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I criteri applicativi del Decreto Poletti

PREMESSA

La definizione del jobs act mediante provvedimenti esecutivi, finora realizzati soltanto con il cosiddetto decreto Poletti, caratterizzato soprattutto dalla nuova disciplina sui contratti a termine e sull’apprendistato, costituisce indubbiamente un importante banco di prova governativo, non soltanto dal punto di vista delle peculiari modalità operative dell’Esecutivo, ma anche sotto il profilo dei contenuti, tenuto conto della loro portata economica e occupazionale. Pur consapevoli al riguardo del valore strumentale della riforma, non si può ignorare che la sua efficacia si traduce anche nel promuovere e, comunque,  non scoraggiare le assunzioni.

Il nodo centrale delle cinque deleghe dello Jobs act è rappresentato, come è immaginabile, dalle soluzioni adottabili con riferimento al cosiddetto contratto a tutele crescenti, con l’ostacolo costituito, in particolare, dalle modifiche da apportare allo storico Statuto dei lavoratori.

Non è naturalmente di poco conto perseguire ed attuare tutele alternative a quelle esistenti, che qualcuno astrattamente vorrebbe accreditare con il cambiamento di contesto e Renzi stesso, in riferimento all’art. 18 della legge 300/70, con la limitata portata dei beneficiari e della relativa incidenza della reintegrazione, riferita, dopo la Riforma Fornero, sostanzialmente ad azioni discriminatorie del datore di lavoro.

L’inciampo dell’articolo 18, ferma restando l’attuale disciplina, potrebbe essere superato dal particolare accordo sindacale ex art. 8 della legge n. 148/2011 (contratto di prossimità), che trova ragione in presupposti peculiari, tra cui quello di ordine occupazionale? 

Il problema, meritevole di ponderate soluzioni speciali, sembra essere proprio questo, in quanto le altre quattro deleghe sono in stato avanzato di definizione (v.:ammortizzatori sociali, politiche attive e servizi per il lavoro, semplificazione di talune procedure ed adempimenti, maternità, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro)

I contenuti riformatori del decreto Poletti n. 34/2014, convertito nella legge n. 78/2014, in piena fase attuativa, meriterebbero al più presto un attento monitoraggio.

 Nel frattempo, con l’intento di facilitare il ricorso ai contratti ivi previsti e  ridurne il  contenzioso, sono intervenuti i  primi i chiarimenti e interpretazioni da parte del Ministero del lavoro.

MINISTERO DEL LAVORO E P.S. : CIRC.N.18 DEL 30/07/2014 E NOTA N.14974 DELL’ 1/09/2014

La circolare tratta di taluni profili controversi, facilitandone l’applicazione: viene richiamato l’elemento caratterizzante il provvedimento legislativo, riferito alla acausalità del contratto, cosi cancellando, con decorrenza 21 marzo u. s., la complessa problematica del cosiddetto “causalone”, da porre a giustificazione dell’ apposizione del termine al contratto.

Opportunamente, il Ministero del Lavoro fa notare come trovino ancora ragione le vecchie deroghe al causalone stesso, quali il carattere sostitutivo e la stagionalità, da indicare nel contesto negoziale, ad evitare l’assoggettamento ai limiti quantitativi nella stipulazione dei contratti a termine, nonché all’obbligo  del contributo previdenziale addizionale dell’1,4%.

Limiti quantitativi

Precisazioni importanti vengono dettate per quanto riguarda la determinazione della base  di calcolo del 20%, quale limite legale riferito ai contratti a termine legittimamente stipulabili. Non sono computabili al riguardo i rapporti di natura autonoma, di lavoro accessorio, i lavoratori parasubordinati(v. lavori a progetto), gli associati in partecipazione e i lavoratori a chiamata senza indennità di disponibilità. Occorrerà, invece, tener conto dei contratti  di carattere subordinato a tempo indeterminato, dei lavoratori intermittenti con indennità di disponibilità, del part time pro quota orario, dell’apprendistato a tempo indeterminato, dei contratti con i dirigenti. Eventuali eccedenze di contratti, al momento della entrata del decreto, rispetto alla predetta percentuale, devono progressivamente rientrare entro il 31 dicembre 2014.

Rimangono fuori dal limiti quantitativi quei i contratti stipulati per particolari e specifiche ragioni(fase di inizio di nuove attività, secondo le indicazioni da CCNL; carattere sostitutivo o stagionale; specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi; lavoratori over 55; start up innovative; contratti stipulati da istituti pubblici ed enti di ricerca; disabili).

Altra regola:i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti hanno facoltà di stipulare sempre un contratto a tempo determinato.

E’ dato spazio ai contratti collettivi per aumentare o diminuire la percentuale di legge del 20%, mentre  continuano a trovare applicazione le eventuali statuizioni intervenute al riguardo,  prima del decreto Poletti.

Ricorda ancora il Ministero del lavoro che la data da prendere in considerazione, ai fini della determinazione della base occupazionale, è quella del 1° gennaio di ogni anno, restando neutri  i movimenti  di personale nel corso dell’anno stesso; la disciplina contrattuale anche su tale punto potrebbe disporre in maniera diversa.

Più di recente, sullo stesso punto, con lettera circolare n. 14974 del 1° settembre u.s., il Ministero del lavoro, in risposta  ad un quesito dell’ANCE, ha precisato che, per le attività iniziate nel corso dell’anno, devono essere presi in considerazione  i lavoratori a tempo indeterminato  in forza al momento dell’assunzione del primo lavoratore a tempo determinato.

 

Proroga

 

Viene sottolineato da parte ministeriale come la prorogabilità del termine si renda possibile fino a cinque volte, così ridotta da otto nella conversione in legge del decreto, entro la durata massima di 36 mesi, a condizione che si verta nella stessa attività lavorativa(stesse mansioni ovvero mansioni equivalenti). Non dovranno essere contabilizzate le precedenti proroghe, in caso di nuovi contratti  a termine per mansioni non equivalenti. E’ da ricordare al riguardo la differenza tra proroghe e rinnovi, che si realizzano  quando il precedente contratto è scaduto, nel rispetto delle misure dell’intervallo – tra l’uno e l’altro contratto –  a seconda della durata del contratto precedente.

 

Diritto di precedenza

 

Disciplina già esistente: diritto di precedenza esercitabile nel caso di contratti superiori a sei mesi, in riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei dodici mesi successivi, con mansioni equivalenti, già espletate nel corso dei contratti a termine.

Il congedo obbligatorio per le lavoratrici madri concorre alla determinazione del periodo dei sei mesi. Per le lavoratrici madri è previsto il diritto di precedenza anche in caso di nuove assunzioni a tempo determinato.

L’atto scritto deve contenere il riferimento al diritto di precedenza, senza, tuttavia, che la relativa assenza pregiudichi il diritto stesso.

 

Somministrazione di lavoro 

La circolare, nel richiamare l’estensione della non causalità contrattuale (assenza, quindi, dell’obbligo riferito alle indicazioni delle ragioni del ricorso al contratto), ricorda la non applicabilità del limite quantitativo legale del 20%, rimanendo fermo quello contrattuale nei confronti dell’utilizzatore.

 

Contratto di apprendistato 

 

Viene reintrodotto dalla legge di conversione l’obbligo del piano formativo individuale in forma scritta, sia pure sintetica, mediante l’indicazione dei profili di formazione tecnico professionale e specialistica. Non sussiste più l’obbligo del termine di 30 giorni per la relativa redazione, salvo precedenti previsioni contrattuali, fermo restando che l’assenza non inficia la validità del rapporto di apprendistato.

Considerazioni particolari attengono, invece, alla stabilizzazione del rapporto: la legge di conversione ne ha previsto l’obbligo esclusivamente per le aziende che occupano almeno 50 dipendenti, nella misura di almeno il 20% degli apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti le nuove assunzioni.

I rapporti di apprendistato instaurati oltre tale limite si trasformano in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato; non così in caso di violazione della eventuale norma contrattuale che disciplini la materia per le aziende che occupano fino a 49 dipendenti.

Un obbligo importante è stato introdotto a carico delle Regioni, che devono far presente, entro 45 giorni dalla comunicazione di assunzione, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, pena l’esonero di responsabilità da parte datoriale per la mancata formazione cosiddetta di base e trasversale.

Altre novità attengono alla retribuzione nel contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale: la misura del compenso, salva diversa disciplina collettiva può prevedere l’abbattimento massimo al 35% delle ore riferite soltanto alla formazione.

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