Due dicembre 1977, quasi trecentomila metalmeccanici della mitica Flm sfilano per le strade di una Roma raggelata, chiedendo una svolta nella politica economica del governo monocolore democristiano, guidato da Andreotti e sostenuto anche dalla non sfiducia del Pci di Enrico Berlinguer. Ieri, due dicembre 2017, Roma è stata di nuovo attraversata da un corteo sindacale per quanto più esile e meno combattivo: quello della Cgil impegnata nella sua solitaria “vertenza pensioni” contro il governo Gentiloni, la cui maggioranza è formata dal Pd, partito erede anche del Partito comunista. Quella di ieri è stata sì la piazza rossa, per via del colore delle bandiere, dei cappellini, delle felpe, dei palloncini, degli ombrelli, degli impermeabili e dei caschi, ma pure la piazza delle coincidenze, anch’esse rosse. E di una costante: il ruolo e il peso che il sindacato italiano ha sempre avuto nelle dinamiche della politica. Quarant’anni fa, “una forza operaia immensa”, come titolò l’Unità, avviò il declino della strategia della solidarietà nazionale; ieri la Cgil dei pensionati e del lavoro frantumato non solo dalla globalizzazione, ha fatto da starter alla formazione della nuova Cosa Rossa che nascerà oggi con Pietro Grasso leader. Coincidenze.
La Cgil non si farà assorbire dal movimento nascente, non sarà il sindacato ancillare di una forza politica destinata ad essere minoranza. Non lo era neanche del Pci e nessuno può realisticamente pensare che lo faccia nel nuovo secolo. Eppure Susanna Camusso, segretaria della Cgil, oggi ci sarà alla convention della Cosa Rossa, non solo perché invitata (<<andiamo dovunque ci invitano>>, ha detto ieri ) ma anche perché è in questa nuova sinistra (con Mdp, Sinistra italiana e Possibile) che si ritrova un comune sentire. Perché quello che nasce ha l’ambizione di essere un (nuovo?) partito del lavoro. Ed è quel che cerca da anni la Cgi dai tempi di Sergio Cofferati, capo osannato dai due milioni “rossi” del Circo Massimo del 2002.
Dunque è il lavoro che ritorna a definire le identità a sinistra, non solo per contrapporsi alle destre. Non a caso nella piazza politica di ieri non c’era il Partito democratico, schierato con la Cisl e la Uil. Quasi un’assenza inedita per gli eredi del partito di Berlinguer. Ma d’altra parte il Jobs Act è stata la riforma più incisiva e caratterizzante del governo di Matteo Renzi; contro il Jobs Act sta nascendo la Cosa Rossa e per cancellare il Jobs Act la Cgil ha presentato il suo piano per il lavoro e la sua Carta che riscrive i diritti del lavoro. Il lavoro è lo spartiacque tra le sinistre. <<L’articolo 18 – ha sostenuto Camusso dal palco di piazza del Popolo – non è un totem ideologico, come dice l’ex premier, ma è una necessità concreta per superare le divisioni nei luoghi di lavoro>>. Qui si salda la strategia della Cgil con quella della nascente Cosa Rossa. In un contesto nei (nuovi) luoghi di lavoro che sta aprendo squarci imprevedibili: prima lo sciopero dei lavoratori della logistica di Amazon, poi lo scandalo del licenziamento della mamma turnista di Ikea. Come se improvvisamente all’idea del posto di lavoro a qualunque prezzo, senza diritti, senza tutele e mal pagato, si contrapponesse di nuovo pubblicamente l’idea del lavoro dignitoso e delle condizioni di lavoro rispettose dei diritti. Piccoli e timidi segnali di cambiamento dopo che qualcosa si è inceppato nella Repubblica “fondata sul lavoro”. Come dimostra ancora la paura dei lavoratori a denunciare in pubblico con il proprio nome e il proprio volto, le regole cui sono sottoposti: dai ritmi insostenibili ai turni dettati dagli algoritmi. Da tempo, però, uno sciopero non godeva (come è accaduto invece a quello dei dipendenti Amazon) del consenso dell’opinione pubblica. Lo sciopero come risposta al sopruso e non come stanco rituale sindacale spesso a danno (nel settore dei trasporti, per esempio) dei cittadini. <<Il vento sta cambiando>>, ha detto Camusso. <<E il vento che sta cambiando ci dice – ha aggiunto – che nonostante quelli che pronosticavano la fine del sindacato, il sindacato continua ad essere nei luoghi di lavoro. E di sindacato c’è bisogno>>. Probabilmente vale anche per le sinistre.
(*) da la Repubblica 3 dicembre 2017