Il vero dramma dell’Euro sta nel fuorviante cliché che i tedeschi hanno degli italiani sperperatori. Non ha niente a che vedere con la realtà effettiva, e con ciò minaccia la disgregazione dell’EU.
Forse è una conseguenza dei molti film sulla Mafia. Forse è anche semplicemente l’invidia per il tempo più bello, il cibo migliore, l’abbondanza di sole e di mare di cui l’Italia gode. Ci dev’essere comunque qualcosa a spiegare questa spinta a pensare che noi tedeschi siamo più parsimoniosi, seri e soprattutto più affidabili. E che gli italiani da questo lato mostrino pesanti deficienze. Una diceria immeritata che si recita ormai da decenni.
Quest’arroganza tedesca non è nuova, ma ora è particolarmente tragica. Perché? Perché la lagna tedesca ha a che vedere con la vita effettiva degli italiani quanto i crauti con le abitudini alimentari dei tedeschi a Wanne-Eickel (città della Ruhr, assorbita nel 1975 da altre amministrazioni nella generale ristrutturazione del grande bacino industriale: ignoro il senso di questo riferimento, noto solo ai tedeschi – ndt) oppure la vantata puntualità tedesca con la velocità con cui viene costruito il grazioso aeroporto della nostra capitale (si tratta del principale aeroporto di Berlino non ancora ultimato, in costruzione da dopo la caduta del muro ma non ancora pronto, divenuto leggenda e oggetto di sfottò soprattutto tra i berlinesi, ndt). Fin qui c’è solo da ridere.
Tutt’altra cosa è la penosa controversia se i tedeschi debbano acconsentire agli Eurobond per aiutare altri o se, invece, preferiscano fantasticare sul fatto che gli italiani avrebbero dovuto risparmiare in passato. Ciò dovrebbe spiegare la riluttanza dei tedeschi a far partire finalmente nel vertice di questa settimana un’azione di salvataggio di portata storica. Il dramma che incombe sull’Europa non sta nel fatto che gli italiani sono fuori gioco, ma nella percezione predominante che ne hanno i tedeschi.
Se lo Stato italiano in una crisi come l’attuale finisce sotto pressione finanziaria, ciò dipende – sempre che la colpa sia degli italiani – dal fatto che il Paese ha una quota piuttosto elevata di debito pubblico, vale a dire molti crediti dagli anni passati. Ma ciò ha poco a che vedere con la realtà della vita di oggi, bensì con una fase di effettivo deragliamento avvenuto negli anni ottanta, ciò che a quell’epoca non aveva a che vedere di per sé con una mentalità sperperatrice, ma anche con un improvviso balzo all’insù dei tassi di interesse, come sostiene Antonella Stirati dell’Università di Roma Tre.
Tutto ciò da quattro decenni a oggi. Un piccolo esercizio di memoria: se noi tedeschi non avessimo avuto dei così buoni amici all’estero, che nel 1953 ci hanno condonato una parte dei nostri debiti, noi saremmo ancor oggi con i nostri debiti ancora in braghe di tela (versione libera, che rende il senso: ndt). Come vada a finire quando si deve continuare a pagare debiti sorti storicamente, lo ha mostrato ad abundantiam la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale, quando alla fine il sistema andò a gambe all’aria, come rischia di fare l’Italia da anni.
Quanto gli italiani nei tempi recenti siano stati negligenti – supposto che effettivamente lo siano stati – lo si può desumere meglio dall’evoluzione del corrente bilancio annuo. Dal 1992 i governi italiani hanno avuto eccedenze di bilancio anno dopo anno, tenendo conto del pagamento degli interessi per il servizio del vecchio debito. Ciò significa che da 30 anni lo Stato dà ai suoi cittadini meno di quello che toglie loro. Unica eccezione l’anno della crisi finanziaria mondiale 2009. Questo è risparmio record, altro che negligenza, cara massaia sveva (la “schwäbische Frau” è l’equivalente tedesco della “casalinga di Voghera” di Arbasino, ndt).
Tutto ciò è diventato catastrofico dal momento della crisi dell’Euro, quando capi di governo come Mario Monti attuarono una riforma dopo l’altra sotto la pressione internazionale e anche tedesca, ora sul mercato del lavoro, ora sulle pensioni. Dolce vita? Assurdità. Dal 2010 gli investimenti pubblici in Italia sono caduti del 40 %. (così Stirati). Un collasso in piena regola. Per l’istruzione lo Stato oggi investe quasi un decimo in meno. Errore!
La spesa pubblica in Italia è stagnante dal 2006, mentre in Germania è cresciuta quasi del 20%. Il che non è il caso di legittimarlo come una sorta di bilanciamento col fatto che prima in Italia si sarebbe speso troppo. In Germania papà Stato dà pro-capite un quarto in più che in Italia. Ciò che in queste settimane viene percepito come una miseria.
Tutto questo nell’attuale crisi del Coronavirus diventa un dramma generale: anche le spese pubbliche per la sanità in Italia sono state tagliate a partire dal 2010, mentre in Germania sono andate crescendo di anno in anno. Ciò ha fatto sì che in Italia, allo scoppio della pandemia, mancavano i letti e sono morte persone che oggi potrebbero essere ancora in vita. Certo, nessuna colpa diretta dei politici tedeschi. Ma è giunto il tempo di farla finita con lezioni sbagliate e di contribuire a evitare il disastro, caro signor Schäuble. E magari di dire “scusa”.
Invece in questi giorni i clowns tedeschi specialisti in dichiarazioni universali continuano a scrivere in tutta serietà della “crisi di astinenza di crediti” degli italiani. Anche qui una piccolo dato di fatto: in nessun altro paese dell’EU i debiti privati sono a un livello così basso in rapporto al prodotto interno lordo come in Italia.
Ci chiediamo: come mai nelle settimane passate in Italia la percentuale di coloro che vorrebbero lasciare l’EU è salito sopra il 50%? Per cominciare a capirlo si dovrebbe per un momento calarsi nei panni di quelle persone che a Milano o a Bergamo hanno sperimentato nella loro vita quotidiana l’effetto dei tagli alla sanità prima citati, in ospedali sovrappieni dove magari hanno perduto il padre o la madre, e adesso leggono di presuntuosi tedeschi che dicono che avrebbero dovuto risparmiare prima. Come italiano li avrei mandati a quel paese (l’espressione tedesca è intraducibile, è più… colorita, ndt).
Tutto ciò non andrebbe imputato ai tedeschi in quanto tali. Dietro c’è piuttosto il grande fallimento di coloro che da noi esercitano la politica da professionisti piuttosto spericolati, che si atteggiano a pontefici dell’economia o si abbandonano ai risentimenti. E quelli che per pigrizia o per qualche altra ragione rimestano gli amati clichés, invece di occuparsi delle persone e delle regole relativamente semplici della macroeconomia e della statistica. Ma questo non basta per parlare sempre e solo dell’antico livello del debito dell’Italia.
Se il debito pubblico è ulteriormente aumentato, non può dipendere dalla mancanza di risparmio. Chi nelle crisi taglia e alza le tasse, non fa che peggiorare la situazione economica e quindi il bilancio: alla fine avrà più debiti e deficit di prima. Sono cose che andrebbero spiegate con buona volontà anche in Germania. In fondo non siamo più idioti di altri.
Se per anni Hans Werner Sinn ha strombazzato la favola dei cattivi sudeuropei, lo si deve più a eccesso di convinzione o, magari, a risentimento che a scarsa competenza (questa sicuramente no). Già è una follia che persino ex capi economisti della BCE come Ottmar Issing sembrano dimenticare tutti i numeri elementari e invece sinistramente insinuano che i politici italiani vogliono gli Eurobond solo per poter continuare a indebitarsi senza fine – dopo che i politici italiani hanno ottenuto eccedenze per tre decenni. Cosa vuol dire questo?
(Hans Werner Sinn è economista tedesco, già presidente dell’Istituto federale Ifo per la ricerca economica dal 1999 al 2016, oggi membro del Consiglio consultivo del Ministero dell’economia tedesco, professore emerito di economia e finanza pubblica all’Università di Monaco, ndt)
Forse per salvarsi l’Europa ha bisogno innanzitutto di nuovi esperti tedeschi. Alcuni, che ora fanno sentire alta la loro voce, non fanno che danneggiare la buona immagine tedesca nel mondo.
Non siamo in un circo equestre, ma dentro una seria crisi, che toglie il respiro. Andando avanti così le cose, crescerà il numero degli italiani che ne hanno abbastanza di questa Europa e non vogliono più sentirsi dire cose sulla loro vita quotidiana da gente che non ne ha la minima idea.
Questo è il momento di porre fine al dramma, magari con gli Eurobond come simbolo di una comunità di destino, che comunque condividiamo con la moneta comune. Tedeschi hanno ancora tempo per raddrizzare la curva dopo le contorte settimane scorse.
In caso contrario, ancora un paio d’anni e l’Unione europea non esisterà più. E in Italia, ma anche in Francia, salirà al potere gente che, come ora Donald Trump e Boris Johnson, non ha la minima voglia di partecipare al gioco. Al gioco che da decenni ha garantito alla Germania il suo benessere.
*“Der Spiegel” 24-04-2020
**Fondatore e direttore del Forum New Economy nel quale economisti discutono su nuove risposte alle grandi sfide del nostro tempo. Dal 2007 dirige il portale internet WirtschaftsWunder (Miracolo economico). Dal 2002 dal 2012 è stato redattore economista capo del Financial Times Germania.
(traduzione di Bruno Liverani)