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Nuovo tassello contro la corruzione nel pubblico e nel privato

Nella complessa azione di prevenzione, opportunamente adottata per contrastare l’attività corruttiva, si inserisce un più incisivo intervento di tutela a favore dei dipendenti che segnalano condotte illecite, di cui siano venuti a conoscenza per ragioni di lavoro.

L’iniziativa non è da sottovalutare, in considerazione dell’osservatorio privilegiato dei soggetti di cui trattasi, nè deve apparire superfluo registrare come il diffuso fenomeno corruttivo – deprecabile sotto il profilo etico e non estraneo alla crisi economica – richieda per il suo sradicamento anche la sensibilizzazione e il coinvolgimento collettivi. Tutto questo non è ignorato nell’iter posto in essere, in particolare a partire dalla legge 6/11/2012 n. 190 con l’introduzione di un sistema organico di prevenzione e contrasto alla corruzione sia a livello nazionale che locale o decentrato.

Ne è espressione sicuramente il Piano anticorruzione, approvato per la prima volta dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel 2016, con l’obiettivo di promuovere anche la trasparenza, tanto da essere unificato, secondo la disciplina sopravvenuta, al programma triennale della trasparenza stessa e dell’integrità.

Sostanzialmente il Piano, toccando tutti profili amministrativi e organizzativi dell’attività istituzionale, si propone di mettere a punto gli obiettivi strategici per contrastare in ogni fase e in ogni processo – in particolare nelle aree a rischio – qualsiasi azione corruttiva o illecita. Non può essere estranea, nell’ambito delle modalità, la previsione degli strumenti di monitoraggio e controllo. Anche per l’unificazione accennata, che da spazio alla trasparenza, non si può prescindere dalla determinazione della forma e delle modalità di coinvolgimento dei cittadini e delle Associazioni rappresentative e portatrici di intereressi collettivi (cosiddetti stakeholder), da informare mediante Avviso pubblico.

In tale ambito, per ritornare al tema specifico cha ha dato spunto alla presente trattazione, merita grande attenzione il contributo, che potrebbero apportare i soggetti interni all’Amministrazione, vale a dire i singoli operatori, quali i lavoratori dipendenti.

L’azione di tutela a favore del cosidetto whistleblower

La fonte normativa è costituita allo stato attuale dalla legge 30/11/2017 n.179, avente ad oggetto “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto pubblico o privato”, pubblicata sulla G.U. 14/12/2017 n. 291 ed entrata in vigore il 29/12/2017. Più in particolare, l’art. 1 della legge in parola va a sostituire l’art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto a sua volta dall’art. 1 della legge n.190 del 2012.

La disciplina attuale, che ne risulta, è così articolata:

Settore pubblico

-i soggetti tutelati non sono soltanto i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici economici e degli di diritto privato sottoposto a controllo pubblico, ma pragmaticamente anche i lavoratori e opportunamente i collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi o che realizzano opere a favore dell’amministrazione pubblica;

-i destinatari delle segnalazioni delle condotte lesive sono rappresentati dal responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ovvero dall’ANAC o (sotto la forma della denuncia) dall’Autorità giudiziaria o da quella contabile;

-L’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, al fine di dare alla procedura sicura e uniforme veste formale, tenendo di mira la concretezza dei risultati voluti, adotterà apposite linee guida sia per la presentazione che per la gestione delle segnalazioni, promuovendo il ricorso a strumenti di crittografia mirati a garantire la riservatezza del denunciante, nonché dei contenuti delle segnalazioni e della relativa documentazione;

-la segnalazione è sottratta al diritto di accesso di cui alla legge n. 241 del 1990 e successive modifiche;

-le misure di tutela, da ultimo intensificate, prevedono che il segnalante non possa essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi anche indiretti sulle condizioni di lavoro, il tutto per ragioni, che si presume riconducibili alla segnalazione o denuncia;

-gli atti ritorsivi o discriminatori sono affetti da nullità, qualora l’amministrazione pubblica o gli enti già citati non siano in grado di dimostrare la estraneità degli atti stessi alla segnalazione delle condotte illecite;

-di rilievo, in caso di licenziamento, la previsione della reintegrazione nel posto di lavoro;

-l’interessato o le organizzazioni sindacali comunicheranno all’ANAC gli atti   ritorsivi o discriminatori adottati, a seguito di segnalazione di illecito o irregolarità; segue, quindi, l’informazione al Dipartimento della funzione pubblica o agli organismi di garanzia, al fine degli eventuali provvedimenti di competenza;

-per quanto attiene ancora alle attribuzioni dell’ANAC, in presenza accertata delle predette misure discriminatorie nei confronti del segnalante, la stessa applica a carico del responsabile dell’amministrazione pubblica o degli altri   soggetti prima citati una sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Altra penalità più severa è connessa, invece, alla mancata verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, che comporta a carico del responsabile la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. E’ ritenuta della stessa gravità, con l’applicazione di una sanzione dello stesso importo, l’assenza accertata di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero per l’adozione di procedure non conformi alle linee guida stabilite dall’ANAC;

-ancora, è garantita l’anonimità del segnalante, mentre nel processo penale la sua identità è coperta nei modi e nei limiti previsti dall’art. 329 del codice di procedura penale inoltre, apposite misure di tutela sono dettate nell’ambito dei procedimenti davanti alla Corte dei conti e in quelli disciplinari;

-infine, le tutele sopra richiamate non sono garantite, in caso di condanna del segnalante in sede penale, anche con sentenza di primo grado, per i reati di calunnia o diffamazione o altri reati riconducibili alla denuncia di illeciti ovvero quando risulti la sua responsabilità civile per dolo o colpa grave.    

 Settore privato

-il nuovo tassello si aggiunge a quello già introdotto dal D.Lgs. n. 36/2017, che aveva apportato importanti modifiche alla legge n. 190/2012, argomento trattato nella Newsletter Nuovi Lavori n.194 del 9/05/2017. Questa volta l’intervento va ad allargare il contenuto dei modelli di organizzazione e gestione, di cui alla all’art. 6, lett.a) del D.lgs. n. 231/2001, aventi efficacia  esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica per reati commessi, nell’ interesse e a vantaggio di tali enti, da coloro che rivestono, nell’ambito degli stessi, funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione , ovvero  da persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza;la disciplina di cui trattasi tocca molti campi, tra i quali  quello della sicurezza e salute dei posti di lavoro, di cui al D. lgs. n. 81/2008, che prevede il modello di organizzazione e gestione all’art. 30;

-più in particolare, l’ampliamento accennato consiste nell’inserimento nei modelli già previsti di: a) canali o modalità che consentano ai soggetti di cui sopra di segnalare, a tutela dell’integrità dell’ente, condotte illecite rilevanti e fondate o violazioni del modello di organizzazione e gestione, delle quali siano venuti a conoscenza grazie alle funzioni svolte. Anche qui, deve essere salvaguardata la riservatezza dell’identità del segnalante; b) almeno un canale alternativo informatico con le stesse garanzie.

Le altre tutele non si discostano da quelle proprie del settore pubblico, consistenti nel divieto di atti ritorsivi o discriminatori direttamente o indirettamente riconducibili alla segnalazione, tra i quali, in particolare, il licenziamento e il demansionamento, tutte misure affette da nullità e suscettibili di denuncia all’Ispettorato nazionale dl lavoro anche da parte dell’Organizzazione sindacale indicata dal segnalante.

Anche qui, nell’ipotesi di controversia, è a carico del datore di lavoro l’onere della dimostrazione dell’estraneità della sanzione alla segnalazione, mentre è previsto un sistema sanzionatorio, da definire, a carico di chi viola le misure di tutela del segnalante, così come a carico di quest’ultimo, qualora agisca con dolo o colpa grave.

Un ulteriore aspetto attiene, nella nuova disciplina, all’obbligo del segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale, con l’introduzione di una deroga, nell’interesse dell’integrità degli enti pubblici e privati e al fine della prevenzione e della repressione delle malversazioni.

La deroga non opera, tuttavia, nell’ipotesi in cui il soggetto tenuto all’obbligo del segreto sia venuto a conoscenza della notizia nell’ambito di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l’ente, l’impresa o la persona fisica interessata.

Precisa, ancora, la norma che costituisce violazione dell’obbligo del segreto la rivelazione di notizie con modalità oltre i limiti delle finalità proprie dell’eliminazione dell’illecito ovvero avvalendosi di un canale comunicativo diverso da quello specificamente predisposto allo scopo.                          

 

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