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Una grande occasione, sciuparla sarebbe imperdonabile

L’impatto potenziale del Recovery Fund sul nostro sistema economico è paragonabile solo al Piano Marshall: nei prossimi anni il Paese potrà contare sull’equivalente di 7/8 leggi di bilancio. Come si dice, una grande occasione. Naturalmente è forte la preoccupazione, giustificata da una diffusa inefficienza della nostra macchina amministrativa, circa la nostra capacità di spendere, e casomai di spendere bene, le risorse. Questo in effetti è il tema più rilevante: alla fine penso che le proposte del Governo saranno formulate nei tempi prescritti e con contenuti accettabili, anche perché evidentemente frutto di una negoziazione con la Commissione Europea, che peraltro ha indicato gli ambiti entro i quali, pur con una certa flessibilità, dovranno essere predisposti i progetti. 

Oggi da tutte le parti si presentano idee: in alcuni casi con la logica dell’“ora o mai più”, si rispolverano progetti mai attuati e, forse, non del tutto cantierabili. Ma, ripeto, non è questo il dato preoccupante. La vera questione che l’Italia ha di fronte è l’attuazione dei progetti, la capacità di spesa, l’efficacia della macchina amministrativa. 

Tra i progetti che certamente verranno finanziati vi è quello della riforma e della digitalizzazione della PA: che, notoriamente, è solo parzialmente questione di soldi. E’ piuttosto insufficiente la forza nell’introdurre procedure più flessibili, carriere meritocratiche, taglio netto dei feudi e dei privilegi dei molte figure apicali, capaci di condizionare pesantemente la politica. 

Questa preoccupazione è condivisa da tutti: ed il Governo, mentre scrivo questa nota, si accinge ad un’operazione assai rischiosa. Con lo scopo di conquistare la simpatia dell’opinione pubblica, nomina sei super manager, pare con quindici collaboratori ciascuno: per un totale di 90 persone. Difficile pensare che, siccome Ministri e Ministeri non vengono congelati, la nuova struttura perderà molto del suo tempo a “mediare” con i Ministeri che, ovviamente, faranno di tutto per dimostrare l’inutilità della nuova struttura. Spero di sbagliare, ma potrebbe essere un gran pasticcio, a meno che ai supermanager non vengano, di fatto, assegnati ruoli di mera consulenza.

Guardando ai contenuti, e guardando soprattutto al Sud, bisogna trovare un giusto equilibrio tra interventi strutturali che produrranno effetti sull’efficienza e la produttività del sistema Italia nel corso degli anni, e quelli destinati a rendere più forte il “rimbalzo” post-crisi. Penso che gli interventi strutturali siano i più importanti, anche perché solo il Recovery Fund ha la potenza finanziaria per farceli realizzare. L’esempio classico è quello del dissesto idro-geologico: in occasioni di inondazioni, smottamenti, alluvioni, ci ripetiamo che siamo in ritardo con l’attività di manutenzione, che i danni (spesso drammatici) sono più costosi degli investimenti di prevenzione e che non abbiamo soldi per forti investimenti in conto capitale. 

Adesso sarebbe il momento giusto: e questo schema di ragionamento vale per molti ambiti. In ogni caso, proprio al Sud è necessario intervenire sull’assetto idrogeologico.  E volendo indicare altre priorità indicherei forti investimenti nel capitale sociale, nella mobilità interna all’area e nella ricerca scientifica. Per quanto riguarda il capitale sociale è finalmente questa l’occasione per invertire il paradigma delle politiche di sviluppo del Sud. Capire finalmente che il sociale viene prima dell’economico e che anzi ne è la premessa indispensabile. Non pensare più che la povertà educativa è conseguenza del basso livello della ricchezza dei territori, ma che è vero il contrario; che lo stato di intollerabile degrado delle periferie, vero concentrato di tutte le patologie sociali, non è determinato dallo scarso sviluppo delle città, ma che è vero il contrario. E così via discorrendo per le disabilità, i migranti, le donne vittime di violenze: tutte le fragilità, considerate dal modello di sviluppo dominante come spiacevoli e (nel migliore dei casi) deprecabili, ma inevitabili conseguenze della crescita, devono essere invece assunte come leva per lo sviluppo. 

70 anni di politiche straordinarie per il Sud basate sulla convinzione che bastasse trasferire risorse finanziarie e modelli di produzione dati, non hanno funzionato. Si può e si deve cambiare strategia: ed il Recovery Fund consente di farlo, finalmente su larga scala. 

Per la mobilità occorre recuperare i gravi ritardi nelle connessioni interne al Sud: per andare da Palermo a Lamezia Terme bisogna fare scalo a Roma; per andare da Bari a Reggio Calabria ci vuole più tempo che da Bari ad Oslo. La mobilità non può essere solo “verticale” da Sud verso Nord, ma trasversale, per migliorare le opportunità per i cittadini e per le imprese.  

Ed infine per la ricerca scientifica aumentare le opportunità dei nostri territori. Tutti parliamo della fuga dei cervelli, che, oggettivamente, è un grave dramma per il Sud; ma forse pochi percepiscono che, se si investisse di più sulla ricerca, si accentuerebbe un importante fenomeno in atto: il rientro dei cervelli, ma anche la scelta per molti ricercatori e lavoratori stranieri di trasferirsi al Sud.

Tutto il resto, per il Sud, sono interventi e politiche già viste.

*Presidente Fondazione Con il Sud

 

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