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L’allergia italiana a spendere in formazione

Il “quadro strategico per la cooperazione nel settore dell’istruzione e della formazione” (ET2020) definisce obiettivi strategici e metodi di lavoro comuni agli Stati membri, volti a realizzare una serie di interventi in settori prioritari. 

L’ultimo rapporto annuale (2013) redatto dalla Commissione europea offre una sintesi delle performance fatte registrare dai diversi Stati rispetto agli obiettivi individuati nel programma, primi fra tutti gli interventi rivolti a ridurre l’abbandono scolastico e l’acquisizione di competenze maggiormente spendibili nel mercato del lavoro, promuovendo una maggiore diffusione di esperienze “sul campo” all’interno dei percorsi d’istruzione e formazione altamente professionalizzanti. 

Gli Stati membri sono stati esortati a compiere tutti gli sforzi possibili per raggiungere i benchmark indicati da Europa 2020 riguardo l’abbandono scolastico (10%) e l’occupabilità dei giovani (almeno il 40% deve avere una laurea o un diploma) sfruttando in pieno le opportunità fornite dai Fondi strutturali e dal Lifelong Learning Programme.

I dati relativi all’Italia, riassunti nel rapporto Education and Training Monitor 2013 – Italy, hanno messo in luce le principali problematiche incontrate dal Paese nel percorso di avvicinamento alle priorità strategiche individuate nel programma ET2020, congiuntamente all’analisi degli interventi di policy attuati per avviare efficaci azioni correttive. 

In linea generale, i vincoli di spesa hanno avuto un considerevole impatto sul settore dell’istruzione. Rispetto agli altri Paesi europei, in Italia, la spesa pubblica per l’istruzione è apparsa tra le più basse d’Europa (in percentuale del PIL, nel 2011 la spesa media in Italia è stata del 4,2%, in Ue del 5,3%) e per esigenze di consolidamento fiscale, anche nel 2012 l’Italia ha continuato a ridurre gli stanziamenti di bilancio per l’istruzione, che sono diminuiti di circa il 5% in termini reali rispetto al 2011.

 

Grafico 1 – Spesa pubblica per l’istruzione (in % sul PIL)

 

Fonte: ns. riproduzione grafica su dati presentati nel rapporto Education and Training Monitor 2013 – Italy

 

Nonostante la significativa riduzione, sia a livello primario che secondario, la spesa per studente resta ancora sostanzialmente in linea con la media Ue, ma lo stesso non accade per il livello di istruzione terziario, dove gli standard di spesa sono significativamente inferiori. 

I livelli di partecipazione degli studenti della scuola secondaria superiore nel settore dell’istruzione e della formazione professionale presentano, invece, percentuali al di sopra della media Ue (60% contro 50,3% nel 2011), mentre la percentuale di laureati resta la più bassa dell’Unione (21,7% nel 2012 per la fascia d’età 30-34 anni, con le donne che superano nettamente gli uomini) ed è aumentato solo del 2,7% rispetto al 2009, rimanendo ben al di sotto dell’obiettivo nazionale del 26-27% fissato per il 2020.

Performance sensibilmente inferiori alla media Ue sono state riscontrate anche in relazione al fenomeno della dispersione scolastica, che nonostante un trend moderatamente in calo, presenta in Italia valori che si discostano nettamente della media Ue (17,6% Italia, 12,7% Ue, nel 2012) e dell’obiettivo nazionale (15-16%). 

La necessità di intensificare gli sforzi per prevenire l’abbandono scolastico e migliorare la qualità della scuola e dei risultati degli studenti (anche riformando lo sviluppo professionale e la carriera degli insegnanti) è tra le prime indicazioni suggerite dalla Commissione europea. 

Lungo questa direttrice dovranno muovere gli stessi interventi volti a rafforzare i percorsi di istruzione e formazione professionale. 

Anche il dato relativo alla partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente fa registrare risultati non del tutto incoraggianti, mostrando percentuali più basse rispetto agli altri paesi Ue (6,6% Italia, 9% Ue, nel 2012), anche se leggermente in crescita negli ultimi anni. Si tratta di individui con bassi livelli di qualifica e con probabilità di entrare in percorsi di aggiornamento professionale decisamente inferiori rispetto a persone altamente qualificate. 

 

Grafico 2 – Apprendimento permanente (25-64 anni)

 

Fonte: ns. riproduzione grafica su dati presentati nel rapporto Education and Training Monitor 2013 – Italy

 

Nel 2010, solo il 56% delle imprese italiane ha offerto corsi di formazione professionale al proprio personale, a fronte di una media Ue del 66%. Come messo in luce nel rapporto, per aumentare la partecipazione di soggetti adulti all’apprendimento, l’Italia ha recentemente definito un sistema nazionale per l’apprendimento permanente sulla base dell’esperienza delle scuole secondarie superiori nell’offerta di corsi serali e dei centri territoriali per l’educazione degli adulti (CTP).   

A partire dall’anno scolastico 2013/2014, i vecchi centri confluiranno nei Centri Provinciali per l’Istruzione degli adulti – CPIA, vere e proprie istituzioni scolastiche autonome dotate di uno specifico assetto didattico e organizzativo, di propri organi collegiali, costituite su base provinciale e organizzate in reti territoriali di servizio che opereranno in raccordo con le autonomie locali, il mondo del lavoro e delle professioni, attivando percorsi formativi strutturati per livelli di apprendimento, nell’ottica di allineare e rendere coerenti tali percorsi con i processi di sviluppo socio-economico locale, stimolando al contempo la cooperazione tra i diversi stakeholder territoriali impegnati nella realizzazione di politiche volte a fronteggiare il problema dei lavoratori scarsamente qualificati.

 

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