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Lo sblocca cantieri e’ un blocca legalita’

Il nostro giudizio sulla legge sblocca cantieri è fortemente negativo. Si tratta di un provvedimento che non solo non consentirà la ripartenza di tante opere, attese dalla comunità. Ma rischia di rivelarsi un vero favore alla criminalità, da sempre molto interessata al settore delle costruzioni, perché interviene sul codice degli appalti liberandolo dalle regole di trasparenza, legalità, tutela dei lavoratori, tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. 

Le misure del provvedimento che contestiamo sono, in particolare, la reintroduzione del massimo ribasso, la sospensione della progettazione esecutiva, l’affidamento diretto dei lavori, il ricorso fino al 40% del subappalto, una serie di nomine di Commissari Straordinari, la discrezionalità delle amministrazioni pubbliche nel selezionare i commissari di gara, il moltiplicarsi delle stazioni appaltanti. Si tratta di azioni che non avranno alcun effetto sull’accelerazione dell’iter burocratico e che, come denunciato anche dal presidente dell’Anac Cantone, rappresentano in molti casi un favore alla criminalità organizzata, che storicamente ha sempre ‘investito’ nel settore delle costruzioni. 

Nella legge, inoltre, non c’è un elenco delle opere da sbloccare. E non si realizza neanche l’intento di semplificare, visto che saranno necessari 27 provvedimenti attuativi per rendere operative le nuove norme. Lo sblocca cantieri, dunque, non avrà alcun beneficio per le opere bloccate, anche perché stabilisce regole per i bandi futuri, regole che tra l’altro rappresentano un arretramento, a partire dalla minor trasparenza. 

Nel dettaglio: le procedure ristrette con esiguo numero di inviti comporta un aumento di discrezionalità delle stazioni appaltanti nella gestione delle gare, e limita il libero accesso delle imprese al mercato degli appalti pubblici a danno della trasparenza dei procedimenti e del contrasto ai fenomeni corruttivi. Il massimo ribasso oltre ad apparire in netto contrasto con le determinazioni comunitarie, ripropone uno degli elementi che maggiormente hanno determinato il fallimento degli impianti normativi previgenti in tema di qualità delle opere, di tempi e costi di realizzazione, di qualificazione di impresa nonché di tutela dei diritti dei lavoratori. Le modifiche previste in ordine al subappalto, invece, appaiono fortemente lesive delle tutele e delle garanzie dei lavoratori, perché con il subappalto aumenta il ricorso al dumping contrattuale. Infine consentire ai Comuni non capoluogo di diventare stazioni appaltanti per appalti anche di medie e grandi dimensioni, non considera l’attuale stato organizzativo dei Comuni e nega la strategia finora portata avanti di qualificazione e aggregazione delle stazioni appaltanti a vantaggio di una maggiore efficienza e trasparenza. A nostro avviso, invece, per sbloccare i cantieri servono interventi su più livelli, ci vogliono politiche industriali, finanziarie ed urbanistiche. Le nostre proposte le abbiamo elencate in più occasioni, anche nel corso di un’audizione al Senato: sistematizzazione degli incentivi; creazione di un Fondo di Garanzia creditizia alimentato dal sistema Bancario e Cassa Depositi e Prestiti per la messa in sicurezza finanziaria, con partecipazioni a medio termine, delle principali imprese del settore che hanno appalti pubblici già aggiudicati, ma problemi di liquidità; premialità negli appalti verdi per l’utilizzo di materiali di costruzioni a forte tasso di innovazione e a basso impatto ambientale; qualificazione delle stazioni appaltanti; norme di raccordo in materia urbanistica per favorire manutenzione profonda e rigenerazione dei quartieri; norme e strutture sussidiarie in materia di dissesto idrogeologico o edilizia scolastica in caso di lentezza o difficoltà di messa in esecuzione da parte di Enti Locali; norme per una maggiore sicurezza/premialità (Patente a punti), per il rispetto dei perimetri contrattuali contro il dumping, per il contrasto al lavoro irregolare. 

È questa la ricetta per far riaprire i cantieri, utilizzando tra l’altro le ingenti somme già stanziate e disponibili, e parliamo di diverse decine di miliardi di euro, in grado di occupare, compreso l’indotto, circa 400 mila addetti. Tutto questo accade mentre nel Paese il settore delle costruzioni, che ha perso 800 mila addetti dall’inizio della crisi, si è ridotto a rappresentare l’8% del Pil, dall’11,5% del 2008. Con questa legge, invece, si scrive la parola fine al settore, con buona pace di milioni di addetti ai lavori e dell’intera collettività, che ha il diritto di vivere in un Paese moderno e sicuro, penso a strade, viadotti, scuole, alla stessa messa in sicurezza del territorio. Per questo continueremo la nostra opera di mobilitazione, insieme a Cgil, Cisl, Uil. È stata persa una grande occasione per far davvero ripartire il Paese.

*Segretario Generale FILCA CISL

 

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