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Le misure di contrasto alla povertà, subito il decreto attuativo

Con l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali si è concluso l’iter parlamentare del provvedimento collegato alla manovra finanziaria 2016.  Il Governo[i] è così delegato ad adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi su tre aree tematiche: –  introduzione di una misura di contrasto della povertà assoluta, denominata “reddito di inclusione” (o REI); –  riordino delle prestazioni di natura assistenziale; – rafforzamento degli interventi dei servizi sociali garantendo in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni.   Poi proseguirà la prassi dei pareri delle Camere entro trenta giorni e la pubblicazione in Gazzetta. Illustriamo i contenuti della norma[ii]; molte informazioni riportano stime quantitative su beneficiari ed ammontare della misura non del tutto giustificate dal testo.

 2. Fissati, per ognuna delle tre aree tematiche, principi e criteri direttivi a cui la delega deve attenersi.

Sulla prima: a) la misura dovrà essere unica a livello nazionale e a carattere universale, condizionata alla prova dei mezzi sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e  all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa; b) la misura è composta da un beneficio economico erogato dall’INPS e da servizi alla persona, assicurati dalla rete dei servizi sociali mediante il progetto personalizzato; c) beneficiari della misura possono essere anche gli stranieri con un requisito di durata minima del periodo di residenza nel territorio nazionale; nella definizione del beneficio si tiene conto della condizione economica del nucleo familiare; d)  il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale potrà prevedere un graduale incremento del beneficio e di una graduale estensione dei beneficiari da individuare prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione; e) nei progetti personalizzati e nel potenziamento e  qualificazione della presa in carico dei beneficiari si potranno utilizzare le risorse dei programmi operativi nazionali e regionali; f) ai progetti personalizzati  dovrà provvedere una équipe multidisciplinare costituita dagli ambiti territoriali, in collaborazione con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione; g) i controlli sono effettuati dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), che può avvalersi anche dei collegamenti con l’anagrafe tributaria e con gli strumenti e sistemi informativi; h) il beneficio è collegato al progetto personalizzato, e potrà essere rinnovato, previa verifica del persistere dei requisiti[iii].

Sulla seconda area  tematica  i princìpi e criteri direttivi sono: a) riordino delle prestazioni prevedendo il assorbimento della carta acquisti nel momento in cui il REI copra le fasce di popolazione attualmente interessate; b) applicazione dei requisiti previsti anche alle prestazioni richieste dopo l’ entrata in vigore dei decreti legislativi; c) destinazione delle eventuali economie derivanti dal riordino all’incremento del finanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale; d) previsione che le risorse  non impegnate nell’esercizio di competenza, possano esserlo in quello successivo, con priorità rispetto a quelle impegnabili nel medesimo esercizio successivo.

 Sulla terza area tematica, il rafforzamento dei servizi,  i princìpi e criteri direttivi sono: a) la previsione di un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali  presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle autonomie locali e dell’INPS; b) la consultazione periodica delle parti sociali e degli organismi rappresentativi del Terzo settore; c) l’attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in materia di verifica e di controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni; d) la possibilità  dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali di attivare protocolli formativi e operativi  destinati agli operatori dei servizi anche intervenendo con misure di tutoraggio in caso di evidenze emerse in sede di monitoraggio; e) razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa; f) meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse nei confronti degli ambiti territoriali che abbiano adottato o adottino forme di gestione associata dei servizi sociali che ne rafforzino l’efficacia e l’efficienza; g) riordino della disciplina delle forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali assicurando comunque risparmi di spesa; h) accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute, nonché attivazione delle risorse della comunità e, in particolare, delle organizzazioni del Terzo settore e del privato sociale; i) rafforzamento del sistema informativo dei servizi sociali e sua integrazione con i sistemi informativi sanitari e del lavoro nonché con i sistemi informativi di gestione delle prestazioni già nella disponibilità dei comuni.

3. Osservazioni.

Un passo avanti in termini di definizione normativa è stato fatto. Ma l’operatività di molte soluzioni sono rimandate all’esercizio della delega governativa. Rimane aperta l’opzione tra più deleghe, ma va sostenuta, vista la forte interazione tra le diverse finalità, la scelta di procedere ad un unico decreto legislativo.

Da condividere è la scelta effettuata di una misura strutturale, unica a livello nazionale, vincolata alle condizionalità (progetto personalizzato di attivazione, soglia ISEE, valutazione multidimensionale) e al monitoraggio.

Rimane debole il raccordo con il Piano triennale verso un sostanziale reddito di inclusione universalistico. La scelta “realistica” delle priorità nei beneficiari (i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione), non è contestuale alla fissazione di obiettivi graduali e certi nel contrasto alla povertà estrema e le connesse coperture. Il confronto tra fabbisogno reale (secondo l’ISTAT nel 2015 le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta sono pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila) e la copertura iniziale dei possibili beneficiari è squilibrato: le stime del Ministero del lavoro, giudicate da più parti ottimistiche, sarebbero di 400mila nuclei familiari per circa 1,8 milioni di persone; altre ipotizzerebbero di raggiungere con il beneficio circa 250-300mila famiglie, fino a 1,5 milioni di persone. Seppure è vero che l’ammontare delle risorse messe a disposizione è notevolmente incrementato rispetto agli anni precedenti, è da sottolinearne l’insufficienza (l’ammontare è pari a 1,030 mld di euro per il 2017 e a 1,054 mld a decorrere dal 2018, a cui aggiungere residui non spesi di SIA). Così è da sottolineare   la ristrettezza o la aleatorietà dell’indicazione delle possibili voci da far affluire al fondo nazionale (le risorse derivanti dalla razionalizzazione e la revisione dei trattamenti assistenziali subordinati alla prova dei mezzi). Tutto si gioca nell’ambito delle risorse destinate alle politiche sociali. Che peraltro hanno subito un taglio notevole negli aggiustamenti di bilancio recenti.

Comunque rispetto allo stesso obiettivo di beneficiari da raggiungere con gli attuali stanziamenti, alla prima variabile dell’entità del finanziamento disponibile c’è da aggiungere la qualificazione ed efficienza dei servizi territoriali nella fase di accettazione e verifica delle domande e nella successiva gestione dei progetti personalizzati.  Dall’esperienza del Sostegno all’Inclusione Attiva stanno emergendo in maniera significativa la consistenza dei residui di bilancio, la fragilità della rete dei servizi e le differenze territoriali. Di ciò vi è consapevolezza nel disegno normativo ma tutto è rinviato a futuri programmi di compensazione.

Nella scelta del coordinamento nazionale è stata superata l’esclusione delle parti sociali e del Terzo settore, assenti nella prima stesura del Governo. Rimane carente il rapporto soprattutto con il MIUR che finanzia progetti contro l’abbandono scolastico, e altre devianze giovanili. Tematiche queste che rientrano nelle finalità di contrasto alla povertà educativa e degli stessi progetti personalizzati di inclusione.

 Positiva è la prefigurata apertura all’utilizzo delle risorse umane e professionali del ministero e delle agenzie strumentali.

Quindi, quadro normativo in fieri e non ancora concluso. Procedere subito alla decretazione legislativa, secondo passo normativo, per verificare l’operatività e il livello di efficacia della strategia di contrasto alla povertà.



[i] Ministro del Lavoro con concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e sentito il Ministro della salute e previa intesa in sede di Conferenza unificata.

[ii] Poco si discosta dallo schema presentato originariamente dal Governo il 28 gennaio 2016. Vedi M. Conclave, Newsletter Nuovi Lavori.

[iii] Il Ministero del lavoro ha emanato linee guida riferite al SIA e valide  per le misure di contrasto alla povertà.

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