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Servizi pubblici: il Belgio sancisce il diritto al “non digitale”

Nel bel mezzo della transizione digitale, il Belgio sancisce il diritto ad accedere ai servizi pubblici anche “alla vecchia maniera”, per tutelare chi è più fragile e ha meno competenze. A farlo è stata una sentenza della Corte costituzionale belga a fine settembre, in seguito all’iniziativa legale di un cartello di organizzazioni della società civile contro un provvedimento della Regione di Bruxelles. 
La pronuncia della Corte ha chiarito che l’accesso digitale ai servizi pubblici deve essere sempre accompagnato anche da altre modalità, come gli sportelli fisici, l’accesso telefonico o quello via posta. È il diritto al “non digitale” e le istituzioni pubbliche devono garantirlo per tutelare i cittadini e le cittadine che fanno più fatica con smartphone e computer. 
Questa sentenza “riafferma il diritto dei cittadini, qualunque siano le loro difficoltà, ad un accesso eguale alle amministrazioni”, ha dichiarato Patrick Charlier, direttore di Unia, l’istituzione pubblica interfederale indipendente belga contro la discriminazione. La vicenda, cominciata ormai quasi due anni fa, dice molto delle opportunità e dei rischi legati alla transizione digitale. 
Una Bruxelles più digitale, ed escludente?
Nel gennaio 2024, sull’onda della digitalizzazione seguita alla pandemia, l’amministrazione pubblica della Regione di Bruxelles approva il pacchetto “Bruxelles digitale”. L’idea, spiega il sito dell’istituzione, è quella di “risponde al desiderio degli utenti di poter svolgere le proprie pratiche amministrative online, 24 ore su 24”.
Si tratta di un’iniziativa complessivamente positiva, che spinge a migliorare i servizi ai cittadini, ma fin da subito alcune organizzazioni della società civile intravedono anche dei rischi. Del resto, come avevamo raccontato anche su Percorsi di Secondo Welfare, già negli anni del Covid-19, in Belgio, si era capito che un ricorso al digitale non attentamente pianificato, avrebbe penalizzato le fasce più deboli della popolazione, come anziani o stranieri. 
I timori maggiori sono legati a un articolo dell’ordinanza “Bruxelles digitale” che stabilisce sì delle garanzie minime per accedere ai servizi pubblici (sportelli fisici, telefono e posta), ma anche delle possibili deroghe, che associazioni e sindacati ritengono troppo ampie. E, così, dopo aver tentato di far modificare la norma prima della sua approvazione, la società civile brusellese decide di passare alle via legali. 
Il ricorso delle associazioni della società civile
Ad agosto 2024, ventiquattro organizzazioni della società civile della capitale belga si uniscono per presentare un ricorso contro “Bruxelles digitale” dinanzi alla Corte costituzionale.
“Si tratta di una rivendicazione fondamentale per la popolazione, considerando che il 36% dei brussellesi si trova in una situazione di vulnerabilità digitale”, ha scritto sul suo sito la Ligue des Droits Humains, una delle organizzazioni non profit coinvolte. 
Al centro del ricorso vi sono, in particolare, quelle formulazioni dell’ordinanza che rischiano di non garantire la presenza di sportelli, servizi telefonici e corrispondenza postale nelle amministrazioni, compromettendo così l’accesso ai diritti delle persone vulnerabili di fronte all’accesso unicamente digitale.
Secondo i promotori, la norma sarebbe incostituzionale perché finirebbe per discriminare i cittadini che hanno difficoltà col digitale, privandoli dell’accesso a servizi essenziali che permettono di esercitare diritti economici, sociali e culturali. 
La sentenza della Corte costituzionale belga
La Corte costituzionale si è espressa lo scorso 25 settembre e, pur non accogliendo il ricorso in toto, ha imposto “un’interpretazione rigorosa” dell’ordinanza “Bruxelles digitale”. Lo scrive Le Soir, uno dei principali quotidiani del Belgio, precisando che ora “le amministrazioni dovranno garantire, oltre ai servizi online, anche l’accesso a uno sportello fisico, a una linea telefonica e alla via postale”. 
“La sentenza – conclude il giornale – consacra così il diritto al non digitale per le persone più vulnerabili”. 
“Con questa sentenza, la Corte Costituzionale fa un passo ulteriore nella garanzia degli sportelli fisici”, ha commentato in un comunicato la Ligue des Droits Humains. “Forte di questa decisione, la società civile intende mantenere alta la vigilanza contro la digitalizzazione sfrenata della società e continuare a battersi per una regione brussellese più inclusiva e più umana”, ha aggiunto l’organizzazione. 
Una lezione che va oltre il Belgio?
La Ligue des Droits Humains ricorda anche che, tra gennaio 2024 e lo scorso settembre, nella regione di Bruxelles si sono potute osservare le conseguenze dell’attuazione di “Bruxelles digitale”. In particolare, l’organizzazione cita il caso delle iscrizioni scolastiche, diventate più difficili per le famiglie con minori competenze digitali, che spesso sono quelle in condizioni socio-economiche più difficili.
Il rischio, come abbiamo indicato più volte anche su Percorsi di Secondo Welfare, è che il digitale finisca per moltiplicare le disuguaglianze.  
Vista da questa prospettiva, quindi, la sentenza su “Bruxelles digitale” non è una vittoria di retroguardia per tenere aperto qualche vecchio sportello pubblico, ma un motivo di riflessione che può andare ben oltre i confini del piccolo Belgio. Sancire il diritto al “non digitale” non vuol dire fermare la transizione digitale, ma ricordare la necessità di metterla in atto nel modo più inclusivo possibile. 
*da Nessi, n. 1, 2025 rivista in Percorsi del Secondo Welfare

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