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Millennians con il “freno a mano”

Il Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, realizzato con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo, è stato presentato il 27 aprile a Milano presso l’Università Cattolica. Il report, giunto alla sua quarta edizione, si è basato su un campione di oltre 9mila giovani tra i 18 e i 32 anni, mentre l’intera indagine è stata raccolta nel volume “La condizione giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2017”, edito da Il Mulino.

L’analisi proposta suscita interesse poiché ritrae una fotografia del mondo giovanile italiano come una generazione in equilibrio precario, tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali che minano la messa in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso sottoutilizzato. Sotto la lente d’ingrandimento del dossier sono finiti proprio gli snodi principali di transizione alla vita adulta: la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola.

Il tema del lavoro risulta sempre più oggetto di preoccupazione da parte del mondo giovanile italiano, dal quale emerge forte l’inquietudine nei confronti di una condizione di difficoltà che non fa intravedere sbocchi lavorativi e che risulta accentuata da una crisi economica che ha colpito molti paesi e tutte le fasce d’età. Ma le nuove generazioni sono anche il “nuovo che produce nuovo”. Non vengono per essere uguali alle generazioni dei genitori e dei nonni. Sono quindi il modo attraverso cui una società costruisce e innova il proprio futuro, cercando di compiere con successo il percorso di transizione alla vita adulta nonostante il rischio di impoverimento materiale, frustrazione psicologica e disagio sociale. Tutto questo in un contesto sempre più legato alla coscienza della necessità di un investimento personale nell’istruzione e nella formazione, grazie alla quale si preparano alla vita oltre che al mondo del lavoro.

Proprio il mondo della scuola appare infatti tra i principali interessi dei giovani, dal momento che oltre tre quarti del campione concorda nel sostenere che la preparazione scolastica serve in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%), promuovendo la capacità di ragionamento (75,9%) e di stare con gli altri (75,3%). Sei intervistati su dieci sono convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita (60,5%).

Una crescente attenzione viene inoltre assegnata alle “soft (o life) skills”: le cosiddette competenze traversali, in grado non solo di aumentare l’occupabilità, ma soprattutto di trasformare il sapere tecnico in partecipazione di successo ai processi innovativi. I dati del Rapporto giovani mostrano come la consapevolezza di aver maturato tali competenze sia sensibilmente maggiore tra i laureati (63%) rispetto a chi ha avuto percorsi di formazione più breve: diplomati 55%, licenza media 50%, qualifica professionale 47%.

Rispetto a ciò che attiene l’autonomia dai genitori e la formazione di una propria famiglia, l’analisi mostra come per oltre il 70% dei giovani intervistati la situazione economica generale sia un elemento che pesa in misura determinante sulla scelta di andare via di casa. E non parliamo solo dei disoccupati, ma anche di quelli che un lavoro comunque l’hanno trovato, anche se la categoria più penalizzata rimane quella dei Neet (Not in Education Employment or Training), ovvero coloro non hanno un impiego, non lo cercano e non frequentano neppure una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale, ai quali viene dedicata un’attenzione particolare.

Il risultato è che il 92,2% dei giovani italiani dichiara di non essere riuscito a realizzare i propri desideri formulati l’anno passato di uscire dalla famiglia di origine. Rispetto al resto d’Europa, è molto più ampio il divario tra ciò che i giovani italiani vorrebbero fare e ciò che invece riescono effettivamente a fare, il che chiaramente pesa sull’autostima e genera maggiori frustrazioni a livello di ambizioni personali.

Quello che emerge è il ritratto di una generazione che non vorrebbe chiudersi, ma al contrario aprirsi al futuro e al mondo, con un’Europa politicamente più forte verso l’esterno e socialmente più solida all’interno. Ma anche consapevole delle difficoltà, disillusa nei confronti delle istituzioni, timorosa (soprattutto nelle sue componenti culturalmente e socialmente più fragili) di trovarsi abbandonata di fronte ai rischi di aperture e cambiamenti, senza poter davvero accedere a nuove opportunità. Basti pensare che il 70,8% dei giovani italiani lavorerebbe all’estero, con una percentuale più elevata rispetto ai coetanei delle altre nazioni

Nel complesso, il rapporto conclude che le inefficienze del mercato del lavoro stanno frenano il pieno e qualificato contributo delle nuove generazioni ai processi di crescita del paese, ma tengono pure in stallo da troppo tempo persone oramai trentenni che per motivi anagrafici non possono più essere considerate giovani, ma nemmeno adulte perché ancora lontani dalla conquista di una piena autonomia dai propri genitori e di formazione di una propria famiglia.

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