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Disabilità e contrattazione collettiva

Lo studio recentemente realizzato da Silvia Stefanovichj, responsabile per la CISL del settore disabilità, e pubblicato nell’e-book n. 33 di Adapt, ha affrontato i temi della disabilità e della non autosufficienza nella contrattazione collettiva nazionale, alla luce di quanto previsto nella Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili e nella Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020. 

La Convezione ONU del 2006 (ratificata dall’Unione Europea il 23/12/2010, contestualmente firmata da tutti gli Stati membri e ratificata in Italia con Legge 3 marzo 2009, n. 18) ha infatti disposto che gli Stati membri riconoscano il diritto al lavoro dei disabili, “su base di uguaglianza” rispetto alle persone senza disabilità, ed in particolare il diritto ad un “lavoro liberamente scelto e in un ambiente lavorativo aperto”, che favorisca l’accessibilità e l’inclusione dei disabili.

Inoltre, il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), con il Parere SOC/403 del 21/09/2011, in riferimento agli obiettivi indicati nella “Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020”, ha invitato – non solo gli Stati membri mediante la legislazione nazionale – ma, in particolare, le organizzazioni sindacali e datoriali, ad includere, nella contrattazione collettiva nazionale, clausole specifiche che riguardino i disabili e i lavoratori che hanno esigenze di flessibilità oraria perché si occupano di persone con disabilità.

In quest’ottica, si è voluto promuovere in ogni Stato membro un mercato del lavoro realmente inclusivo, non solo per quanto disposto per legge, ma anche nell’ambito di quanto previsto nella contrattazione collettiva nazionale, con espresso riferimento a tutti i livelli normativi nel sistema delle fonti del diritto del lavoro.

In tale contesto di riferimento, la ricerca condotta da Silvia Stefanovichj ha voluto inquadrare l’insieme delle previsioni e delle tutele previste nei diversi comparti e contenute negli 11 CCNL esaminati, al fine di verificare la situazione esistente in Italia – alla luce degli obiettivi indicati nella Strategia sulla Disabilità 2010-2020 – nonché nell’ottica di identificare le buone pratiche di contrattazione, per valorizzare le abilità ed aumentare la produttività aziendale.

L’indagine è il frutto di un’analisi combinata dell’esame dei testi dei C.C.N.L. dei diversi comparti (edile, chimico, alimentare, tessile, creditizio – finanziario, etc..) e della somministrazione di interviste ai protagonisti della contrattazione nazionale.

Gli ambiti analizzati hanno principalmente riguardato gli incentivi all’inserimento dei lavoratori disabili, le modalità di espletamento del lavoro (barriere architettoniche, telelavoro, trasferimenti), il cambiamento delle mansioni in caso di sopravvenuta inidoneità allo svolgimento delle stesse, la flessibilità nell’orario di lavoro, i casi di malattia e/o infortunio, la facoltà di assentarsi, il sostegno al reddito e le misure di welfare aziendale.

Come riportato nei risultati della ricerca, le previsioni contrattuali nei diversi comparti sono apparse estremamente variegate, essendo emersa sia “la forte difficoltà o l’impossibilità di sostenere i costi legati alle disabilità”, sia la presenza di “azioni imprenditoriali volte a valorizzare le diversità nel proprio contesto”, in un’ottica di responsabilità sociale.

Per ridurre l’assenteismo, in molti settori (credito, metalmeccanico), sono state penalizzate le assenze per malattie brevi e ricorrenti, in favore dell’attenzione, invece, rivolta alle lunghe assenze causate da patologie gravi (ad es. per malattie oncologiche).

Sul tema della flessibilità di orario, in molti casi le aziende hanno dimostrato di aver accolto le numerose richieste dei lavoratori, avendo spesso accordato la concessione del part time  (piuttosto che le autorizzazioni a permessi o congedi). Il telelavoro, invece, previsto in diversi contratti, è ancora usato in maniera molto limitata, soprattutto con riferimento ai lavoratori disabili.

Per quanto riguarda i tempi per la cura di sé o di altra persona non autosufficiente, la persona disabile può avere, nel comparto credito, la priorità nella fruizione delle ferie oppure, nel settore chimico-farmaceutico, se non ha ferie o riposi disponibili, può godere di brevi permessi, di solito non retribuiti, nella misura del 30%.

In diversi contratti, vengono previsti servizi di welfare a supporto dell’equilibrio famiglia lavoro e fondi di sanità integrativa, ai quali i lavoratori disabili possono accedere.

Nel comparto del credito, ad esempio, è stata garantita una copertura assicurativa per la long- term care e nel settore chimico-farmaceutico è stata prevista la possibilità di richiedere una diaria per i ricoveri in caso di lunga degenza. 

E’ apparso poi interessante che in diversi CCNL sia stato scelto di valorizzare le diversità o di inserire lavoratori con disabilità, attraverso la costituzione di luoghi bilaterali, in cui l’impresa e i rappresentanti dei lavoratori possano condividere la progettazione delle azioni necessarie ed attivare i supporti più opportuni.

Addirittura, in alcuni contratti, le parti hanno scelto di definire specifiche figure innovative a tutela dei lavoratori disabili impiegati nel settore, come il “delegato sociale”, nel caso di Marcegaglia, che ha il compito di accogliere le istanze sociali dei lavoratori oppure, nel CCNL Tessili, il tutor delegato dall’azienda, il quale si occupa di favorire l’inserimento di lavoratori disabili.

Nei vari settori, dunque, è emerso che, seppure in modo diversificato, sono state senza dubbio previste delle clausole specifiche sulla disabilità per promuovere mercati del lavoro inclusivi, come era stato indicato nella Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020.

Tuttavia, “a più voci” è stata sottolineata “la necessità di un intervento legislativo a supporto della contrattazione collettiva”, affinché siano stanziate risorse economiche che consentano alle imprese la concreta sostenibilità delle azioni a supporto dei lavoratori disabili e di quelli che si occupano della cura di persone con disabilità.

 

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