Dopo l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, la Riforma tocca anche l’art. 4 sul tema sindacalmente” caldo” dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori, L’intervento, che trova ragione nella diffusa affermazione delle nuove tecnologie, sembra allinearsi ad un certo orientamento giurisprudenziale, meritevole, tuttavia, a livello formale, di una più puntuale regolamentazione, sotto il profilo delle tutele personali. Premessa L’iniziativa legislativa, per la sua significativa incidenza sulle libertà personali, non poteva non richiamare l’attenzione del mondo del lavoro, tanto da essere stata oggetto di acceso dibattito ed insistenti osservazioni., all’origine anche del ritardo nell’approvazione definitiva del decreto che interessa.
La valutazione circa le novità introdotte non può prescindere dal richiamo al quadro normativo, nel quale le stesse si calano. Come è noto, esso contiene una duplice previsione: -divieto assoluto degli impianti audiovisivi e altre apparecchiature usati per finalità di controllo a distanza sull’attività dei lavoratori; -preclusione rimuovibile se gli impianti e le apparecchiature sono richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, con il risultato indiretto del predetto controllo, mediante accordo con le Rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, in mancanza, con la Commissione interna. In difetto di accordo, su istanza datoriale, provvede l’ Ispettorato del Lavoro(ora DTL), dettando, se del caso, le modalità d’uso degli impianti. La procedura si completa con la previsione del ricorso al Ministero del lavoro avverso il provvedimento ispettivo, entro 30 giorni, a cura delle parti interessate.
La nuova disciplina dell ‘art. 23 del decreto sulle semplificazioni L’impianto delle tutele richiamate viene confermato nel nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, riformulato dalla citata disposizione, con le deroghe alla installazione e all’ uso degli impianti audiovisivi e altre apparecchiature di controllo, praticabili previo accordo sindacale ovvero, in difetto, autorizzazione amministrativa, a fronte non solo delle esigenze organizzative e produttive e della sicurezza del lavoro, ma ora anche della tutela del patrimonio aziendale, inclusione opportuna, perché finora problematicamente la Magistratura aveva ritenuto che talvolta la videosorveglianza specifica non fosse riconducibile allo Statuto dei lavoratori.
Punto focale è che tale procedura derogatoria non trova applicazione, con riferimento agli strumenti che servono al lavoratore” per rendere la prestazione lavorativa”, nonchè “agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Un rimedio significativo, a fronte di un siffatto esonero, è costituito dall’obbligo datoriale di utilizzare le informazioni raccolte mediante gli strumenti accennati, solo a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione circa le loro modalità d’uso e di esecuzione dei controlli, nel rispetto della disciplina sulla privacy, di cui al D.lgs n. 196/03. Gli strumenti, come sopra permessi, forniti dal datore di lavoro, consistono, stando anche alle interpretazioni comuni, negli smartphone, telefoni mobili, pc, tablet, nonché, secondo espresso richiamo, negli apparecchi di rilevazione delle presenze in azienda. Trattasi di strumenti – occorre sottolinearlo – prima soggetti, per il loro uso, ad accordo ovvero autorizzazione amministrativa, problematica nella parte riferita alle condizioni di utilizzazione.
E’ superfluo ribadire come l’uso diffuso di tali strumenti, indispensabili nelle moderne organizzazioni aziendali, tecnologicamente caratterizzate anche per esigenze di contesto, è valso nelle intenzioni del legislatore a giustificare l’esonero accennato. Appare meno problematica la deroga concernente i sistemi di registrazione delle presenze, perché sostanzialmente già giustificati da precedenti giurisprudenziali. Occorre tener presente che l’accezione comune circa gli strumenti esonerati, come sopra richiamata, potrebbe non essere esaustiva. La definizione generica degli stessi, in funzione della loro destinazione alle prestazioni lavorative, potrebbe attendibilmente comprendere anche impianti di tipo strumentale alle prestazioni, ma non accessorio nell’ambito del processo lavorativo, tale da collocarli a metà strada tra le due ipotesi di autorizzazione ovvero di esonero. Uno specifico intervento ministeriale potrebbe valere a depotenziare l’insorgere di eventuali contenziosi. Altro aspetto importante, che merita attenzione, è l’utilizzabilità delle informazioni raccolte nella gestione dei rapporti (v., ad esempio, l’adozione di sanzioni disciplinari), che non può non essere limitata ai dati rilevati mediante i cosiddetti strumenti di lavoro, non potendosi registrare alcuna novità circa le informazioni eventualmente risultanti dalle registrazioni autorizzate.
Conforta in questo senso la stessa nuova disposizione (v. quarto periodo del comma 1 dell’art. 4 riformulato).
Altre novità sono riconducibili a profili genericamente di tipo procedurale. Così, gli agenti sindacali dell’accordo in deroga sono individuabili ora nelle RR.SS.AA. o nelle Rappresentanze sindacali e, con riferimento alle imprese con unità produttive ubicate in diverse Provincie della stessa Regione o di più Regioni, nelle Associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ricorrendo tale ipotesi, sarà il Ministero del Lavoro e delle P.S. a rilasciare un’autorizzazione unica, in caso di mancato accordo. Rimane naturalmente fermo il nesso con la disciplina delle tutele della privacy, secondo l’art. 114 del D.Lgs n. 196/03, che rinvia all’art. 4 della legge n. 300/70 (v. anche Garante Privacy news letter del 3/12/2000 e provv. 1/03/2007). Nel decreto in commento il citato art. 23 riforma, ai fini sanzionatori specifici, anche l’art. 171 del predetto D.Lgs. n. 196/03, rinviando ancora all’art. 38 dello Statuto dei lavoratori (ammenda da 154 a 1549 euro o arresto da 15 giorni a un anno, penalità applicabili congiuntamente nei casi più gravi. Ammenda aumentabile fino a 5 volte in relazione alle condizioni economiche del reo).
Da notare che la mancata adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti utili per la prestazione lavorativa e sui relativi controlli non comporta alcuna sanzione che non sia la preclusione alla legittima utilizzazione dei dati raccolti. Infine, è da tener presente che le disposizioni ministeriali di tipo amministrativo in atto in tema di semplificazione nel rilascio delle autorizzazioni, fondate anche sull’assenza delle Rappresentanze sindacali presso realtà aziendali di limitate entità, andrebbero riviste alla luce della nuova formulazione dell’art. 4 della legge n. 300/70.