Non è elegante l’autocitazione, ma in alcuni casi e soprattutto per aiutare il lettore, è necessaria.
Nel numero 158 della nostra Newsletter avevamo apprezzato l’approccio metodologico del prof. Tito Boeri, Presidente dell’INPS illustrato nella sua Relazione annuale 2015.
Ora si apprende che contemporaneamente alla divulgazione di tale Relazione lo stesso prof. Boeri inviava alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una proposta di riforma legislativa del sistema previdenziale dal titolo “Non per cassa ma per equità”.
Ambedue i documenti sono pubblicati sul sito dell’Istituto. In particolare la proposta di legge “Non per cassa ma per equità” contiene le proposte elaborate dall’Istituto e consegnate al Governo nel giugno 2015. E quindi non si tratta di una proposta del prof. Tito Boeri, ma di un’iniziativa istituzionale dell’INPS inviata direttamente alla Presidenza del Consiglio. Mentre il CIV della stesso Istituto divulgava allarmate prospettive di costi della Previdenza.
Ma c’è di più.
L’elaborato non segnala le criticità del sistema previdenziale italiano e le proposte per fronteggiarle, ma suggerisce come “Abbattere la povertà” inserendo di fatto nell’art. 38 della Costituzione il rischio di povertà che non è previsto come tale, trattandosi non di prestazione previdenziale, ma di prestazione assistenziale. Di qui la necessità di “separare assistenza e previdenza nei nostri conti previdenziali”.
Fatto sta che non sembra si traggano le conseguenze operative da questa affermazione.
Non è questa la sede per verificare la Relazione tecnica che accompagna il disegno di legge, forse avremo modo di farlo nella prossima Newsletter dedicata agli Approfondimenti, ma l’impressione di messaggi non proprio omogenei dal massimo Istituto previdenziale italiano è forte.
E soprattutto è ancora ostinatamente ostico presso gli economisti anche i più attenti il concetto di rilevanza giuridica di solidarietà e di obblighi con lo stesso concetto connessi.
E’ di intuitiva evidenza che la lotta alla povertà non può essere conseguenza di abolizione di diritti definitivamente acquisiti e entrati a far parte del patrimonio dei singoli. E’ chiaro che se questo fosse legittimo, si potrebbero recuperare l’ammontare di agevolazioni fiscali e contributive legittimamente acquisite o di aliquote fiscali ora ritenute inadeguate, o ancora retribuzioni ritenute superiori alla qualità e quantità del lavoro svolto o alla soglia per assicurare non solo ai lavoratori un’esistenza libera e dignitosa.
Ritorniamo ancora una volta alla diversa e prevalente funzione della leva fiscale che addirittura prevede agevolazioni per chi ha sottratto imponenti redditi al Fisco nazionale utilizzando i paradisi fiscali all’estero.
Certo il Legislatore può anche rivoluzionare il sistema previdenziale, ma dopo aver messo ordine nel sistema complessivo per il futuro. Altrimenti, anche la proposta dell’INPS sconterà – per usare la suggestiva espressione del Presidente Boeri – la sindrome dell’ultima sigaretta.
L’impressione che si ricava dalla lettura dell’articolato nel suo complesso – ma occorrerà esaminarlo partitamente – per dare un senso politico alla proposta è contenuta nella norma transitoria con la riproposizione ostinata della proposta del prof. Boeri di finanziare il Welfare ricalcolando con il metodo contributivo le pensioni in essere calcolate in tutto o in parte con il metodo retributivo in base alla normativa transitoria della legge Dini.
Solo che ora tale proposta non è più una proposta di uno studioso, ma diventa una proposta dell’INPS.
Certo la questione deve aver creato imbarazzo a Palazzo Chigi e al MEF in piena fase di esame della Legge di stabilità 2016 con la quale il Governo afferma solennemente di voler diminuire l’imposizione fiscale ad aziende e cittadini. Né può aiutare l’annuncio del sacrosanto intervento sui vitalizi parlamentari.
Con ciò si vuole sostenere che nel sistema previdenziale non esistono problemi di equità di trattamenti e/o di spending review? Certamente no. A cominciare, solo per fare un esempio, dalla miriade di Casse/Lobby e dai sistemi di contribuzione e dai debiti maturati dalle Amministrazioni pubbliche per la contribuzione in favore dei loro dipendenti, ma anche se non soprattutto dell’efficienza del Servizio Previdenza.
Il discorso delle prestazioni assistenziali attualmente non riguarda la previdenza sociale obbligatoria dei lavoratori e non sembra saggio mescolare le due tematiche con invasioni di campo di altri soggetti istituzionali e del Fisco.