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Le donne corrono, gli uomini rincorrono

Gli uomini sanno di dover cambiare, ma non sempre ci riescono. Non sto parlando del genere umano, sto parlando del genere maschile. Le trasformazioni di cui sono state capaci le donne negli ultimi sessant’anni sono spettacolari. In ogni parte del globo, il genere femminile è andato avanti; dov’è arrivato, dipende anche da dov’è partito. Oggi la condizione di una donna cambogiana e la condizione di una donna californiana sono, ovviamente, molto diverse. Ma, in un caso e nell’altro, un progresso c’è stato. 

Anche noi maschi siamo cambiati, ma in modo meno spettacolare. La nostra corsa è stata una rincorsa. La determinazione delle donne di contare di più – sul piano personale, sessuale, familiare, sociale, lavorativo – ci ha costretto a inseguire. Alcuni di noi l’hanno fatto volentieri, altri meno. Nessuno, se è onesto, può dire di averlo trovato facile. 

Sto rileggendo un libro magnifico, Corri, coniglio (Rabbit, Run) di John Updike. Un autore dalla scrittura fatata – prende le parole, le scarta e ce le consegna lucide e nuove – racconta l’America della seconda metà degli Anni 50. Una nazione eroica, a suo modo. Ma misogina, senza dubbi e senza imbarazzo. Non molte donne, oggi, accetterebbero d’esser trattate come Janice, la moglie del protagonista, Harry “Rabbit” Angstrom. Da allora gli Stati Uniti sono cambiati. Neppure la presidenza Donald Trump, nonostante i deplorevoli sforzi, riuscirà a riportarli a quell’epoca. 

Ma qui e là, in Europa e in America, i maschi faticano. L’Occidente è avanti, nel rapporto uomo-donna, rispetto ad altre parti del pianeta (pensate al mondo islamico). Ha corso, continua a correre, correrà ancora: ma la corsa toglie il fiato. Molti uomini non riescono ad adattarsi. La parità nelle opportunità di carriera richiede sforzi, adattamenti e concessioni. La parità sessuale – nel linguaggio e nei desideri – è, per molti, sconcertante. Delicatezza e sensibilità, come spiega Barbara Stefanelli nella storia di copertina (pagg. 16-27), sono atteggiamenti per cui molti maschi ritengono di doversi giustificare. E altri maschi usano come strumento di concorrenza sleale. Ascolti, ti preoccupi, incoraggi, consoli? Ma che uomo sei? Ma che capo sei? 

Anche alcune donne – siamo onesti – rallentano questa rivoluzione. Prime tra tutte, quelle che dicono di volere uomini nuovi e sensibili, e poi si lasciano affascinare dalla brutalità e dalla scortesia, confermando i peggiori stereotipi. Per chi sostiene che il rapporto uomo-donna è questo, e non è cambiato dal paleolitico, questi atteggiamenti diventano una conferma. Ecco perché le donne nuove devono impegnarsi: incoraggino chi le incoraggia, consolino chi le consola, ascoltino mentre vengono ascoltate. 

Non è il testo di una canzone d’amore. È un modo, forse l’unico modo, per dare a noi maschi il coraggio di cambiare. Ma di cambiare sul serio, non soltanto di acquistare le mimose l’8 marzo e applaudire al “Tempo delle Donne”.

*Da 7D, 7settembre 2017 

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