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Il terzo settore cresce e occupa

In aggiornamento del Censimento permanente del settore non profit, l’ISTAT ad ottobre del 2018, ha presentato alcuni dati integrativi relativi al 2016[i]che rappresentano uno stimolo allo sviluppo normativo ed economico del Terzo Settore. 

I contenuti principali

Continua la crescita del settore anche per l’anno in esame. Questo avviene sia per numero di istituzioni, sia per numero di dipendenti

Le prime passano da 336.275 del 2015 a 343.432 nel 2016. I dipendenti da 788.126 del 2015 aumentano a 812.706[ii].

Sebbene il numero assoluto segnala un andamento a scalare tra Nord Ovest, Nord Est, Centro ed Isole,  l’incremento delle istituzioni non profit 2016 – 2015  è più frastagliato: è maggiore nel Nord Ovest ( 3,3%)  rispetto al Sud (3,1%),   alle Isole (2,4%),  al Nord Est (1,3%) e al Centro (0,8%). 

La distribuzione degli incrementi è analoga per quanto riguarda il numero di dipendenti: in assoluto i maggiori addensamenti per aree geografiche si riscontrano nel Nord Ovest (oltre 276 mila), seguito da Nord Est (189 mila ), Centro (132 mila), Sud (100 mila), Isole (64 mila). L’incremento percentuale di dipendenti ha invece un’altra configurazione: Sud 5,8 %, Nord Est 4,4 %, Centro 3,2%, Isole 3,2%, Nord Ovest 1,3%. Questo in parte è collegato al consolidato, in parte evidenzia una positiva tendenza incrementale delle due aree (Sud e Isole) a minore sviluppo economico nel settore non profit . 

Considerando il numero di istituzioni, gli incrementi percentuali maggiori si osservano in Basilicata (8,8%), Molise (8,7%) e Calabria (5,6%); aumenti più contenuti si rilevano in Abruzzo (0,2%), Provincia autonoma di Bolzano (0,5%) ed Emilia- Romagna (0,7%). Le variazioni sono di segno negativo in Umbria (-0,5%) e nelle Marche (-0,4%). Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, le regioni maggiormente interessate dalla crescita degli occupati sono Basilicata (+9,5%), Campania (+7,9%) ed Emilia-Romagna (+5,0%) [iii].

L’ISTAT evidenzia che il maggior numero di istituzioni non presenta dipendenti. E maggioritaria è la classe 1-2 dipendenti[iv]. 

Per quanto riguarda il profilo giuridico crescono le Fondazioni (16,4%), diminuiscono le Cooperative sociali (-3,3%). In assoluto prevalgono le Associazioni riconosciute o non riconosciute (292.174,  con +85,1%).

Il contributo occupazionale maggiore rimane quello delle Cooperative sociali in termini assoluti ( oltre 428 mila dipendenti) e percentuali (52,7% dell’intero settore Non Profit),  nonostante la diminuzione del numero di imprese [v].

Questi sono i settori di attività delle istituzioni non profit.

In termini assoluti nel 2016 le attività maggiori sono nel settore Cultura, Sport e Ricreazione (oltre 220 mila associazioni), seguite da Assistenza sociale e protezione civile (oltre 32 mila), Relazioni sindacali – Rappresentanza di interessi (oltre 21 mila) e Religione (oltre 16 mila). 

Gli incrementi 2016 -2015 registrano la maggiore crescita delle istituzioni religiose (14,4%), ambientali (6,2%), Relazioni sindacali e Rappresentanza di interessi (5,8%).

Il contributo occupazionale più rilevante nel 2016 è fornito da Assistenza sociale e Protezione civile (oltre 295 mila dipendenti), Sanità ( oltre 183 mila) Istruzione e Ricerca (oltre 122 mila) [vi].

La classe 10 e più di dipendenti si riscontra nei settori Assistenza sociale e Protezione civile (3.834 istituzioni), Istruzione e Ricerca (2.991 istituzioni), Sviluppo economico (1.838 istituzioni), Sanità (1.811 istituzioni). Pur differenziate tra le attività sono consistenti le istituzioni senza dipendenti[vii]. 

L’ISTAT confronta alcune caratteristiche dei dipendenti tra Non profit e Profit (in questo caso Industria e Servizi).

Nel Non profit la percentuale di occupazione femminile è nettamente superiore al Profit.

giovani sono più presenti nel Profit. La fascia di età 30-49 anni ha una consistenza analoga tra Non Profit e Profit. Risulta nel Non Profit maggiore la fascia di età oltre i 50 anni.

Leggermente più consistente nel Profit è la presenza di persone provenienti da paesi fuori Unione Europea.

Per quanto riguarda il titolo di studio

  • il diploma di licenza di scuola secondaria di primo e secondo grado è più presente nel Profit; 
  • il diploma di istruzione terziaria, di laurea magistrale e di primo livello è in percentuale nettamente superiore nel Non Profit; 
  • altri diplomi non presentano rilevanti differenze [viii]. 

I lavoratori dipendenti per i quali le istituzioni non profit hanno beneficiato di sgravi contributivi sono 40.436 nel 2016 (5,0% del totale). Nel 70,8% dei casi si tratta di fasce socialmente deboli rispetto all’ingresso nel mercato del lavoro (come detenuti, disabili e donne svantaggiate).

Le imprese hanno usufruito di agevolazioni fiscali principalmente per l’ impiego di giovani(65,4%). 

Altro confronto effettuato tra i due settori di attività è quello relativo all’ inquadramento professionale, alla tipologia contrattuale, al regime orario.

Nel Non Profit è prevalente il lavoro impiegatizio; nel Profit quello operaio

Poca differenza percentuale per quanto riguarda la tipologia contrattuale: i valori del tempo determinato ed indeterminato sono allineati; prevale in modo notevole nelle due situazioni il tempo indeterminato. 

Maggiore è la differenza nei regimi di orario: tempo pieno e parziale sono quasi equivalenti nel Non Profit, ma nel Profit oltre il 70% è rappresentato da tempo pieno[ix].

3. Osservazioni

Si tratta di dati relativi all’ aggiornamento – non del tutto completo – del Censimento permanente delle istituzioni non profit. E’ un significativo sviluppo di indagini collegate alla riforma del Terzo settore, area di attività non approfondita fino al Censimento 2011 ed ora oggetto di apposito Censimento permanente, al pari di altre aree di indagine[x].

Le informazioni risalgono al 2016 e contengono confronti non omogenei da un punto di vista metodologico.

Nelle comunicazioni dell’ISTAT di ottobre 2018 non appaiono, per esempio, i dati relativi al volontariato, disaggregazione presente nel Censimento 2015[xi].

Comunque si è messo in atto un processo che potrà facilitare la conoscenza e lo sviluppo di politiche del Terzo Settore.  Ammesso che il Governo proceda nei circa 20 adempimenti di perfezionamento ed attuazione della disciplina, atti sollecitati anche recentemente dal Forum. E si prodighi nel considerare il Non Profit come fattore di sviluppo economico e sociale indispensabile in questa fase di ridefinizione del welfare.

 


[i]Vedi Istat. Struttura e profili del settore non profit. Il settore non profit è diventato oggetto dei Censimenti permanenti dell’Istituto statistico.

[ii]Pur presenti annualità precedenti non è possibile un confronto per le diverse fonti e metodologie usate in precedenza. 

Vedi Prospetto 1. (in ISTAT, citato)

 

[iii]Vedi Prospetto 2. (in ISTAT, citato)

 

 

[iv]Vedi Prospetto 3. (in ISTAT, citato)

 

 

[v]Vedi Prospetto 4. (in ISTAT, citato)

 

[vi]Vedi Prospetto 5. (in ISTAT, citato)

 

 

[vii]Vedi Prospetto 6. (in ISTAT, citato)

 

 

[viii]Vedi Prospetto 7. (in ISTAT, citato)

 

 

[ix]Vedi Prospetto 8.  (in ISTAT, citato)

 

Vedi anche Figura 2. 

 

 

[x]Vedi https://www.istat.it/it/censimenti-permanenti.

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