a 5999,99

63.059

61.688

57.970

da 6000,00 a 6999,99

66.685

64.223

61.084

da 7000,00 a 7999,99

83.924

79.532

70.863

da 8000,00 a 8999,99

65.753

63.327

63.772

da 9000,00 a 9999,99

64.487

63.555

59.073

da 10000,00 a 10999,99

46.025

45.710

47.078

da 11000,00 a 11999,99

41.402

39.251

38.880

da 12000,00 a 12999,99

33.968

34.970

35.314

13000,00 e oltre

66.805

69.878

81.194

 

 

 

 

 

 

 

[xvii] Per quanto riguarda le condizioni retributive delle badanti vedi S.Picchi, Viaggio nel lavoro di cura in Ingenere del 13 gennaio 2017. Vengono indicati come casi di retribuzione oraria 4 euro e di reddito medio mensile di 800 euro.

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