Il vecchio Giovanni, il proprietario della drogheria del paese, è noto da sempre per la sua miracolosa cura per l’artrite. Il primo sabato del mese è solito visitare i suoi “pazienti”. Così, anche quel sabato, fuori dalla porta della drogheria si forma a poco a poco una lunga fila di persone sofferenti. Tra queste, la prima della coda è una vecchina piccina, completamente curva, che quando cammina si trascina a fatica, tutta china sul suo bastone. Appena il negozio apre, con grandissima fatica la vecchina entra. Ne esce dopo mezz’ora camminando perfettamente dritta, a testa alta.
Una donna, che aspetta in coda, esclama: “E’ un miracolo! Mezz’ora fa è entrata tutta curva e ora cammina perfettamente dritta! Quale cura miracolosa si è inventato questa volta Giovanni?”
“Mi ha dato un bastone più lungo!”
Talvolta, davanti a mali che sembrano incurabili, non è necessario cercare una cura miracolosa. Può bastare trovare lo strumento giusto.
Ormai da tempo tutte le imprese stanno ragionando sullo smart working come mezzo per risolvere l’annoso problema di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Le reazioni sono controverse.
Da un lato c’è chi appoggia incondizionatamente la soluzione del lavoro da remoto. A livello internazionale Twitter, Dropbox, Spotify, Meta e Airbnb permettono ai dipendenti di lavorare senza essere mai presenti in ufficio e hanno annunciato come questo provvedimento sia da considerarsi a tempo indeterminato. Questa modalità renderebbe i lavoratori più soddisfatti e quindi anche più produttivi. Inoltre, consente importanti risparmi, sia al collaboratore, sia all’azienda.
Al contrario è di questi giorni la presa di posizione di Elon Musk, fondatore e amministratore delegato di Tesla: “Il lavoro da remoto non è più accettato”. Questo è l’oggetto della mail che Elon Musk, ha mandato ai suoi dipendenti. “Tutti quelli che intendono lavorare da remoto devono essere in ufficio per un minimo di 40 ore a settimana, oppure devono lasciare Tesla. Se ci sono collaboratori con esigenze straordinarie per cui questo non sarà possibile, giudicherò e approverò direttamente io ogni singolo caso”, ha aggiunto il miliardario.
Chi vuole tout court il ritorno alla situazione pre-pandemia sottolinea il valore dell’azienda come comunità, la necessità di un rapporto diretto tra colleghi e tra il capo e i collaboratori e, infine, il rischio di una bassa produttività nel lavoro da remoto.
Diverso il caso di Apple. Come moltissime altre imprese ha deciso di integrare lo smart working al lavoro in presenza. In un primo tempo aveva deciso di optare per due giorni alla settimana e ora ha deciso per tre giorni, ovvero il lunedì, il martedì e il giovedì. In una recente ricerca Aidp ha rilevato come le aziende stiano in questo periodo definendo le modalità di lavoro e i regolamenti da adottare.
Ciò che emerge sono alcune regole di buon senso. Ascoltare sia i capi sia i lavoratori, non arroccarsi su posizioni troppo innovative solo per inseguire l’ultima moda, ma neanche restare troppo sulla difensiva, inseguendo inutili preoccupazioni di chi non vuole cambiare per partito preso e semmai adottare periodi di sperimentazione e rifuggire da decisioni affrettate.
Comprendere le attese di tutti, formulare regole generali e all’interno di queste lasciare quanto più possibile autonomia ai capi e ai collaboratori. Per tornare alla barzelletta iniziale, cure miracolose non ve ne sono, ma anche gli strumenti non possono essere sempre gli stessi. Probabilmente devono cambiare da azienda ad azienda, da situazione a situazione.
*da HUnews, n.11, 2022