Nelle nostre città maggiori, circa 15, sono spuntati come funghi colorati dei ciclofattorini addetti al food delivery.
Consegnare pizze o cibi al ritmo di 5 consegne l’ora per 5 euro lordi cadauna e macinare kilometri nel traffico delle città, con sole, pioggia o neve rappresenta un nuovo lavoro a cottimo, senza garanzie, tutele e diritti.
Spesso si collegano queste nuove forme di lavoro tipiche della gig economy, alla sharing economy. In realtà se per sharing economy si intende consumo collaborativo, – cioè un modello economico basato su di un insieme di pratiche di scambio e condivisione, siano questi beni materiali, servizi o conoscenze; che vuole proporsi come alternativo al consumismo – va detto subito che quanto sta avvenendo non è per nulla riequilibrio e redistribuzione della ricchezza. Stiamo infatti assistendo alla nascita di nuovi monopoli che trasformano le interazioni sociali in profitto.
Ci sono società digitali che sono valutate più di 1 miliardo di dollari l’anno. Ma queste crescite sono state realizzate a caro prezzo portando alla nascita di nuove forme di diseguaglianza e di sfruttamento. Le ricchezze invece di essere redistribuite si concentrano tutte nelle mani di pochi, il lavoro è stato totalmente decentralizzato e i lavoratori trasformati in lavoratori indipendenti senza diritti e senza tutele.
Questi mercati si sviluppano sempre più.
Il Politecnico di Milano ha stimato il mercato italiano del food and grocery on line in oltre 800 milioni di euro, con una crescita del 37% nel 2017.
La ristorazione e la consegna dei cibi pronti vale oltre 200 milioni di euro.
La Deliveroo nel 2017 ha avuto nel nostro paese circa 2000 riders.
Foodora ne ha 600 tra Milano, Roma, Torino e Firenze.
Glovo ha avuto nel 2017, 2500 fattorini.
Non si hanno invece dati per Just Eat.
Per i riders i compensi arrivano dopo un mese con bonifico da Londra.
Siamo di fronte ad un nuovo precariato, mentre l’organizzazione dell’attività assomiglia sempre più ad una nuova forma di caporalato digitale.
A Bologna, dove è nato il sindacato autonomo dei riders, “Riders Union” e dove ha preso avvio, grazie alla lungimiranza dell’amministrazione comunale, la prima sperimentazione di quella che potremmo chiamare contrattazione metropolitana, ci sono 300 riders; 600 ne ha Milano e Torino ne conta 300.
In Italia sono, prevalentemente concentrati nelle 15 città del centro nord, più di 3000 ma sono destinati a crescere perché si stima che sono più di 4 milioni gli italiani che ordinano regolarmente cibo a domicilio, mentre quasi 9 milioni lo fanno saltuariamente. Chi sono questi riders?
Quasi la metà di essi avrebbe più di 35 anni, il 50 % sotto i 35 anni. Non siamo solo di fronte cioè a giovani che si pagano l’università. L’84% è maschio, il 31% è laureato. A questi lavoratori mancano diritti e tutele: previdenza, infortuni, malattia, ferie, indennità per maltempo, salario minimo, rimborsi. Le proteste dei riders oggi vanno da San Francisco a Londra, ed all’Italia.
La Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano.
Introduzione
Perché la Carta? L’amministrazione comunale e l’assessorato al Lavoro di Bologna sono convinti che l’economia collaborativa crei nuove opportunità per i consumatori e gli imprenditori.
La crescita dell’economia digitale ha determinato l’aumento di nuove forme di lavoro, talvolta qualificato dalle parti come subordinato, più spesso come autonomo, anche nella forma delle collaborazioni coordinate e continuative, non di rado con finalità di elusione delle tutele di marca lavoristica.
Nel panorama europeo dal 2014 sono stati generati oltre 5.000.000 di posti di lavoro, una parte dei quali risultano di difficile inquadramento nei due contrapposti poli del lavoro subordinato o autonomo, ed i dati più recenti individuano nelle aree urbane metropolitane il maggiore tasso di crescita occupazionale dell’economia collaborativa.
Il Comune di Bologna, in linea con gli indirizzi europei [COM(2016) 356 final, Un’agenda europea per l’economia collaborativa], ritiene che tale nuova forma di fare impresa possa dare un contributo importante alla crescita e all’occupazione cittadina, nazionale e europea, se promossa e sviluppata in modo responsabile e sostenibile.
La sfida è quella di garantire che il mercato del lavoro digitale nel contesto urbano si sviluppi in modo da garantire standard minimi di tutela per tutti i lavoratori digitali, a prescindere dalla qualificazione giuridica del loro rapporto di lavoro, in linea con i più recenti indirizzi dell’Unione Europea sanciti dal principio 5, “Occupazione flessibile e sicura” del Pilastro Europeo dei diritti sociali (adottato con Raccomandazione(UE) 2017/761 del 26/4/2017).
L’Amministrazione comunale si è quindi impegnata ad adottare e promuovere la Carta dei Diritti fondamentali del lavoro digitale, di concerto con i lavoratori, le Organizzazioni Sindacali e le piattaforme digitali.
L’obiettivo della Carta è quella di promuovere nel territorio cittadino un’occupazione sicura e dignitosa, garantendo al contempo l’adattabilità del mercato del lavoro digitale ed il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori.
Gli obiettivi specifici mediante i quali realizzare l’obiettivo generale sono:
1. migliorare l’accesso dei lavoratori alle informazioni concernenti le loro condizioni di lavoro
2. migliorare le condizioni di lavoro di tutti i lavoratori a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto;
3. promuovere lo sviluppo di pratiche di contrattazione collettive e dialogo sociale tra imprese e rappresentanze dei lavoratori digitali nel contesto urbano;
4. migliorare la trasparenza del mercato del lavoro digitale, senza imporre oneri eccessivi alle imprese.
Abbiamo raccolto le dichiarazioni dell’assessore al Lavoro del Comune di Bologna alla vigilia della firma ufficiale di questo importante accordo.
Dice l’assessore Marco Lombardo: “L’idea della “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, parte dalle rivendicazioni di UNION RIDERS, a seguito dello sciopero di Natale scorso, che hanno portato all’incontro con il Sindaco di Bologna, Virginio Merola.
Successivamente i Riders ed i rappresentanti delle piattaforme digitali di delivery food sono stati invitati a presentare le loro osservazioni davanti ad un’udienza conoscitiva in Comune, per acquisire elementi utili di
conoscenza ed informazione sulle modalità di funzionamento del sistema delle consegne a domicilio, attraverso gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme digitali. In qualità di Assessore al Lavoro e alle Attività Produttive del Comune di Bologna ho proposto alle organizzazioni Sindacali (CIGIL CISL UIL ) e a UNION RIDERS di Bologna ed alle piattaforme digitali, il testo di una “Carta dei Diritti” che contenesse standard minimi di tutela per tutti i lavoratori digitali, a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, in linea con i più recenti indirizzi dell’Unione Europea sui contratti di lavoro non standardizzati.
Gli obiettivi della Carta – continua l’Assessore Lombardo – sono essenzialmente due: promuovere la crescita
dell’economia digitale nei contesti urbani, senza diminuire le tutele per i lavoratori, e diffondere la cultura del lavoro digitale in Italia.
Tra i punti essenziali della Carta vi sono diritti di informazione, tutela dei dati e della privacy, la previsione di un compenso equo minimo con forme di indennità integrative in caso di condizioni metereologiche avverse, diritto alla salute ed alla sicurezza, ivi compreso l’obbligo di assicurazione nei confronti dei lavoratori digitali e dei terzi, e meccanismi per garantire la portabilità del rating reputazionale.
Dopo aver incontrato tutte le piattaforme digitali di delivery food per negoziare il testo della Carta, entro fine maggio è prevista a Bologna la firma della “Carta dei diritti” da parte dell’Amministrazone comunale di Bologna, delle organizzazioni sindacali, della Union Riders e delle piattaforme digitali che vi aderiranno. Il Comune di Bologna si impegnerà a promuovere la diffusione della Carta, facendo leva sul consumo responsabile, attraverso l’introduzione di meccanismi di premialità, fra cui incentivi economici per la mobilità elettrica e corsi di educazione alla sicurezza stradale; il Comune adotterà altresì misure che disincentivano i comportamenti in contrasto con le disposizioni previste dalla Carta, ivi compresa la possibilità di costituirsi parte civile in caso di danni nei confronti dei lavoratori e dei cittadini, non coperti da obblighi assicurativi.
Con la firma della Carta – conclude Lombardo – si arriverebbe al primo caso, nazionale ed europeo, di accordo territoriale nel settore del delivery food; tuttavia l’ambito di applicazione della Carta è ben più ampio e riguarda il futuro dell’economia e del lavoro digitale nei contesti urbani, nella consapevolezza che saranno sempre più frequenti forme di contrattualizzazione non standardizzate che coinvolgono le piattaforme digitali ed è dunque fondamentale, in attesa di avere orientamenti consolidati dalla giurisprudenza e dalla legislazione nazionale, ridurre il rischio di avere zone grigie di incertezza qualificatoria, attraverso accordi territoriali che possano promuovere la crescita dell’economia digitale attraverso il rafforzamento dei meccanismi di tutela della dignità e della sicurezza del lavoro”.
Viene allegata la rassegna stampa del Comune di Bologna da Gennaio 2018 ad oggi sulla vicenda dei riders.