Padre Arturo Sosa è il 30° successore di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù. Il primo “Papa Nero” non europeo dei gesuiti, anche questo è un segno dei tempi. Latinoamericano, come Papa Francesco, del Venezuela. Porta nel suo sguardo sul mondo anche la competenza degli studi di politica. In questa intervista a tutto campo, Padre Sosa, ci offre una chiave di lettura, il discernimento, su molte questioni che riguardano la Chiesa e il mondo contemporaneo.
Padre Sosa, Lei due anni fa, dalla 36° Congregazione generale della Compagnia, è stato eletto successore di Sant’Ignacio de Loyola. Ignacio è il Santo del discernimento. Una parola che sta molto a cuore a Papa Francesco, come ad ogni gesuita. Può spiegarci, in breve, il significato profondo della parola?
I Vangeli raccontano come Giuseppe decide di accettare Maria, incinta, come sua moglie. Giuseppe, dopo molte esitazioni, contravviene alla legge mosaica che aveva rispettato per tutta la vita. Lo fa perché ha sentito il messaggero che gli assicura che si tratta di un’opera di Dio. Giuseppe, dicono le scritture, era un uomo giusto, amava Dio e amava Maria. Guidato dal suo sentimento interiore, apre le porte della sua casa e il suo cuore a Maria, sua moglie, e al bambino che porta in grembo, assumendo tutte le responsabilità di marito e di padre. Giuseppe ha fatto un vera e propria scelta spirituale. La premessa è che Dio è presente e agisce nella storia umana. Dio può e vuole comunicare con gli esseri umani come comunicano gli esseri liberi, a partire dall’amore rispettoso dalle decisioni degli altri. Giuseppe si trova di fronte a una decisione trascendentale: rifiutare o accettare Maria sua sposa promessa, come sua moglie. La comunicazione onesta, aperta e libera lo porta a scegliere di prenderla in moglie, mantenendo la promessa fatta anche in circostanze fuori dal suo controllo.
Il discernimento è un processo complesso, per il quale non esistono formule o ricette. Così Gesù ci insegna nella parabola della zizzania e del grano. Ciò che sembra zizzania (malerba) può esser grano. È necessaria una sensibilità spirituale per distinguere i moti dello Spirito dall’inclinazione al male travestito esternamente come bene. L’esito del processo consente di confermare che si decide secondo lo Spirito.
La pace profonda che consente di affrontare situazioni inedite deriva dall’essere in sintonia con lo Spirito e garantisce che si sia scelto di seguire il Signore. La scena della preghiera di Gesù nell’orto prima della passione e della morte imminenti è la migliore immagine di un discernimento che sceglie di porsi completamente nelle mani di Dio e affidarsi pienamente alla sua promessa di vita, affrontando le sofferenze conseguenza dell’ingiustizia umana.
Utilizzando questo discernimento, come si presenta il mondo agli occhi del Successore di Sant’Ignacio?
Come una sfida e un’opportunità. Il cambio di epoca storica, con l’ emergere della società laica e della cultura digitale, in cui abbiamo iniziato a vivere, apre nuove opportunità – per gli esseri umani e per le società contemporanee – di progredire verso la riconciliazione attraverso il raggiungimento della giustizia sociale e di ristabilire l’equilibrio con l’ambiente. Si tratta d’una nuova opportunità per annunciare la Buona Novella che Gesù ci ha dato, insegnandoci con la sua vita e la sua parola la via per una vita pienamente umana.
La sfida consiste nel trovare il modo migliore per veicolare il messaggio, che non può prescindere da un comportamento coerente con esso da parte di chi lo diffonde. Pertanto un primo aspetto di questa sfida complessa e stimolante è la conversione di noi che ci professiamo seguaci di Gesù Cristo e quindi la profonda riforma della Chiesa affinché la coerenza della vita sia il primo annuncio della fede che ci muove e dà senso alla nostra vita. Seguendo l’esempio di Gesù, la sfida si affronta avvicinandosi realmente al mondo dei poveri e nell’ottica di chi subisce le conseguenze dell’ingiustizia strutturale che caratterizza i rapporti sociali odierni. Per questo, il recente Sinodo ci invita a vedere il mondo dalla parte dei giovani, che cercano in effetti di superare i limiti del mondo che hanno ereditato e di generare nuove speranze di vita.
Papa Francesco parla spesso di “terza guerra mondiale a pezzi”. Qual è secondo Lei l’elemento più pericoloso che può portare il nostro Pianeta verso il Caos incontrollabile?
La violenza che si sostituisce al rispetto per le persone, le culture e i popoli con il sopruso di chi si sente più forte o ha i mezzi per imporsi. La violenza impedisce di fare del dialogo lo strumento per instaurare rapporti giusti tra gli esseri umani e i popoli, partendo dal riconoscimento dell’altro come uguale e dal rispetto gioioso delle differenze. La guerra è la distruzione della politica come modo per prendere decisioni in grado di armonizzare gli interessi privati a vantaggio del Bene Comune. L’indebolimento della politica come modo di risolvere i conflitti e unire le persone e i popoli alla ricerca del Bene Comune conduce alla comparsa di tante guerre e di tanti diversi modi di fare la guerra, che oggi osserviamo.
Il tempo della globalizzazione ha portato, certamente, tanti guasti nel nostro mondo. Ma sarebbe ingeneroso non vedere, anche, gli elementi positivi. Quali sono per Lei?
Ci sono molti aspetti positivi. Voglio citarne solo alcuni. La consapevolezza di un’umanità culturalmente ricca e diversificata e creativa per la sua immensa diversità. Riconoscerci come esseri umani nella varietà delle espressioni culturali che esistono, sono esistite ed esisteranno ha portato ad accettare la dignità di tutti gli esseri umani e il riconoscimento dei Diritti Umani come base per le relazioni tra tutti i popoli. Siamo lontani dal poter dire che i diritti umani di tutti siano rispettati integralmente, ma che esista questa prospettiva è qualcosa che lascia sperare.
Prima accennavo all’emergere della società secolare in cui si tratta di garantire spazi liberi che consentano lo sviluppo delle persone e dei popoli in condizioni migliori che in altre epoche storiche. La società laica apre nuovi spazi per una libertà decisionale personale e per modalità democratiche di fare politica. Inoltre crea spazi per la libertà religiosa e il dialogo interreligioso. Resta pur sempre un ideale, ma anche una reale possibilità. Lo sviluppo scientifico-tecnologico e i suoi effetti sulla vita quotidiana attraverso la moltiplicazione dei beni che fungono da civilizzatori a disposizione di un numero crescente di persone e di popoli è una porta aperta nonostante tutte le sue ambiguità. La rivoluzione delle comunicazioni ha sicuramente cambiato il modo in cui ci relazioniamo, con conseguenze che ancora possiamo solo intravvedere in termini di opportunità e di minacce.
In Occidente ed anche in America Latina soffia il vento, pericoloso, del populismo sovranista. Qual è il suo giudizio e quello dal punto di vista della Dottrina Sociale della Chiesa?
Il populismo è una minaccia molto pericolosa per lo sviluppo politico e sociale dei popoli del mondo. Dietro agli atteggiamenti populisti si celano nuove forme di dominio di pochi sul resto dell’umanità. Molte forme di populismo sono solo varianti del personalismo tipico delle forme dittatoriali di esercizio del potere politico.
Con un linguaggio ambiguo il populismo sostituisce il popolo, i cittadini organizzati, come soggetto della vita pubblica, privandoli del loro potere decisionale per concentrarlo nelle mani di pochi. Il progredire del populismo è il più grande ostacolo allo sviluppo della democrazia nel nostro tempo.
Perché la Sinistra in America Latina non è più un segno di speranza per i poveri?
Neppure la destra lo è in America Latina o in qualunque parte del mondo. La realtà dello sviluppo politico e sociale ha creato confusione su ciò che significa destra e sinistra. Le ideologie politiche estremiste e l’emergere di forme di populismo di destra e di sinistra hanno diluito i concetti di destra e sinistra. È il momento di rafforzare i processi di personalizzazione e di organizzazione dei poveri perché basino le loro speranze in quelle che sono le loro potenzialità, indipendentemente da false ideologie di redenzione di segno contrapposto o dai populismi che generano false speranze.
Siamo anche nel tempo della crisi generalizzata della politica. Oggi nel mondo sono pochi i veri statisti, cioè politici che hanno una visione del bene comune globale. Cosa fare per ridare dignità alla politica?
Sviluppare la coscienza civica, vale a dire ampliare ed approfondire l’educazione politica in tutti i settori sociali e in tutte le generazioni. La coscienza civica nasce dall’esperienza della necessità degli altri di poter vivere come esseri umani. Gli esseri umani sono esseri sociali, cioè esseri politici. Per potere non solo sopravvivere, ma avere una vita dignitosa, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Abbiamo anche bisogno di organizzarci per creare le condizioni per una vita dignitosa per tutti. Ogni essere umano è chiamato a rendersi conto della necessità di mettere l’interesse comune al di sopra degli interessi individuali o di gruppo e agire di conseguenza. I populismi creano l’illusione di poter soddisfare gli interessi personali prescindendo dall’interesse comune e minano pertanto le possibilità di cittadinanza, democrazia e giustizia sociale.
Molti cattolici sentono la nostalgia dei partiti “cristiani”. Ha senso oggi un partito “cristiano”?
La nostalgia è una visione distorta del passato. Come raccomanda il Vangelo, non si deve versare il vino nuovo in otri vecchi … La memoria dei cristiani integerrimi che hanno dato la vita per contribuire con l’azione politica alla costruzione di società democratiche ci aiuta a ritrovare la coscienza politica di tutti i battezzati. Ogni cristiano è chiamato ad essere un cittadino ed a partecipare attivamente e consapevolmente alla vita pubblica. Alcuni saranno anche chiamati a fare dell’azione politica il loro progetto di vita. Toccherà alla comunità cristiana motivare e indicare la dimensione politica della vita umana che deve ha bisogno di trovare nuove forme di organizzazione politica che approfondiscano la democrazia e superino i populismi e ogni forma di tirannia e di dittatura.
Parliamo dell’immigrazione. Oggi in molti paesi dell’Unione Europea, e in particolare in Italia, c’è una visione cattiva, alimentata dalla propaganda del partito della Lega Nord, una visione che crea la paura del diverso, dello straniero. La Compagnia è in prima fila sulla frontiera dell’accoglienza. Le chiedo cosa fare per spezzare la spirale della paura e dell’indifferenza (che investe anche molti cattolici).
Il faccia a faccia è il modo migliore per scoprire l’umanità dell’altro che viene in cerca di una vita migliore. Il contatto personale è il miglior antidoto alla paura dell’ignoto. Chi è costretto a lasciare le sua casa per la violenza o per la povertà o perché cerca nuovi orizzonti di vita, va in cerca di una vita migliore per sé e per i suoi familiari. Viene, quindi, con tutte le sue energie, disposto a contribuire ad una vita migliore. Porta anche la ricchezza della sua cultura, le competenze personali e la formazione tecnica o professionale che può aver acquisito. Chi viene può e vuole contribuire a una vita migliore nel posto in cui si reca, il che, a sua volta, gli consente di aiutare i suoi familiari, dai quali ha dovuto separarsi. Offrire spazi e modi di incontro per riconoscere le diversità e apprezzare il contributo che possono dare è un mezzo per superare i pregiudizi, non avere paura e riconoscere l’altro come un fratello o una sorella con cui poter costruire una vita migliore per tutti.
La predicazione sociale di Papa Francesco è molto esigente. Come è accolta, secondo lei, nella Chiesa Universale?
Non esiste un unico modo di recepire questo messaggio. Per molti si tratta di un messaggio di speranza che deriva dalla sua esperienza spirituale fondata sulla contemplazione del Gesù dei vangeli. Per altri è una deviazione dottrinale pericolosa. Altri vanno oltre e pensano che derivi fuori delle sue funzioni di capo del corpo della Chiesa. Gran parte del popolo di Dio lo recepisce come un messaggio in sintonia con la brezza rinfrescante che il Concilio Vaticano II ha portato alla Chiesa.
Molti “nemici” di Papa Francesco, all’interno della Chiesa, hanno cercato di delegittimare il Papa. Con accuse gravi e pesanti. Cosa ha dire Lei a questi nemici del Papa?
Li invito a mettersi davanti al Signore in croce e ad esaminare la loro esperienza di fede per discernere gli spiriti che muovono le accuse che fanno.
Li invito inoltre ad utilizzare i modi e i canali di correzione fraterna che esistono nella Chiesa, evitando la tentazione di essere solo dei protagonisti mediatici. Chiamare il Papa alla riflessione, se si ritiene in coscienza di aver qualcosa da dire a chi è responsabile di curarsi dell’unità di tutto il corpo della Chiesa e portare l’annuncio della Buona Novella al mondo di oggi, lo si deve fare attraverso i mezzi consacrati dalla sana tradizione della Chiesa.
Il Papa fa molto affidamento sulla Compagnia per supportarlo nell’opera di evangelizzazione. Più volte vi ha invitati ad essere “creativi”. In quale frontiera si esprime di più la vostra creatività?
Il cambiamento epocale che stiamo vivendo ci obbliga ad essere creativi in tutti i campi in cui ci muoviamo. L’accompagnamento attraverso gli Esercizi Spirituali è stato uno dei campi in cui abbiamo trovato molti nuovi modi per condividere questo tesoro spirituale, mantenendo la fedeltà al metodo ignaziano e proponendo modi di offrirlo adatti alle persone e alle loro condizioni di vita. Il campo educativo a tutti i livelli è una sfida costante alla tradizione pedagogica della Compagnia di Gesù, oggi ampiamente condivisa tra i Gesuiti, compagni e compagne nella missione. Offrire ai bambini e ai giovani, in contesti sociali così diversi come quelli attuali, le opportunità di formazione che consenta loro di acquisire le attitudini e le capacità per muoversi liberamente nel presente e prepararsi a vivere in un futuro che non riusciamo neppure immaginare come sarà.
C’è un cancro mortale nella Chiesa, ed è quello del crimine della pedofilia. Nonostante la tolleranza zero di Papa Francesco le cose non vanno tanto bene. Molto si è fatto ma molto resta ancora da fare. Le chiedo: da dove cominciare per estirpare questo crimine?
Si deve cominciare dalla preghiera, dal digiuno e dalla penitenza, come ha ricordato Papa Francesco nella sua lettera al Popolo di Dio del 20 agosto 2018. Non si tratta solo di “casi”, ognuno inaccettabile, né solo della condizione di coloro che hanno abusato (clero, vescovi, religiosi). Il problema è di fondo: le nostre società hanno una “cultura di abuso” che si esprime non solo in abusi sessuali, ma anche in abusi di coscienza e di potere, che hanno provocato meno scandalo, ma più danni. Solo in una relazione intima con il Signore e aprendo i nostri cuori alla sua grazia e alla sua ispirazione troveremo la forza e la via per affrontare la situazione. La giustizia per le vittime è una condizione senza la quale nulla di ciò che si fa può essere efficace. Si tratta di ascoltarle veramente, denunciare, assoggettarsi al diritto civile e a quello canonico; soprattutto, accompagnarle nel processo di riparazione, cercando di raggiungere la riconciliazione. Coloro che hanno commesso questo crimine devono, da un lato, assumersi le conseguenze legali, civili e canoniche. D’altra parte si devono garantire le condizioni di vita che evitino ogni ricaduta e gli aiuti necessari nella misura del possibile per cambiare la loro vita. In generale, dobbiamo fare in modo che tutte le istituzioni della Chiesa abbiano programmi di prevenzione e protocolli di comportamento adeguati nei rapporti con i minori e con le persone vulnerabili. Meglio ancora che questi programmi vengano mantenuti sempre attivi e siano gestiti da agenzie specializzate e indipendenti. Sono anche necessari protocolli aggiornati per affrontare i casi che si possono presentare, facilitare la denuncia, garantire giustizia e la riparazione in ognuno di essi. Senza indugio si dovrebbe anche avviare un’azione sistematica e approfondita per promuovere una cultura di tutela dei bambini e delle persone vulnerabili. Promuovere cambiamenti strutturali nei rapporti sociali, soprattutto nella concezione e nell’uso del potere, che consentano di rendere la vita sociale uno spazio sicuro e dignitoso.
La Chiesa ha crisi di vocazione eppure voi gesuiti siete ancora tanti. In quale area del mondo siete in espansione? Cosa vi rende attraenti?
È il Signore che chiama. Speriamo che continui a chiamare molte persone a una vita cristiana radicale nella varietà di possibilità offerte dalla vita moderna. Noi cerchiamo di aiutare ad ascoltare quella chiamata e di accompagnare i processi di discernimento e di scelta. Non guardiamo tanto al numero ma alla qualità; manteniamo un processo di formazione impegnativo e lungo prima dell’incorporazione definitiva nella Compagnia di Gesù. Apriamo le porte a persone di qualità umana, spirituale, intellettuale ed apostolica … Se sono molti, siano i benvenuti … In questo momento crescono le vocazioni per la Compagnia in Africa e in Asia, restano stabili in America Latina e diminuiscono in Nord America e in Europa. Nei prossimi decenni vivremo una diminuzione del numero di gesuiti ed uno spostamento geografico. Allo tempo stesso cresceremo in forme apostoliche nelle quali collaboriamo con molte altre persone e facendo rete.
Siamo alla vigilia del Natale. Vuole lasciare un messaggio ai cristiani che la leggeranno?
Mi auguro che l’esperienza di questo Natale ci avvicini ai poveri, a coloro che soffrono e a coloro che lavorano per la pace e si trasformi in un rinnovamento profondo della nostra speranza e ci trasformi in portavoce della speranza in un mondo che lotta per superare tanta ingiustizia per trovare il modo di per vivere come fratelli e sorelle.
*Da il blog Confini di Rai News 24 del 24/12/2019