In questi giorni si è parlato moltissimo di reddito di cittadinanza. Il tema della povertà è entrato prepotentemente nel primo piano del dibattito, non solo politico o tecnico. Cristiano Gori, professore di politica sociale all’Università di Trento, nel 2013 è stato l’ideatore dell’Alleanza contro la povertà, di cui è coordinatore scientifico, un insieme di soggetti sociali che hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. Dal 1 gennaio 2018 l’Italia ha una misura nazionale e strutturale contro la povertà, che l’Alleanza ha contribuito in maniera sostanziale a far nascere: il reddito di inclusione. Una scelta «storica», nella consapevolezza però che «la misura va completata per non aggiungere il Rei alla lunga serie di riforme incompiute del nostro Paese», aveva detto l’Alleanza prima del voto.
Professore, quali sono le sue considerazioni sul dibattito di questi giorni?
L’elemento centrale, che vorrei far notare perché non è emerso abbastanza, è che tutte le ipotesi che ci sono sul tappeto oggi – in particolare le due più note che sono il completamento del Reddito di Inclusione e il reddito di cittadinanza – hanno in comune il ritenere che si debba dare una risposta adeguata a tutte le persone in povertà assoluta. Anche il reddito di dignità si rivolge a tutte le persone in povertà assoluta. Faccio notare questo, quindi: c’è un consenso trasversale. Cinque annui fa non era così, cinque anni fa non c’era nulla. La situazione oggi qual è? Che grazie al ReI, con le novità che entreranno in vigore dal 1 luglio 2018, ricevono una risposta circa 2,5 milioni di persone, la metà di quelle in povertà assoluta, e con un importo ancora troppo basso. È stato un primo passo, in una situazione di partenza in cui non c’era niente: il ReI è stata una grossa rottura rispetto alla disattenzione storica sulla povertà assoluta, ma c’è da fare ancora molto. Quindi è essenziale passare dal dichiarato all’attuato. Poiché tutte le forze politiche sono d’accordo sulla necessità di dare una risposta seria alle persone in povertà assoluta, sarebbe bello che questo venisse sottratto allo scontro politico e che l’obiettivo si realizzasse. Bisogna mettere la povertà assoluta al riparo dallo scontro politico.
Da non addetto ai lavori, sorprende un po’ sentire parlare di accordo… Non sembrerebbe, le misure sono sempre state considerate delle bandiere. In realtà quindi non è così?
La distanza non è sul cosa fare per le persone in povertà assoluta, ma sul cosa fare per le persone a rischio di povertà. La logica del ReI ritiene che si debba lavorare per queste persone con altre politiche, mentre il reddito di cittadinanza ritiene che debbano essere raggiunte anch’esse con il medesimo strumento. Ma cosa fare per le persone a rischio povertà è un’altra cosa, un’altra partita. Cominciamo dal dare una risposta a tutte le persone in povertà assoluta: su questo tutti sono concordi.
Il reddito di cittadinanza viene accusato di essere una misura assistenzialistica, mentre la novità del ReI è il puntare sull’attivazione delle persone, attraverso un progetto personalizzato e la centralità dei servizi: sono misure così simili?
Non è vero, è una critica sbagliata. Anche il reddito di cittadinanza prevede un patto personalizzato, con diritti e doveri per gli utenti e per la collettività: sono esattamente le logiche del ReI. Il problema è che tradurre queste logiche in pratica è molto complesso; con il ReI infatti è stata fatta una riforma molto ambiziosa. Il tema è l’attuazione, che – lo sappiamo già – sarà molto difficile di per sé: se tu fai riforma della riforma, addio. Quel che serve ora quindi è la messa in sicurezza dell’attuazione del ReI.
In sintesi, se l’obiettivo di dare una risposta alla povertà assoluta è condiviso da tutte le forze politiche ed è condiviso anche l’approccio di farlo con un progetto personalizzato e non solo con un trasferimento monetario, adesso la cosa più sensata da fare è andare avanti con il ReI e portarlo a coprire l’intera platea delle persone in povertà assoluta?
Il ReI è partito il 1° gennaio 2018. In questo momento i territori sono impegnati per l’attuazione della misura, che è molto complicata. Io penso che chiunque vada a governare rispetto alla povertà assoluta dovrebbe darsi due obiettivi: fare un piano pluriennale per arrivare a tutte le persone in povertà assoluta (oggi c’è la cornice, lo strumento) e riconoscere l’importanza dei percorsi attuativi per le persone in carne e ossa. Certamente il ReI sarà da migliorare, lo dico avendo contribuito al suo disegno: serve un monitoraggio attento e le verifiche che si faranno di sicuro metteranno in evidenza dei limiti, ma chi va al Governo deve evitare la tentazione di fare la riforma della riforma, cosa che invece spesso chi va al potere fa per segnare la propria presenza. La misura va monitorata e migliorata, ma non va cambiato il disegno della misura, cambiando il ruolo dei vari soggetti coinvolti. Questa cosa per chi è impegnato sul campo sarebbe un colpo fatale. Questa è una riforma strutturale ambiziosa e quindi complicatissima nella sua attuazione e chi è nei territori ha bisogno di stabilità. Perciò bisogna riconoscere che l’attuazione è cruciale. Ripeto, è doveroso monitorare, ma la tentazione della riforma della riforma per marcare la propria presenza sarebbe deleteria. Questo è il vero rischio che vedo, perché l’abbiamo visto accadere tantissime volte. In sintesi, io penso ci sia la necessità di proteggere la povertà assoluta dallo scontro e questa cosa poi si traduce in due obiettivi: proteggere l’attuazione del ReI e completarla, arrivando a tutte le persone in povertà assoluta.
Nel corso dei lavori di questi anni, l’Alleanza contro la povertà ha dialogato anche con il MoVimento 5 Stelle?
Certo. Noi siamo un’associazione di scopo per dare risposte adeguate a tutte le persone in povertà assoluta, è dal 2014 che abbiamo un confronto con il MoVimento 5 Stelle, in particolare con la senatrice Nunzia Catalfo [la prima firmataria del disegno di legge sul reddito di cittadinanza, ndr]. Come Alleanza abbiamo sempre detto che sulla povertà assoluta i 5 stelle hanno dato un contributo come sprone e il Pd come Governo.
Il Governo uscente sul ReI ha messo 2,1 miliardi di euro per 2018, crescenti fino a 2,7 miliardi strutturali annui dal 2020, l’Alleanza contro la povertà indicava circa 7 miliardi la copertura della sua proposta, il Reddito di Inclusione Sociale. Il reddito di cittadinanza costerebbe 14/17 miliardi. È realizzabile?
Su questo preferisco non rispondere.
Da Vita 12/ 3/ 2018