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Europa, il populismo che disgrega la forza delle donne

Le donne vincono periodicamente e vanno incontro ciclicamente a sconfitte, anche per loro responsabilità. Un periodo cominciato con una loro inedita presenza, sia nella politica che nella società, si è concluso riproiettando il vecchio film: solo uomini sulla scena pubblica che s’incontrano, discutono, si insultano, decidono e non si accorgono di stare in una fotografia che sembra scattata in Arabia Saudita.

La maggioranza delle donne andate al potere non ha usato la propria forza per battersi e imporre la nostra agenda riformatrice, è stata subalterna agli uomini e alla fine ha perduto tutta la forza conquistata. E nella società, come per altre grandi questioni politiche, ha prevalso anche sul fronte femminile una visione datata, vecchia di intendere la libertà, il potere e il loro reale effettivo esercizio.

Non essendo per esempio riuscite a imporre come tema politico di prima grandezza, la maternità, l’accesso delle donne al lavoro resta limitato e troppo spesso ingiustamente mortificato, non abbiamo avuto congedi parentali degni di questo nome e nemmeno asili nido. Sempre più faticosa è diventata la nostra vita. E anche questo è un vecchio film.

La maternità, il lavoro delle donne, la condivisione non sono solo argomenti delle donne e non possono essere risolti sostituendo l’assenza di servizi con la famiglia. La procreazione, spostata sempre più in là, diventa di fatto impossibile e viene discreditata fino a rendere accettabile l’idea che madri e bambini si possano acquistare sul mercato.

La nostra politica continua a essere considerata secondaria e marginale, senza la dignità di questione generale. Mentre la rivoluzione delle donne è un tema fondamentale come la globalizzazione, è una delle cause più potenti della rottura del vecchio impianto della società, della famiglia e del lavoro.Se non si capisce la portata di questo cambiamento, non si può intravedere la possibilità di nuove relazioni sociali, familiari e umane, e neanche la crescita economica dell’Italia, la sua futura modernità.

Non si tratta di “difendere i diritti delle donne”, perché le donne non sono una minoranza, che rivendica ruoli, chiede riconoscimenti oppure si chiama fuori. Le donne sono il nuovo soggetto della politica riformista del nostro tempo, come indicano chiaramente il voto americano e le nuove piazza italiane convocate da donne. E se non si trasforma l‘idea di futuro, si torna fatalmente indietro, come sta accadendo.

Insomma, ci ritroviamo in una situazione per certi versi analoga a quella che ci spinse a dar vita a Se non ora quando? nel 2011, con una differenza notevole però: non siamo più innocenti e il mondo intorno è noi è stato terremotato.

Sono a rischio i valori democratici ed europeisti che hanno consentito la crescita dell’autonomia e della libertà femminile in Italia e in Europa. Non possiamo più stare a guardare, dando deleghe in bianco a chi affronterà, nelle elezioni europee del maggio 2019, una sfida decisiva per le sorti nostre e dell’Europa.

Le donne devono esserci: nelle liste, certo, ma soprattutto nella politica e nei programmi delle forze democratiche ed europeiste. Devono contribuire a ridefinirne visione, profilo e agenda. Questa è la sola via per costruire un progetto unitario, all’altezza del tempo e capace di opporsi al messaggio disgregatore populista. La forza del cambiamento viene dalla nostra libertà.

 

(*) Questo documento è firmato da: Rita Cavallari, Cristina Comencini, Licia Conte, Manuela de Rensis, Antonella Crescenzi, Fabrizia Giuliani, Francesca Izzo, Francesca Marinaro, Donatina Persichetti, Silvia Pizzoli, Anna Maria Riviello, Simonetta Robiony, Cecilia Sabelli, Serena Sapegno, Sara Ventroni 

E’ stato pubblicato sul Corriere della sera il 15/12/2019 

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