In attesa della maturazione degli atti a valenza operativa, ma di grande portata sociale, riferiti alle misure innovative dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché all’attività del nuovo Ispettorato nazionale del lavoro, l’attenzione degli operatori va anche al nuovo apparato sanzionatorio in materia di lavoro, entrato in vigore dal 24 settembre u.s., tenuto conto della sua indubbia incidenza, caratterizzata, da una parte da una certa deterrenza-dovuta alle penalità revisionate-, dall’altra dal tentativo di una procedura agevolata, mirata, in tema di lavoro nero, alla regolarizzazione.
La fonte della nuova normativa è costituita dall’art. 22 del D.Lgs n. 151 del 14/09/2015, illustrato dalla circolare ministeriale – Direzione generale dell’attività ispettiva n. 26/2015 del 12/10/2015, preceduta in materia di lavoro nero dalla lettera circolare 7/10/2015, n. 16494.
Si riportano di seguito le informazioni che interessano.
Revisione apparato sanzionatorio amministrativo
Maxisanzione lavoro nero
Fermo restando il presupposto dell’illecito, consistente nell’assunzione dei lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione del rapporto da parte del datore di lavoro, con esclusione di quello domestico, l’attuale regime, che viene da una lunga storia di modifiche susseguitesi nel tempo, è così articolato, con graduazione per fasce e superamento degli importi aggiuntivi commisurati alle giornate:
– da 1500 a 9000 euro per lavoratore irregolare, nell’ipotesi di impiego fino a 30 giorni di effettivo lavoro;
-da 3000 a 18000 euro per lavoratore irregolare, nell’ipotesi di impiego fino a 60 giorni di effettivo lavoro;
-da 6000 a 36000 euro per lavoratore irregolare, nell’ipotesi di impiego oltre 60 giorni di effettivo lavoro;
– aumento del 20%, in caso di impiego irregolare di lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno ovvero di minori in età non lavorativa.
Di assoluto rilievo è, poi, la previsione dell’esclusione, in caso di applicazione delle predette maxisanzioni, di quelle connesse, relative alla mancata comunicazione obbligatoria, alla mancata consegna della lettera di assunzione, alle irregolarità in materia di libro unico del lavoro.
Ancora più rilevante è, inoltre, la reintroduzione della previa diffida a regolarizzare, per consentire il pagamento della sanzione nella misura minima edittale, con l’assoluta novità della previsione, in linea con l’attenzione del Jobs act all’occupazione, del mantenimento in servizio per almeno tre mesi del lavoratore irregolare trovato in forza. Il contratto da stipulare obbligatoriamente potrebbe configurarsi a tempo indeterminato, anche con orario ridotto non superiore al 50% ovvero a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, decorrente dall’accesso ispettivo.
Il rapporto, condizione per la regolarizzazione, non gode naturalmente delle agevolazioni normative, tra le quali, in particolare, quella di cui alla legge n. 190/2014 sull’esonero contributivo triennale.
Significativamente alto il termine per l’ottemperanza alla diffida: 120 giorni dalla notifica del verbale unico, attendibilmente per verificare anche l’avvenuto mantenimento in servizio almeno per i predetti tre mesi, con pagamento della retribuzione e con gli adempimenti contributivi.
Altro aspetto: il contratto con il lavoratore irregolare – spiega la circolare prima citata – si rende possibile anche nell’ipotesi” di interruzione del rapporto di lavoro per causa non imputabile al datore di lavoro nel periodo compreso tra l’accesso ispettivo e la notifica del verbale unico”.
Altra ipotesi: in caso di regolarizzazione del rapporto prima della notifica del verbale – come potrebbe avvenire in presenza del provvedimento di sospensione dell’attività – la diffida sarà incentrata sul mantenimento in servizio per almeno tre mesi.
Di rilievo, inoltre, la precisazione sempre da circolare ministeriale, secondo la quale il termine particolare di 120 giorni vale anche per la decorrenza del pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni ai sensi dell’art. 16 della legge n. 689/81), nell’ipotesi della contestazione di più illeciti con termini di ottemperanza diversi o anche non diffidabili.
Di interesse datoriale è anche lo spostamento alla scadenza dei 120 giorni della decorrenza dei 30 giorni per proporre ricorso al Comitato-già regionale- in materia di sussistenza o qualificazione della natura giuridica dei rapporti di lavoro.
Sempre in tema di termini, è da tener presente che quello necessario all’adempimento della diffida emanata per regolarizzare un periodo precedente l’effettiva assunzione, sarà, secondo le disposizioni generali, di 45 giorni dalla notifica, non essendo estesa la diffida, nel caso specifico, al mantenimento in servizio.
Infine, rimanendo sempre nell’ambito delle problematiche connesse all’applicazione della maxisanzione, è stata opportuna la precisazione della più volte citata circolare, secondo la quale, data la natura permanente dell’illecito, il nuovo regime opera anche per le condotte iniziate prima della sua entrata in vigore, qualora le stesse continuino nella vigenza della disciplina sopravvenuta dal 24 di settembre u. s.
Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale
Poche e di scarso rilievo le novità:
-l’importo della somma aggiuntiva da versare, ai fini della revoca del provvedimento, che passa da 1950 a 2000 euro, nell’ipotesi di sospensionedovuta a lavoro nero (misura pari o superiore al 20%) e da 3250 a 3200 euro in caso di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza;
-la possibilità del versamento immediato del 25% della predetta sanzione, con pagamento dell’importo residuo, maggiorato del 5% entro sei mesi dall’istanza di revoca;
-tra le altre condizioni per la revoca, la circolare chiarisce che la prevista regolarizzazione dei lavoratori in nero debba avvenire mediante le stesse tipologie contrattuali, prescritte dalla normativa in materia di maxisanzione, prima richiamate;
L’operazione di revisione si completa con le sanzioni in materia di libro unico del lavoro, prospetto di paga e assegni familiari, con la previsione dell’applicazione, anche qui, per scaglioni, ricorrendo alla sanzione più elevata, quando la condotta illecita si riferisca a due diverse fasce.
Libro unico del lavoro
Fermo restando il presupposto della omessa o infedele registrazione dei dati ovvero la tardiva compilazione, sempre che ne sia derivato un differente trattamento retributivo, previdenziale o fiscale, le sanzioni risultano così riformulate:
-da 150 a 1500 euro, con i seguenti aumenti:
-da 500 a 3000 euro, se la violazione attiene a più di cinque lavoratori ovvero ad un periodo superiore a sei mesi;
-da 1000 a 6000 euro, se la violazione attiene a più di dieci lavoratori ovvero ad un periodo superiore a dodici mesi.
Prospetto paga
Premesso che l’ipotesi sanzionatoria si riferisce sempre alla mancata o ritardata consegna, ovvero alle omesse o inesatte registrazioni, le penalità sono così rideterminate:
-da 150 a 900 euro, con i seguenti aumenti:
-da 600 a 3600 euro, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero ad un periodo superiore a sei mesi;
-da 1200 a 7200 euro, se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a dodici mesi.
Trovano applicazione, invece, le sanzioni previste per il libro unico, nell’ipotesi in cui il datore abbia scelto di adempiere alla consegna del prospetto mediante copia del predetto libro. Nel caso di mancata consegna, la sanzione non può non essere che quella delle legge propria del prospetto di paga.
Assegni familiari
L’omessa corresponsione è ora così perseguita:
-da 500 a 5000 euro, con i seguenti aumenti:
-da 1500 a 9000 euro, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero ad un periodo superiore a sei mesi;
-da 3000 a 15000 euro, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero ad un periodo superiore a dodici mesi.