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RdC nel Mezzogiorno. Utile, ma….

1.  La presentazione dell’ultimo rapporto della SVIMEZ è stata un’occasione per riflettere sull’apporto del RdC  alle politiche occupazionali e sociali del Mezzogiorno e per indicare linee di orientamento nella misura di contrasto alla povertà.

Le riflessioni sono state proposte in contemporanea agli aggiornamenti dei dati dell’Osservatorio INPS riguardo agli andamenti della prima fase di avviamento del RdC e, opportunamente, per  individuare alcune prospettive di qualificazione, in termini di sviluppo meridionalistico, nella gestione della cosiddetta seconda fase  del provvedimento.

2. Lo scenario meridionale di riferimento  vede,  come  questioni  significative, due fenomeni: la crisi economica e il declino demografico.

Nella prima vengono annoverati: – la limitata crescita del PIL nel 2018, inferiore all’anno precedente, – il ristagno dell’occupazione. dei consumi delle famiglie. della spesa della pubblica amministrazione,  essendo gli investimenti privati la componente più dinamica della domanda interna. E per il futuro le attese non sono diverse.

La seconda questione è la crisi demografica, anzi una vera e propria “trappola demografica”, come viene definita, e il conseguente calo della popolazione: natalità in declino, crescente mortalità, emigrazioni, diminuzione della popolazione in età da lavoro, soprattutto giovani.

3. In questo quadro viene valutato l’impatto del RdC.  Innanzitutto quantitativo.

E’ ormai consolidato quale è l’andamento dei nuclei beneficiari del RdC e delle persone coinvolte. Anche l’ultimo rapporto trimestrale dell’INPS evidenzia gli addensamenti prevalenti nelle aree del Mezzogiorno e delle Isole, pur con distinzioni regionali.  Indica anche che l’importo medio mensile è maggiore nel Sud e nelle Isole.

La SVIMEZ caratterizza questo intervento nel contesto meridionale dove vige uno specifico disagio socio economico:

  • le famiglie nel 2018 con due o più occupati erano il 29,3% contro il 52,7% nel Centro-Nord con prevalenza di nuclei familiari monoreddito (2,2 milioni di famiglie, a fronte di circa 1 milione e mezzo con 2 o più occupati e 1,2 milioni senza occupati);
  • i livelli di povertà sono rimasti stabili nel 2018 dopo l’aumento degli anni precedenti (dei 5 milioni in povertà assoluta, quasi 2,4 milioni nel Mezzogiorno ; 8,4% dell’intera popolazione in Italia e l’11,4% al Sud);
  • il peggioramento della povertà assoluta nel Sud avviene soprattutto nelle grandi aree metropolitane (dal 10% al 13,6%);
  • le aree interne del Sud vengono gradualmente abbandonate;
  • la povertà riguarda sempre più i giovani, che scontano le difficoltà di entrare sul mercato del lavoro;
  • aumenta, in maniera maggiore che nelle altre aree geografiche del Paese, il numero dei lavoratori in povertà assoluta (precarizzazione, dequalificazione delle occupazioni, esplosione del part time involontario).

4. In questo scenario, quindi,  la SVIMEZ , condivide la necessità di una misura nazionale e universale di contrasto al disagio e all’esclusione sociale;  sottolinea, tuttavia, che la povertà non si combatte solo con un contributo monetario; non si deve  identificare la misura come una politica per il Mezzogiorno perché è pernicioso per l’intero Paese suddividere e quindi contrapporre  due blocchi: un Nord-produttivo e un Sud-assistito; le politiche per il Mezzogiorno, soprattutto dopo la crisi, dovrebbero passare attraverso una ridefinizione delle politiche di welfare e sul tema dei “diritti di cittadinanza”.

Pur effettuate sulla base degli andamenti della prima fase di decollo del RdC , le valutazioni della SVIMEZ definiscono “scarso se non nullo risulta, al momento, l’impatto del Reddito di Cittadinanza sul mercato del lavoro”.  Sicuramente per un sovradimensionamento delle proprie attese: un aumento del tasso di partecipazione e del tasso di disoccupazione che nei cinque mesi trascorsi non c’è stato. Anzi si ipotizza, in verità prematuramente, che il RdC stia allontanando dal mercato del lavoro anziché richiamare persone in cerca di occupazione. Prematuramente perché ancora non è in atto né l’implementazione, propria della seconda fase, del Patto del Lavoro dai centri per l’impiego, né il Patto di Inclusione sociale da parte dei comuni.

Più solida è l’affermazione che il trasferimento monetario ”spiazza” il lavoro perché tende ad alzare il salario di riserva e, di conseguenza, disincentiva il beneficiario ad accettare posti precari, occasionali, a tempo parziale.  Ma, pur nella necessità di indagini di verifica, ciò ripropone, senza altri interventi, la conferma dell’attuale destino della qualificazione del mercato del lavoro e dell’occupazione nelle aree meridionali.

5. Nella idea progettuale del RdC, (certo non nella  pensione di cittadinanza) vi è esplicitata l’intenzionalità dell’inclusione socio lavorativa nel contrasto alla povertà assoluta, anche se in un’iniziale percorso marcatamente sdoppiato. E quindi non la mera logica del sussidio monetario, che è frutto di errori di “progettazione di fattibilità” che rischiano di farla precipitare  in “conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali” .

La debolezza della misura, oltre alla presunzione di perseguire doppia finalità, risiede, soprattutto per il Sud, in alcuni profili.

In primo luogo sul versante dell’offerta dei servizi di sostegno: – elevata sottovalutazione di fatto circa la diversa disponibilità quantitativa e qualitativa  dei servizi nei territori e relativa ai tempi e alle risorse occorrenti  per la messa a regime: si parte con l’erogazione economica e dopo scattano le condizionalità sull’attivazione con tutte le implicazioni anche sanzionatorie; ciò ha maggiore significatività per molte aree territoriali meridionali; –  la messa in atto progressiva  e l’efficacia delle piattaforme tecnologiche nazionali e regionali di supporto ai centri per l’impiego per le politiche del lavoro e ai servizi dei comuni nelle politiche di inclusione: le piattaforme sono comunque strutture serventi, di auspicabile supporto e facilitazione, ma faranno i conti con le caratteristiche delle peculiarità istituzionali, produttive, sociali, culturali territoriali;  – la gestione della complessità dei requisiti dei beneficiari rispetto ai vari step dell’attivazione lavoristica e sociale: la selezione  dei beneficiari verso l’orientamento ai centri per l’impiego ed ai servizi sociali,  consegna , almeno negli affidamenti iniziali, insufficienti conoscenze dei requisiti relativi ai soggetti destinatari dei percorsi;  e tale consegna è inconsapevole della consistenza dei servizi coinvolti nella complessità delle procedure di stipula, gestione e monitoraggio dell’andamento del patto, anche per la contestuale responsabilità assunta “in solido” dai vari componenti del nucleo beneficiario.

In secondo luogo la scarsa o nulla consistenza  delle possibilità offerte dal sistema produttivo territoriale. Questo non alterabile dal sistema di  agevolazioni relativa alle assunzioni.

Le prospettive dell’inserimento lavorativo sono quelle legate allo sviluppo degli investimenti nel Sud, anche nel quadro delle proposte effettuate dalla SVIMEZ e alla formazione finalizzata.

In subordine, a fronte delle carenze di sbocchi occupazionali, intervengono i Comuni per l’utilizzo dei beneficiari del RdC  ( almeno uno a nucleo) in Progetti Utili alla Comunità (PUC), ricorrendo anche a soggetti del Terzo settore o ad altri enti pubblici. I PUC possono essere svolti in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni .  A fronte del numeri presenti, soprattutto  nelle aree metropolitane meridionali, i PUC rappresentano la possibilità più concreta di attivazione dei soggetti in termini di risorse umane a servizio delle comunità locali. E nei limiti di monte ore obbligatorio o incentivato, per integrare servizi di welfare locale, evitando di percorrere fallimentari esperienze di lavori socialmente utili o di pubblica utilità.

In terzo luogo  vi sono i percorsi propri del Patto di Inclusione, gestiti dai servizi sociali dei comuni secondo le linee guida del Ministero del Lavoro.  In questo ambito a partire dal REI, si stavano effettuando esperienze anche nelle realtà meridionali. A riguardo dei PUC o dei patti di inclusione  si ripropone la necessità di assistenza tecnica da parte delle agenzie, nazionali o regionali.

6. Il RdC è un provvedimento non ancora a regime. Si è conclusa la prima fase caratterizzata dal trasferimento economico ai nuclei beneficiari. In questo primo periodo possono essere effettuati rilievi, validi anche per le aree meridionali, relativi alla congenialità dei requisiti di accesso (esclusione di senza dimora, sottovalutazione della presenza di disabili o del numero di componenti il nucleo, documentazione congrua per gli immigrati, possesso di requisiti economici e patrimoniali “obsoleti” nell’ISEE, congenialità dell’erogazione a categorie in particolare situazione detentiva) , al relativo controllo del possesso ( indagini sul lavoro non dichiarato di appartenenti al nucleo beneficiario).

Il trasferimento monetario risulta utile ma  non  vi sono accertamenti circa l’efficacia del provvedimento nel contrasto alla povertà: quanto abbia contribuito alla fuoriuscita o all’alleggerimento delle condizioni di povertà dei destinatari.

Nel decollo della seconda fase, soprattutto lo stato di organizzazione qualificazione delle strutture di intermediazione  rappresentano un punto di difficoltà nel Sud nei tre percorsi effettivi di attivazione: l’inserimento lavorativo, i PUC, i patti d’inclusione con i progetti personalizzati.

Lo sbocco lavorativo a tempi brevi risulta complicato dalle caratteristiche del mercato del lavoro e degli investimenti in sviluppo, pubblici e privati. E questo è sottolineato dal rapporto SVIMEZ.

E quindi si propone il passaggio ai PUC e all’impegno dei Comuni con possibili ricadute su attività di welfare locale. Che è opportuno supportare con interventi di assistenza tecnica. Che è opportuno approfondire,  monitorare e governare a meno che no si voglia  riprodurre esperienze di lavori socialmente utili. Visto anche che il RdC dura diciotto mesi ed è rinnovabile.

1 Tra i limiti informativi dell’Osservatorio c’è da registrare immediatamente  la mancanza dei dati di genere relativi ai presentatori della domanda, ai titolari delle card, ai componenti il nucleo e quindi sulla platea dei beneficiari. Queste informazioni sono necessarie al fine delle stessa valutazione dell’impatto della misura sul superamento della povertà e sulla stessa gestione dell’accesso di beni e servizi tramite la card.

Per la seconda fase vedi M.Conclave, Avviata (formalmente ) la seconda fase, in Newsletter Nuovi Lavori

2 Vedi S.Bruni, SVIMEZ: Sud indietro tutta, in LabParlamento, novembre 2019.

3  La tavola seguente conferma la prevalenza del numero netto dei percettori  di RdC/PdC nel Meridione e nelle Isole; la differenza regionale. Al fine valutativo manca da parte dell’INPS la correlazione con i dati della popolazione generale e della povertà assoluta. 

 

Tavola 2  –  Nuclei percettori di RdC/PdC al netto dei decaduti dal diritto per regione e tipologia della prestazione

4 Vedi Rapporto SVIMEZ 2019. Sintesi.

5 Il rischio paventato da varie parti che il fallimento della specifica misura pregiudichi il consenso alla reale necessità di contrasto alle condizioni di povertà.

6Per una analisi e valutazione dell’impianto del RdC,  vedi M.Conclave,  http://www.nuovi-lavori.it/index.php/sezioni/1511-vademecum-per-il-reddito-di-cittadinanza

7 Sarà interessante verificare la sostenibilità, da parte delle strutture dei servizi territoriali, delle indicazioni fornite da ANPAL in merito al Patto del lavoro e dal Ministero del Lavoro in merito al Patto di Inclusione.

8 Si può ipotizzare che la spinta verso l’attivazione della nuova misura, pur a fronte degli incrementi di personale dedicato, possa comportare un’attenuazione dell’interesse verso altri target.

 

9 Vedi SVIMEZ, citato. 

10 Il Decreto Ministeriale del  precisa gli ambiti in cui non possono essere attivati i PUC: attività in sostituzione di personale dipendente dall’ente pubblico proponente o dall’ente gestore nel caso di esternalizzazione di servizi o dal soggetto del privato sociale; ricoprire ruoli o posizioni nell’organizzazione del soggetto proponente il progetto e non possono sostituire lavoratori assenti a causa di malattia, congedi parentali, ferie e altri istituti, né possono essere utilizzati per sopperire a temporanee esigenze di organico in determinati periodi di particolare intensità di lavoro.

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