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Acciaio italiano, tra scontri geopolitici e l’avanzata della Cina

Il destino dell’acciaio italiano? Dipende dalla geopolitica. Che da un lato condiziona prezzi della materia prima, forniture e logistica per i produttori. Dall’altro, ha già innescato la corsa dei governi per la ripresa post pandemica, alimentando settori steel-intensive come quello delle costruzioni o delle auto. 

La siderurgia italiana che, con i suoi 60 miliardi di euro di giro d’affari è la seconda d’Europa, oggi deve confrontarsi con un contesto internazionale che non è più bipolare. Tra Usa – ancora super-protezionisti anche con l’avvento di Joe Biden – e Ue alla ricerca di nuovi equilibri dopo Brexit, si è fatta prepotentemente strada la Cina. Cina che riscrive il proprio organigramma di sviluppo e punta tutto su domanda interna e riconversione verde della propria industria (e detta legge, anche nella siderurgia). 

Lo dimostra, per esempio, il recente ritracciamento dei prezzi del minerale di ferro, che a metà maggio è sceso del 10% dopo il record che lo aveva portato per la prima volta sopra 230 dollari per tonnellata. A innescare questa inversione di rotta – che non inficia il trend rialzista in corso, secondo gli esperti – sembra essere intervenuta proprio la Cina. E in particolare il governo locale di Tangshan, città dove si produce il 14% della siderurgia del Paese e che si è mosso contro presunte manipolazioni dei prezzi che sarebbero state operate dalle acciaierie.

Insomma, quello che succede in Cina ha effetti su tutto il mondo dell’acciaio. E allora un fatto è certo: la nostra industria siderurgica deve rivedere le sue regole strategie per poter restare competitiva. Deve puntare su una maggior digitalizzazione, dominare i dati e sfruttarli per elaborare strategie commerciali innovative e al contempo garantire sostenibilità. In questo modo potrà riuscire a espandere il suo business in aree del mondo diverse da quelle in cui oggi è più forte. Ovvero ben oltre l’Ue che pesa per l’81% del totale dell’export (anche con il calo del 16% registrato nel 2020). Per il distretto bresciano, che è il primo in Italia e può essere considerato benchmark, l’export nel 2020 è avvenuto soprattutto in Germania (31,7%), Francia (14,5%) e Austria (6%) (i dati sono di siderweb).

Oggi però da un lato la siderurgia italiana può inserirsi nei massicci piani di investimenti che i diversi governi stanno compiendo per uscire più rapidamente dalla crisi e rafforzarsi nei suoi tradizionali mercati europei (ma anche in Usa). Dall’altro può guardare ad aree un tempo considerate in via di sviluppo, come molti Paesi africani che hanno sperimentato di recente un inatteso e sorprendente sviluppo manifatturiero. 

Nell’uno e nell’altro caso si attendono crescite esplosive in tutti i settori a inteso uso di acciaio come quello costruttivo, o quello degli elettrodomestici e dell’auto, stimolati dalla ripresa dei consumi. È alle porte, insomma, un’ottima occasione per la siderurgia. Molti di questi temi sono stati affrontati nel corso del webinar “Geopolitica e mercati: il mondo tra Brexit, Biden e Xi”, organizzato da siderweb.

L’acciaio si trova in un «contesto di forte ripresa post-pandemia che potrebbe durare a lungo». Lo ha detto, nel corso del seminario che Industria Italiana ha seguito, Roberto Re, head of Metinvest Europe, colosso ucraino con asset nel mercato europeo e Usa e particolarmente attivo anche in Italia, attraverso, solo per fare gli esempi più recenti, la partecipazione a grandi opere come il ponte San Giorgio di Genova e alla copertura del reattore nucleare di Chernobyl realizzata dall’italiana Cimolai. 

In Italia Metinvest ha due controllate, parte della metallurgical division: Metinvest Trametal Spa e produce lamiere da treno a San Giorgio di Nogaro (Udine) con una capacità di 600 Kt all’anno e Ferriera Valsider, con sede a Vallese di Oppeano, in provincia di Verona, e una capacità produttiva pari a 400 Kt di lamiere e 600 KT di coils a caldo. Insieme alla britannica Spartan UK, le aziende fanno parte della Field Commercial Unit Europe. Grazie all’integrazione verticale con le aziende del gruppo, le lamiere sono in larga parte laminate da bramme fornite da Azovstal Iron and Steel Works.

E proprio mentre proprio mentre scriviamo, arriva la conferma del rafforzamento della presenza di Metinvest nel nostro Paese, con la firma del protocollo d’intesa che dà il via libera alla costruzione di un nuovo laminatoio green a Trieste, frutto della sinergia industriale tra Danieli e il colosso ucraino. L’impianto produrrà prodotti finiti laminati in acciaio, mediante la trasformazione di bramme in coils laminati a caldo e con ulteriori lavorazioni da eseguire sul posto. L’industria occuperebbe un’area di circa 480mila metri quadrati nella zona delle Noghere e sfrutterebbe la rete logistica portuale e retro portuale per il rifornimento della materia prima e il successivo invio del prodotto finito verso i clienti del Friuli Venezia Giulia e del resto d’Italia e d’Europa.

Il manager di Metinvets Europe guarda la siderurgia italiana da un osservatorio globale. E vede che nel mercato dell’acciaio a suo avviso «è in corso un cambiamento non strutturale, ma una congiuntura particolare e straordinaria, figlia di un evento imprevedibile come la pandemia. Che prima ha causato il crollo di produzioni, consumi e fiducia in tutti i Paesi e in tutte le filiere e successivamente una ripresa rapida e contestuale di tutte le industrie in tutti i Paesi. Il cui effetto è stato quello di causare carenza di materie prime – nell’acciaio e non solo – facendo schizzare i prezzi». 

Il surriscaldamento dell’economia cinese ha avuto un effetto dirompente sulle quotazioni, perché il paese ha smesso di puntare tutto sull’export e ha scelto di importare per ridurre le proprie emissioni di CO2. «Il minerale di ferro è quotato 230 dollari la tonnellata in Cina, rispetto ai 90 dollari di media del biennio 2018-2020: il che induce a ritenere che difficilmente i prezzi si ridurranno, in presenza di un ciclo di produzione e consumi in rapida ripresa. E non contribuisce a una possibile calmierazione delle quotazioni la scarsità di offerta, oggi esacerbata nel panorama europeo da due eventi. Ovvero Thyssenkrupp che a Duisburg chiude la linea della lamiera da treno, e l’ex-Ilva di Taranto che non è ancora tornata a livelli produttivi sostenibili sul lungo periodo».

*da Industria Italiana, 17/ 05/2021

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