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Morti che sono tutto tranne che bianche

L’argomento degli infortuni sul lavoro, soprattutto delle morti definite malamente “bianche”, è purtroppo tornato di grande attualità in questa fase di recrudescenza di infortuni mortali del primo quadrimestre del 2021, che coincide, non a caso credo, con una ripresa delle attività produttive. 

Come continuare a far scendere, fino ad azzerare, questo odioso fenomeno è uno degli obiettivi del movimento sindacale italiano, che è stato sempre all’avanguardia nella lotta contro gli incidenti e per rivendicare la salubrità dei luoghi di lavoro. A tale proposito consiglio la lettura del volume riassuntivo, a cura di Claudio Stanzani, di una ricerca finanziata da INAIL: “Il Centro Ricerche e documentazione rischi e danni da lavoro (1974-1985)” – uno studio storiografico, sociologico e giuridico di una stagione sindacale” Ed. Franco Angeli . Un grande impegno che ha dato molti frutti e non siamo certo all’anno zero. 

Infatti, se osserviamo le serie storiche dei dati INAIL vediamo che nel 1970 le denunce di infortunio furono 1,6 milioni e quelle di incidente mortale 3675. Dopo 50 anni, nel 2019, le denunce sono scese a circa 645 mila, con 1156 accadimenti mortali. Una fortissima riduzione, quindi, con un milione di denunce in meno all’anno e con la riduzione a meno di un terzo dei morti. 

Ma non basta, certamente. Anche perché negli ultimi cinque-sei anni, soprattutto gli avvenimenti mortali, si sono stabilizzati e le curve dei grafici non scendono più. La soglia delle denunce di morti sul lavoro non scende mai sotto i millecento morti, mediamente tre al giorno. Insopportabile.

Recentemente le segreterie di CGIL-CISL-UIL hanno opportunamente lanciato una nuova forte mobilitazione in tema di salute e sicurezza sul lavoro, presentando delle proposte dettagliate che sono meritorie di grande importanza e che devono essere seriamente considerate dall’Esecutivo. 

Ciò premesso, proverò in questa sede ad aggiungere qualche considerazione sintetica dal punto di vista di chi è stato a lungo sindacalista e la cui esperienza su queste tematiche si è fortemente arricchita, sia stando in INAIL che per volontaria personale qualificazione tecnica in materia di s.s.l.  

A mio avviso occorrerebbe ragionare anche in termini di:

  1. Colmare il gap tecnico esistente tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e le altre figure del servizio prevenzione e protezione previste nel D.lgs 81/08;
  2. Promuovere la diffusione capillare dei sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro (SGSL);
  3. Pensare a INAIL come Agenzia con un ruolo di coordinamento operativo dei soggetti che esercitano la vigilanza sull’applicazione della 81/08.

 

Provo a dettagliare scusandomi per la sinteticità:

 

  • Porrei l’attenzione su quanto effettivamente riescano a fare nelle aziende i rappresentanti RLS, non solo sulle attribuzioni teoricamente previste dall’art.50 del D.lgs.81/08. 

Questo perché un’indagine INAIL, svolta in collaborazione con alcune Università e CGIL,CISL,UIL, la “IMPAcT: RLS – indagine sui modelli partecipativi aziendali e territoriali per la salute e sicurezza sul lavoro” ,pubblicata nel 2017,  ha messo in evidenza il grado di insoddisfazione da parte di queste figure per la propria condizione di subalternità tecnica rispetto alle altre figure del sistema di prevenzione e protezione aziendale ( si veda “E gli RLS?- G.Luciano – www.moresafe.it ). Fa pensare al forte divario di scolarizzazione che hanno dovuto superare i sindacalisti agli albori, non a caso la formazione dei delegati diventò un dogma del Sindacato. Aumentare le ore di formazione per seguire moduli analoghi a quelli previsti per altre figure tecniche cambierebbe di molto la situazione. I costi a carico delle aziende potrebbero essere sostenuti tramite i Fondi interprofessionali.

 

  • Così facendo si avrebbe una figura di RLS ancor più performante rispetto al ruolo che gli viene assegnato soprattutto dai nuovi standard circa i modelli di organizzazione e gestione (UNI ISO 45001: 2018) in termini di coinvolgimento nelle decisioni (partecipazione). Un RLS con un bagaglio tecnico al pari delle altre figure sarebbe il primo “ispettore” nell’assicurare una vigilanza più tecnica ed autorevole sull’applicazione corretta delle norme in azienda. Questi sistemi di gestione laddove già applicati hanno prodotto una sensibile riduzione dei livelli di sinistrosità, come testimoniato da ACCREDIA. Vanno quindi fatti adottare ovunque.
  • Ma non può bastare. L’art.13 del d.lgs. 81/08 elenca i soggetti che devono vigilare sulla regolare applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro, in grandissima parte si tratta delle ASL. Troppo frastagliata e troppo dispersiva un’azione di vigilanza siffatta come dimostra la realtà. La suggestione, fermo restando l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, è immaginare una sorta di Agenzia che coordini e sovraintenda operativamente alla vigilanza per la 81/08, che ora si svolge oggettivamente, con percentuali di ispezioni troppo basse. Questo è un ruolo che spetterebbe naturalmente a chi le regole in pratica le scrive, cioè all’INAIL. Certo a un’INAIL opportunamente rinforzato negli organici, attualmente già fortemente carenti.

 

  • La questione delle ispezioni è fondamentale. E’ come con l’autovelox che dissuade chi va troppo veloce sulla strada. Diversi documenti comunitari testimoniano che laddove vi siano più ispezioni effettuate sui luoghi di lavoro, col tempo si riscontrano diminuzioni sensibili di incidentalità. Con INAIL, poi, si avrebbe anche una naturale evoluzione verso una funzione più mirata alla consulenza che alla repressione o a un loro giusto mix, viste le competenze esistenti nell’Istituto. Sento invece invocare la diminuzione degli incidenti solo tramite l’assunzione di nuovi ispettori all’INL, che certamente servono per la lotta al lavoro nero e per il controllo della regolarità contributiva e assicurativa, ma faccio notare che spesso gli infortuni accadono dove il lavoro è regolare, semplicemente perché non si applicano le regole o le si violentano, come è successo alla povera Luana con l’esclusione dei sistemi di protezione dell’orditoio che l’ha uccisa. Troppo poche le attribuzioni dell’INL per il controllo della regolare applicazione della 81/08 e troppo dispersivo il range di soggetti che l’attuale art.13 del D.lgs 81/08 prevede “in attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro…” – comma 3.

 

Quindi, riepilogando: RLS più attrezzati tecnicamente per una partecipazione vera – tramite dei SGSL diffusi capillarmente – possono rappresentare un primo argine di efficace vigilanza interno alle aziende. A ciò andrebbe aggiunta una funzione, affidata ad INAIL, di Agenzia di coordinamento operativo dei soggetti che la vigilanza sulla 81/08 la devono svolgere. Proposte sfidanti che possono essere integrate da ulteriori misure concrete a cui pensare, complementari a quelle del Sindacato Confederale, che sono assolutamente da perseguire per contrastare morti che sono tutto tranne che bianche.

*Presidente del CIV dell’INAIL

 

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