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Il lavoro dignitoso deve riguardare anche i migranti

E’ in corso a Ginevra – dal 28 maggio al 12 giugno – la 103ma sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro dell’ILO (International Labour Organization).

Tra i temi portati alla discussione dei 185 delegati che sono stati convocati vi sono le strategie per migliorare l’occupazione, il lavoro forzato e non ultima, la migrazione per il lavoro.

A tal proposito, infatti, l’ILO, sin dalla sua costituzione, nel 1919, si è da sempre occupata della protezione dei lavoratori migranti e del miglioramento delle loro condizioni professionali e di vita, nell’ottica di riconoscere e garantire ad ogni persona il diritto ad un “lavoro dignitoso” (decent work).

Oltre a quanto nello specifico disposto nelle Convenzioni sui lavoratori migranti e nel Quadro multilaterale sulla migrazione del lavoro (2005), in generale, il lavoro dignitoso viene individuato dall’ILO come una fondamentale strategia di sviluppo – locale, nazionale e globale – che ogni Stato deve riuscire a realizzare per contrastare situazioni di povertà e per promuovere la crescita economica e l’inclusione sociale.

Volendo usare le stesse parole dell’allora Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia, ciascuno ha diritto ad un “lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana”.

Ed infatti, mettere il lavoro e la dignità dello stesso al centro della vita delle persone, e prevedere che questo sia uno degli obiettivi che gli Stati sono chiamati ad attuare, significa assicurare maggiore protezione sociale alle persone, anche migranti, garantire la loro stabilità familiare e  la pacifica integrazione nella comunità, nonché consentire la crescita e lo sviluppo sia dei Paesi di origine che di destinazione.

Proprio nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, l’ILO svolge da anni un ruolo centrale nella promozione di politiche e strategie che rendano massimi i vantaggi e riducano il più possibile i rischi delle migrazioni per ragioni di lavoro.

Sempre in maggiore crescita e all’ordine del giorno sono, infatti, i fenomeni migratori, in ragione dei quali, milioni di persone lasciano il proprio paese di origine alla ricerca di un qualunque lavoro che permetta loro di allontanarsi da contesti di povertà e disagio per provvedere al proprio mantenimento e per poter sostenere – a distanza – i propri familiari e le comunità di appartenenza.

E’, però, noto come chi si muova verso altri Paesi per fuggire da situazioni difficoltose, accettando qualunque occasione di guadagno, spesso si trovi a svolgere lavori poco retribuiti, precari ed in condizioni degradanti – che talora si traducono persino nell’attuazione di pratiche illegali – rispetto al contesto lavorativo che invece caratterizza i cittadini dello Stato ospitante.

Per combattere le migrazioni irregolari e lo sfruttamento dei lavoratori, oggi più che mai, appare invero necessario regolare e gestire il fenomeno delle migrazioni per il lavoro, per far sì che tale mobilità e tale scambio di risorse corrisponda ai fabbisogni occupazionali del Paese ospitante, allo sviluppo delle società di origine e, ovviamente, al benessere dei migranti stessi.

Ebbene, in occasione della Conferenza Internazionale di questi giorni, sul tema delle migrazioni e del lavoro dignitoso, si è discusso e si discuterà proprio di tali questioni.

Già lo scorso 14 maggio, Il Direttore Generale dell’ILO, Guy Ryder, in occasione del Global Forum for Migration and Development, tenutosi a Stoccolma, aveva anticipato alcuni contenuti in merito al rapporto sulle migrazioni per il lavoro, sostenendo come al momento – nonostante sia ormai noto e documentato che la mobilità dei lavoratori contribuisca alla crescita economica e produttiva dei Paesi – al contrario, in molti Stati, siano invece in aumento l’attuazione di politiche migratorie restrittive e il compimento di azioni discriminatorie.

In contrasto a tali ultime tendenze, il Direttore Generale dell’ILO ha invece ribadito l’assoluta necessità ed urgenza nella costruzione di sistemi migratori conformi agli interessi degli Stati di origine e di destinazione, per la realizzazione dei quali serve la partecipazione e il dialogo di una molteplicità di attori appartenenti sia agli esecutivi nazionali, che alle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori.

In vista della Conferenza Internazionale del Lavoro, anche il Sommo Pontefice ha recentemente espresso il suo apprezzamento per il contributo dell’ILO alla difesa della dignità del lavoro umano.

In particolare, in questo determinato momento di crisi economica e di sconforto per chi è senza lavoro, Papa Francesco ha riaffermato con convinzione che “solo nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”. 

Una specifica preoccupazione è stata poi manifestata proprio con riferimento alle migrazioni di massa, all’incomprensione e all’esclusione che spesso tali persone incontrano, sino alle esperienze di tragedie e disastri.  

Di fronte a tali pericoli e alle condizioni di sfruttamento inaccettabili, cui spesso uomini e donne migranti sono sottoposti, il Papa ha parlato dell’esistenza di una vera e propria “globalizzazione dell’indifferenza”, che deve essere, invece, completamente interrotta e sradicata.

Per questo, oltre alle parole di sostegno e fedeltà agli sforzi già compiuti dall’ILO, il Pontefice ha colto l’occasione della Conferenza per chiamare tutte le parti coinvolte – con determinazione, “generosità e coraggio” – a voler rinnovare l’impegno a favore della dignità di ogni persona, a rafforzare le forme esistenti di cooperazione – prevedendo anche nuove vie per accrescere la solidarietà – a raggiungere “una più determinata realizzazione degli standard internazionali sul lavoro”, nonché a compiere tutti gli sforzi per “incoraggiare i governi a facilitare gli spostamenti dei migranti a beneficio di tutti, eliminando in tal modo la tratta di essere umani e le pericolose condizioni di viaggio”.

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