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Una proposta durata lo spazio di una campagna elettorale?

Nel mondo, l’ossessione per chi governa è la sempre più affannosa ricerca delle risorse finanziarie per farsi apprezzare dai cittadini, sia che l’hanno votato, che non lo abbiano fatto. In un Paese come l’Italia, afflitto da un endemico fardello com’è quello del debito pubblico, l’ossessione scatena ancor di più la fantasia, specie in campagna elettorale. Non c’è partito che non prometta di aumentare le spese e di abbassare le tasse, arrampicandosi sugli specchi per dimostrare la compatibilità tra le due operazioni. E tutti con la volpe sotto le ascelle: cogliere l’occasione (quasi sempre drammatica se non nefasta) o qualche gesto di un “avversario” sulle quali far cadere la responsabilità del mancato rispetto della promessa fatta.

Nella recente competizione elettorale il M5S si è candidato ad essere il partito della spesa più attrattivo, lanciando il reddito di cittadinanza. L’abbiamo valutato nel numero 212 della newsletter, mettendo a confronto i pro e i contro e al dunque è emerso che esistono problemi di sostenibilità economica non risolti e soprattutto una seria difficoltà in termini gestionali per non farlo diventare uno strumento di assistenzialismo a crescita esponenziale. Il centro destra, invece, ha fatto della questione fiscale la propria bandiera più alta e in particolar modo ha rilanciato la flat tax. Ad essa è dedicato questo numero, seguendo lo stesso criterio di selezione degli interventi: i pro e i contro.

Ciascuno può farsi la propria opinione; la nostra è che le questioni complesse non possono essere risolte con soluzioni semplici. E niente è più complesso che la questione fiscale. Si sono accumulati negli anni tanti provvedimenti, spesso non coordinati tra loro – non tanto per insipienza o incompetenza, ma semplicemente per soddisfare questa o quella esigenza del momento – che hanno sedimentato contraddizioni, incoerenze, finanche istigazione ad evadere. Nello stesso tempo, la macchina amministrativa dedicata ai controlli (Ministero dell’economia, Agenzia del demanio, Guardia di Finanza) non solo non è mai stata all’altezza del suo compito per mancanza di competenze, insufficienza di strumenti moderni d’indagine, farraginosità delle procedure e chi ne ha più ne metta, ma è stata irrisa dagli elusori e dagli evasori che restano la palla al piede della nostra capacità di rendere equo il fisco. La UE fa pagare la nostra quota di partecipazione al suo bilancio calcolando anche un 17% di reddito sommerso. Insomma chi è onesto fiscalmente è “cornuto e mazziato”, come si dice dalle mie parti.

La flat tax è stata presentata come l’invenzione più strabiliante per rendere felice un popolo: quella che più abbassi il prelievo sui redditi delle persone e delle imprese, più aumenta il gettito complessivo. Il guaio è che la dimostrazione di questa “verità” può avvenire soltanto ex post. Non c’è niente che garantisca ex ante che funzioni proprio così. Anzi, molti studi – compreso quello dell’Ufficio Valutazione Impatto del Senato – concordano: è una scommessa che si può pagare a caro prezzo, in termini di credibilità verso i mercati finanziari o verso la tenuta del sistema di welfare. Inoltre, uno studio serio come quello coordinato da Nicola Rossi (vedi articolo), colloca la proposta di flat tax nell’ambito di una batteria di misure da prendere contestualmente o prima di doverla introdurre, a partire dall’aumento dell’IVA (che già ora è la tassa più elusa ed evasa) e da una revisione della struttura del welfare, che non sarebbe a costo zero per molti che ne usufruiscono. Indipendentemente da come si valuta questa proposta, si comprende che la sua introduzione rimanda ad una serie di decisioni politiche, una più difficile dell’altra sotto il profilo del consenso.

Ma così com’è la fiscalità italiana rimarrà sempre sotto tiro e di volta in volta si cercherà un bersaglio, com’è avvenuto con Equitalia. Il punto di partenza è la lotta all’evasione. Suona stantia perché se ne parla da tempo immemorabile, ma così è. Perché non c’è una vera patrimoniale in Italia? Perché si ripiega sempre e soltanto sulla proprietà immobiliare? Perché tutti sono consapevoli che la mobilità dei capitali è più veloce del vento. E questi corrono verso i rendimenti più sicuri e soprattutto più remunerativi. I paradisi fiscali sono i più feroci nemici della equa fiscalità. E siccome essi sono presenti anche all’interno dell’Europa a 27 (dando per scontata l’uscita del Regno Unito), almeno occorrerebbe decidere tutti insieme che la concorrenza fiscale sia abolita. E legare a questo obiettivo il grosso degli aiuti finanziari ai singoli Stati decisi a livello europeo. Il cuore della riforma economica della UE deve essere questo. Oltre, ovviamente, un potenziamento degli strumenti di repressione e dissuasione dall’elusione ed evasione che ciascun Paese deve organizzare autonomamente.

Un altro campo di possibile intervento è la rimodulazione del principio di progressività, che non va rimesso in discussione. Ma non è detto che debba passare solo e soltanto attraverso l’IRPEF, ma “anche”. Il che implica allargare l’area di intervento oltre le aliquote (principalmente detrazioni e IVA, patrimoniale, ma anche universalità del welfare). Discussione delicata e potenzialmente terremotabile le aspettative a geometria variabile di strati sociali non marginali. Inoltrarsi in questi territori è nello stesso tempo inevitabile e infido. Ci vuole una grande capacità di persuasione, una volta individuato un punto di caduta che non per tutti è a saldo positivo. Specie se, com’è abbastanza certo, farebbe “piangere” i ricchi veri, che non sono quei quattro gatti che dichiarano al fisco di superare i 100.000 euro di reddito.

La solidarietà fiscale è materia che scotta. In un sistema di rappresentanza politica ad alta intensità conflittuale non c’è ragionevole speranza che possa essere perseguita. C’è sempre chi cercherà di speculare un vantaggio consensuale, sparando contro qualsiasi proposta. Soltanto in un clima di forte corresponsabilità istituzionale e politica è possibile intervenire seriamente e consistentemente sul corpo malandato del fisco italiano. La difficoltà è evidente. Ma a maggior ragione, prendere la questione fiscale dalla coda è ancora più difficile. E’ prevedibile che la passione per la flat tax abbia spirato il suo ultimo respiro la sera del 4 marzo.   

   

  

 

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