1.Presentato in videoconferenza, il 27 gennaio scorso, il V Rapporto sul Secondo Welfare “Il ritorno dello Stato sociale? Mercato, Terzo Settore e comunità oltre la pandemia”.
Dopo le analisi di scenario relativo alle politiche pubbliche socio sanitarie conseguenti alla pandemia e delle emergenze sanitarie, economiche, culturali-formative, il Rapporto ha valutato come alcune aree del Secondo Welfare[i] si sono comportate in fase pandemica e quali ne possono essere i possibili sviluppi e contributi.
(Nello scenario non era ancora comparsa la fase della guerra di invasione della Russia di Putin, con gli effetti devastanti in Ucraina, i problemi di gestione e accoglienza dei rifugiati, la necessità di aiuti alle popolazioni colpite dalla guerra, gli effetti economici e occupazionali conseguenti anche in Italia.)
Prese in esame le aree: welfare aziendale e territoriale, principalmente originato dalla contrattazione o comunque da interventi dell’impresa, anche unilaterali; welfare filantropico, proprio delle iniziative delle fondazioni bancarie e welfare di prossimità, sostenuto dell’associazionismo del Terzo Settore, con o senza supporto degli enti locali.
La riflessione è stata effettuata per ogni area attraverso sessioni di lavoro con esperti.
2. Lo scenario generale
In sintesi, la pandemia ha accentuato i limiti strutturali del welfare statale (il Primo Welfare): predominanza del sistema previdenziale rispetto alla sanità, alle politiche sociali e delle politiche passive rispetto alle attive.Limitati gli interventi innovativi quali il reddito di cittadinanza e l’assegno unico[ii].
Nella spesa sanitaria è da registrare l’incremento della spesa privata con gli effetti negativi sul reddito e sui differenziali di accesso alle cure, specialmente per categorie di tipo economico quali i redditi bassi, anagrafico quali gli anziani e a seconda di fabbisogni sanitari specifici collegati alle malattie.
A fronte di questi limiti e dell’incapacità di affrontare i bisogni, così articolati, emergenti dalla crisi pandemica, si è andato ad accentuare il protagonismo del Secondo Welfare avviando nuovi processi di semplificazione e sburocratizzazione nell’erogazione dei servizi, aprendo a prospettive innovative per la costituzione di reti multi-attori, l’avvio esteso di pratiche di co-programmazione e co-progettazione, moltiplicando gli intrecci tra Secondo e Primo Welfare.
3. Ma come si è comportatoil Secondo Welfare alla prova del Covid-19, anche prefigurando possibili contributi e traiettorie di sviluppo?
L’analisi è stata condotta per ognuna delle tre sfere: welfare aziendale e territoriale, welfare filantropico e welfare di prossimità attraverso l’interlocuzione con esperti delle tre sfere e confrontando i contributi con gli obiettivi dell’Agenda ONU[iii].
Impatto e prospettive del welfare aziendale e territoriale
A parere degli esperti la pandemia ha avuto un impatto diversificato nel welfare aziendale: in alcuni casi vi è stata sospensione, in altri impatto positivo su vari ambiti, con metodi contrattati o unilaterali[iv].
In prospettiva, tale forma di welfare continuerà a fornire contributi sia sul versante sanitario che sociale; meno in termini pattuiti tra le parti sociali, più in modo unilaterale. Il ruolo nei confronti degli obiettivi dell’Agenda ONU non sarà rilevante[v].
Impatto e prospettive del welfare filantropico
Gli esperti hanno evidenziato come il welfare filantropico abbia contribuito a limitare le ricadute sociali del periodo pandemico ed abbia incrementato i contributi per il sociale rispetto ad aree di intervento come sport, cultura e ambiente.
Nonostante gli enti filantropici abbiano risposto alla pandemia secondo logiche reattive ed emergenziali, gli esperti ritengonoche questo possa, in futuro, favorire la realizzazione di percorsi di resilienza trasformativa e nel lungo periodo, stimolare la catalizzazione di nuove risorse e il rafforzamento di reti sorte nel corso della pandemia. Gli enti filantropici secondo gli esperti si confermano promotori e consolidatori di reti multi-attori, diventando anche vettori di diffusione delle esperienze positive.
Opinioni non condivise risultano sulla tesi secondo cui il welfare filantropico contribuirà ad acuire le disparità territoriali, sul fatto che la loro azione abbia supportato i governi locali nelle aree di policy più deboli e, infine, sul ruolo che il PNRR avrà nelrendere la filantropia più coerente con l’Agenda 2030.
Se la pandemia ha contribuito a portare alla luce le debolezze del welfare italiano, compito degli enti filantropici potrebbe diventare quello di collaborare a riformare tali criticità nel medio-lungo periodo in collegamento agli obiettivi del Next Generation EU e i fondi ad adesso collegati (in primis il PNRR). Questo con una funzione attiva e non subordinata alla richiesta degli entipubblici.
Impatto e prospettive del welfare di prossimità[vi]
E’ condiviso tra gli esperti il fatto che durante la pandemia il welfare di prossimità abbia contribuito ad arginare gli effetti della crisi economica e sociale, con modalità innovative di azione e penetrazione in nuove aree di intervento. Per esempio, la collaborazione con il Terzo Settore e con la società civile ha facilitato la gestione in tempi stretti di misure nazionali quali i “buoni spesa”. Altri casi di innovazione, in consolidamento delle attività precedenti, sono state le azioni verso la popolazione scolastica in fase di chiusura delle scuole e di formazione a distanza.
In molte situazioni, soprattutto dove l’intervento pubblico è tradizionalmente debole, vi è stata un’azione di supplenza, meritoria per l’emergenza, ma non in una visione corretta del Terzo Settore.
Nel post pandemia le prospettive possono cambiare nella convinzione che il Terzo Settore non può essere considerato come erogatore di servizi a basso costo, superando la logica attuale degli appalti.
Ciò può essere sviluppato con l’affermazione del ruolo politico e di advocacy , la co-programmazione e co-progettazione confermata dal Codice del Terzo Settore, il rafforzamento del welfare pubblico in termini di risorse professionali ed economiche in modo da superare le differenze territoriali, la presenza di reti integrate pubblico-privato.
E aggiungiamo una nuova e adeguata capacity building pubblico privato in funzione di un nuovo assetto di governance ai vari livelli di governo.
[i]Con il termine “secondo welfare” si intende l’insieme di interventi che si affiancano a quelli garantiti dal settore pubblico – il “primo welfare” – per offrire risposte innovative a rischi e bisogni sociali che interessano le persone e le comunità.
[ii]Il rapporto approfondisce la spesa sociale in sette aree: sanità, invecchiamento e non autosufficienza, politiche del lavoro, famiglia e infanzia, contrasto alla povertà, politiche abitative, immigrazione ed accoglienza.
[iii]L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.
https://unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/Agenda-2030-Onu-italia.pdf
[iv]Per quanto riguarda il parere degli esperti relativo all’impatto della pandemia sul welfare aziendale e territoriale
[vi]Nel Rapporto viene chiarito cheil concetto di WEP non ha una definizione univoca. Rappresenta infatti un sottoinsieme di azioni del welfare locale e territoriale ed è quindi solo in parte con esso sovrapponibile. Questo concetto evoca le reti territoriali che coinvolgono soggetti privati e pubblici, insieme a varie forme di espressione anche informale della società civile, nella formulazione di risposte ai bisogni sociali che favoriscono e rafforzano il sen- so di coesione sociale e di comunità. La storia del concetto di welfare di prossimità ha molte sovrapposizioni con lo stesso concetto di “secondo welfare”: si tratta di iniziative che possono emergere dal basso, come for- me di auto-organizzazione (si pensi alla storia del mutualismo), per poi giungere a strutturarsi e a consolidarsi in forme complesse. Inoltre si tratta di azioni che nel loro dispiegarsi rafforzano e sostengono il senso di coesione sociale, hanno un valore generativo (Lodi Rizzini 2018).