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Il decreto dignita’ e’ legge dall’esito imprevedibile

Attraverso un iter travagliato riferito soprattutto alle tematiche occupazionali, la legge di conversione, con talune modifiche, ha dato veste definitiva alle disposizioni del cosiddetto “decreto dignità”.

Per la materia del lavoro, degna di anticipazione, è l’introduzione da più parti auspicata di un periodo transitorio teso a regolare gli effetti della nuova disciplina, che continua ad essere particolarmente caratterizzata, quanto all’impatto sociale, dalle modifiche che interessano i contratti a termine. 

Nella Newsletter N.L.n. 220/2018, diffusa nell’immediatezza della formulazione del D.L., poi pubblicato in G.U. n. 161 del 13/07/2018, con il numero 87/2018 del 12/07/2018, si è tentato di tracciare lo schema delle modifiche riferite soprattutto alla materia lavoristica, sottolineando le diffuse perplessità circa gli effetti voluti. In questa sede, in attesa di cogliere le reali conseguenze applicative – in verità da più parti temute in tema di livelli occupazionali – è ora possibile richiamare l’effettivo quadro normativo sopravvenuto.

Legge di conversione

Trattasi della legge 9/08/2018 n. 96, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese “, pubblicata in G.U.  n. 186 dell’11/08/2018, entrata in vigore il 12/08/2018.

Per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato, le modifiche si innestano, come è noto, nell’ ultima disciplina di base contenuta nel D.Lgs. n. 81/2015 e non sono di poco conto, incidendo, con l’intento di contrastare la precarietà, su profili sostanziali. Così:

“fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi”, 

-la durata contrattuale massima viene ridotta da 36 a 12 mesi, mantenendo l’assenza di qualsiasi causale;

-una durata superiore, non eccedente, comunque, i 24 mesi può essere apposta, soltanto in presenza delle causali previste dalla legge:

-esigenze temporanee oggettive, estranee all’ordinaria attività;

-esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

-esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

-in caso di rinnovo (stipulazione di un nuovo contratto, con il rispetto degli intervalli temporali), tali condizioni vanno osservate già dalla prima riassunzione, anche se collocata nell’arco temporale dei primi 12 mesi;

-la proroga (posticipazione consensuale della scadenza) è acausale nei limiti della durata riferita ai primi dodici mesi, potrà ripetersi, giustificata dalle cause, nell’arco temporale massimo sopravvenuto di 24 mesi non più per cinque, ma soltanto per quattro volte.

Trattasi nell’insieme, ad eccezione della causale riferita alla sostituzione di altri lavoratori, di condizioni ritenute più impegnative rispetto a quelle abrogate, già previste dal D. lgs. n. 368/2001 e, come tali, inevitabilmente soggette a notevoli indici di discrezionalità interpretativa nell’ambito delle varie organizzazioni aziendali, tanto da essere state in passato, come già richiamato, all’origine di un diffuso contenzioso, pur essendo meno restrittive di quelle attuali.

Opportunamente i contratti per attività stagionali (cfr.D.P.R. n. 1525 del 1963, D.M. lavoro, contrattazione collettiva) non sono condizionati da alcuna delle limitazioni richiamate.

Come è noto, sono esclusi dal campo di applicazione della nuova disciplina, i contratti a termine conclusi con le Pubbliche Amministrazioni. 

Ancora sul tema della durata, rimane la possibilità, prevista dal 3° comma dell’art 19 del D.lgs. n. 81 del 2015 di un ulteriore contratto della durata massima di 11 mesi, collocabile evidentemente anche dopo i 24 mesi, stipulabile presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. Stando all’interpretazione letterale, non dovrebbe rilevare al riguardo alcuna causale.

E’ da notare come, da una lettura d’insieme della specifica normativa sopravvenuta, risulti conservato di massima lo spazio già riservato alle OO.SS., sia pure – è da ritenere – non ignorando le condizioni prima richiamate. Anche con riferimento ai limiti introdotti, un ruolo importante potrebbe essere svolto attendibilmente, come da più parti fatto rilevare, dalla contrattazione di prossimità di cui all’art.8 della legge n.148/2011, di conversione del D.L. 138/2011, naturalmente nelle situazioni in cui ne ricorrano i presupposti, tra i quali proprio l’esigenza di conservare determinati livelli occupazionali.

Sempre in tema di novità, di assoluto rilievo l’introduzione – quale modifica qualificante della legge di conversione – del periodo transitorio già accennato, mirato a ridurre gli inconvenienti di tipo occupazionale legati all’immediata disapplicazione della normativa modificata: fermo restando che le nuove disposizioni si applicano in generale(v. durata, forma) ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 87, vale a dire dal 14 luglio 2018, i vincoli relativi ai rinnovi e alle  proroghe impegnano, invece, a decorrere dal 1° novembre 2018. Non così – vale la pena precisare – per i contratti eventualmente posti in essere tra il 14 luglio e l’11 agosto 2018, prima dell’entrata in vigore della legge di conversione (fonte del citato periodo transitorio), per i quali a stretto rigore formale dovrebbe trovare applicazione il decreto legge non modificato. Nel merito specifico da più parti sono attesi, comunque, chiarimenti ministeriali, peraltro preannunciati.

Tra le disposizioni mirate a disincentivare i rinnovi dei contratti a termine è da segnalare anche l’aumento contributivo nella misura dello 0,50% per ogni rinnovo, aumento che si aggiunge al contributo speciale già previsto per l’1,40%.

Il quadro normativo sopravvenuto non manca di altri profili importanti, riferiti in particolare:

-alla forma, richiesta ad substantiam, tranne che per i contratti di durata non superiore a 12 giorni; l’obbligo attiene, sempre a pena di invalidità contrattuale, anche alle causali del rinnovo o della proroga. Copia del contratto deve essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio della prestazione. E’ venuta meno la possibilità di provare l’atto scritto mediante testimonianza;

– ad un espresso sistema sanzionatorio riguardante il caso della stipulazione di un contratto iniziale di durata superiore a 12 mesi, pur in mancanza delle ipotesi di causale prima richiamate, ovvero allorchè si ricorra al rinnovo o alla proroga, in assenza di una valida causale. In entrambi i casi il contratto si trasforma a tempo indeterminato: nella prima ipotesi dalla data di superamento dei 12 mesi, nella seconda dalla data della proroga o del rinnovo illegittimi, anche se nella norma manca una specifica indicazione.

-il termine per l’impugnazione in via stragiudiziale del contratto viene elevato da 120 a 180 giorni, a decorrere dal 14 luglio 2018, salvo che si tratti di contratti posti in essere secondo la vecchia disciplina, prorogati sulla base di quella sopravvenuta.

Menzione a parte merita la sommistrazione di lavoro per le modifiche apportate anche in sede di conversione del decreto legge. Fermo restando l’applicazione delle modifiche restrittive già richiamate, proprie del contratto a termine (limiti di durata, regole sui rinnovi e sulle proroghe), ne sono derivate alcune esclusioni e talune aggiunte:

– è assolutamente rilevante che i limiti predetti con le previste causali si applicano esclusivamente all’utilizzatore;

-salvo una diversa previsione dei contratti collettivi, il numero dei lavoratori somministrati non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei contratti, con l’eccezione dei lavoratori che godono dell’indennità di disoccupazione ovvero di ammortizzatori sociali ovvero svantaggiati;

-non applicabilità della disciplina relativa ai rinnovi e, quale conferma, di quella relativa ai diritti di precedenza, restando invariate le vecchie disposizioni, secondo le quali il termine iniziale può essere prorogato per iscritto e in ogni caso con il consenso del lavoratore nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore (soluzione, quindi, rimessa alle parti);

-reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta, abolito ad opera del D.lgs. n. 81/2015 prima richiamato; trattasi di illecito realizzato con dolo, consistente nel fatto che la somministrazione di lavoro venga posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. La relativa sanzione, a carico sia del somministratore che dell’utilizzatore, consiste nella pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore interessato e per ciascun giorno di somministrazione. 

Esonero contributivo per favorire l’occupazione giovanile

 Con l’obiettivo non nascosto   di incentivare naturalmente i contratti a tempo indeterminato, consapevoli della stretta operata con riferimento ai contratti a tempo determinato, la legge di conversione riconosce una riduzione del 50% dei soli contributi previdenziali , nel limite massimo di 3.000 euro annui per 36 mesi, a  favore dei giovani che non abbiano compiuto 35 anni di età, assunti negli anni 2019 e 2020 e non siano stati,comunque, occupati a tempo indeterminato con il medesimo o  altro datore di lavoro, tranne che per eventuali periodi di apprendistato non conclusi presso altri datori di lavoro.

Trattasi di agevolazioni che conviveranno con quelle analoghe già stabilite dalla legge n. 207/2017, in attesa dei previsti chiarimenti e istruzioni ministeriali, che, peraltro, si riveleranno indispensabili anche per l’estensione di talune modalità operative.

I contratti interessati saranno ascrivibili alla categoria di quelli a tutele crescenti. 

Prestazioni di lavoro occasionale

L’intervento modificativo, anche qui ad opera della legge di conversione, in chiave di semplificazione con riferimento ai settori dell’agricoltura e del turismo, attiene, in particolare, all’art. 54bis della legge n. 96/2017, che aveva reintrodotto la disciplina dei voucher(“PrestO”), sotto la forma del “contratto di lavoro occasionale” e del “libretto di famiglia”, riferiti rispettivamente all’attività imprenditoriale o professionale e a quella privata o familiare. 

Mentre per ogni dettaglio circa la disciplina di cui sopra, nella quale si inseriscono le attuali  modifiche, si rinvia alla newsletter N.L. n. 198 del 4/07/2017-“ Ritornano i voucher per il lavoro accessorio”, è da tener presente, alla luce delle predette semplificazioni, che gli operatori delle aziende alberghiere e delle strutture ricettive potranno ricorrere alle prestazioni occasionali, anche se occupano fino a 8 lavoratori subordinati (il numero ordinario è di 5 in generale), a condizione, tuttavia, che coinvolgano prestatori svantaggiati.

Gli imprenditori agricoli e del settore del turismo (alberghiero- ricettivo) potranno denunciare all’INPS la prestazione occasionale (data di inizio e monte orario presunto) in un arco di tempo non superiore a 10 giorni(in precedenza in agricoltura 3 giorni). Per tutti gli altri imprenditori continua a sussistere, invece, l’obbligo della segnalazione fino ad un’ora prima dell’inizio della   prestazione.

E’ stata, inoltre, prevista l’autocertificazione a cura dei prestatori particolari, cosiddetti svantaggiati, dei propri al momento della loro registrazione nella piattaforma informatica Inps, così superando l’attestazione al committente.

Infine, per quanto riguarda il pagamento del compenso al prestatore, può provvedere alla provvista presso l’Inps, per conto del committente, anche un intermediario (consulente del lavoro, commercialista, avvocato), mentre il pagamento, a richiesta del lavoratore, manifestata all’atto della registrazione nella piattaforma informatica, può avvenire entro 15 giorni dalla denuncia informatica della prestazione irrevocabile. Provvede qualsiasi sportello postale, a fronte della presentazione di mandato o autorizzazione generato ed emesso dalla piattaforma Inps.

Indennità di licenziamento ingiustificato

La modifica intervenuta con D.L. relativa all’aumento del risarcimento per licenziamento ingiustificato (importo minimo da 4 a 6 mensilità, massimo da 24 a 36 mensilità) ha comportato di conseguenza, nella legge di conversione, una revisione dell’incentivo della conciliazione volontaria, mediante un parallelo innalzamento dell’importo minimo che passa da 2 a 3 mensilità e massimo da 18 a 27 mensilità.

Rimangono invariati i principi della disciplina sui contratti di lavoro a tutele crescenti.

Nell’ambito delle tante tematiche toccate dalla disciplina all’esame, restando ancora in materia di lavoro, è da notare come la legge di conversione  tenti di porre un primo tassello al “ rafforzamento degli organici dei centri per l’impiego”, mediante la destinazione di una quota delle “facoltà assunzionali” delle Regioni per il triennio 2019-2020: trattasi per ora evidentemente di un intervento tutto interno al ruolo regionale e alle scelte dell’Ente, definite in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome.

Altri interventi di un certo rilievo, che meritano di essere richiamati, sono legati a talune misure in materia di:

delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti, con i divieti di trasferimento, pena la perdita dei benefici e l’applicazione di sanzioni amministrative, come già illustrato nella newsletter N.L. n. 220/2018, richiamata in premessa. La legge di conversione ha precisato ulteriormente, anche se non in maniera significativa, il concetto di delocalizzazione, presupposto delle nuove regole;

-analoghe considerazioni valgono per la “Tutela dell’occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti”, che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale;

recupero del beneficio dell’iperammortamento, secondo le indicazioni anch’esse oggetto di richiamo della predetta newsletter: i beni o i macchinari agevolati non devono essere ceduti a titolo oneroso; devono essere impiegati in Italia, ovvero eccezionalmente anche all’estero in via temporanea, quando per loro natura sono utilizzabili in più sedi. Il cambiamento della rubrica con la legge di conversione ha inteso essere in linea con i contenuti normativi;

-ancora in tema fiscale, viene ribadito che il credito d’impostaper le attività di ricerca e sviluppo non si considera ammissibile negli acquisti dei beni immateriali, quali, privative industriali, prestazioni nell’ambito dello stesso gruppo.

Per completare le informazioni di massima concernenti il variegato contenuto del decreto convertito, c’è da aggiungere che non sono quelle appena richiamate le uniche novità di tipo fiscale, in quanto l’area di intervento si estende anche al:

 -cosiddetto  spesometro: viene abolito per i produttori agricoli e operato lo spostamento delle date di comunicazione delle fatture emesse e ricevute;

– disturbo del gioco d’azzardo: è sancito il divieto di qualsiasi forma di pubblicità anche indiretta per giochi e scommesse e per il gioco d’azzardo, per sponsorizzazioni di eventi, programmi, manifestazioni di tipo promozionale, il tutto assistito da sanzione amministrativa pari al 20% del valore della pubblicità o sponsorizzazione, con un minimo di 50 mila euro per ogni violazione; viene, inoltre, rideterminato e articolato con inasprimento il prelievo erariale unico sulle somme giocate;

redditometro: non è abolito, ma sospeso per essere riformato; viene abrogato il D.M. del 2015 con l’elenco dei dati di spesa indicativi della capacità contributiva e rimesso al Mef l’emanazione di nuovo atto, previo parere dell’Istat e delle Associazioni dei consumatori;

– cosiddetto split payment: trattasi della scissione dei pagamenti tra compensi e Iva per prestazioni rese nei confronti della PA; nel caso specifico è prevista l’esclusione per i soli professionisti, i cui compensi sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o di acconto;

-tema della compensazione cartelle esattoriali-crediti con la P.A.: la legge di conversione estende tale possibilità all’anno 2018 alle stesse condizioni della legge in atto n. 9 del 2014, per i carichi assegnati agli Agenti della riscossione entro il 31/12/2017);

-caso delle società sportive dilettantistiche: viene abrogato l’art. 1 , comma 353 e seguenti della  legge di bilancio 2118 n. 205/2017, che permetteva l’esercizio di attività sportive dilettantistiche anche da parte di società sportive dilettantistiche con scopo di lucro, facendo così venir meno le agevolazioni fiscali(50% Ires) a favore delle stesse, nonchè la possibilità sempre per tale tipo di società di costituire contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Ritornano, inoltre, le regole per l’uso degli impianti sportivi in atto prima della legge di bilancio anzi citata.       

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