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L’acqua a Km zero

Si stanno diffondendo in maniera virale: dieci anni fa praticamente non esistevano, nel 2010 se ne contavano poco più di duecento concentrate in Nord Italia, oggi si stima siano oltre 2.000 unità.

Stiamo parlando delle Case dell’Acqua, sistemi automatici che erogano al pubblico acqua dell’acquedotto refrigerata e/o gassata, dotati pertanto di semplici unità di trattamento.  Si possono anche considerare come l’evoluzione nel tempo dalla fontana classica, alla fontana del terzo millennio (figura 1); al riguardo il nostro Paese, dispone di solidi presidi tecnologico/manifatturieri in grado di sostenere la loro diffusione oltre che in Italia anche all’estero.

Sorte inizialmente in Lombardia per volontà congiunta di gestori del servizio idrico e di amministratori locali, le Case dell’Acqua sono oggi presenti su tutto il territorio nazionale anche se la prevalenza di queste rimane comunque nel Nord e nel Centro dell’Italia, 

 

Vi è da chiedersi a questo punto quali siano state le molle che hanno consentito questi sviluppi in così breve tempo, una spinta che, come indicano le frequenti notizie di cronaca su nuove inaugurazioni anche nei posti più disparati, appare tutt’altro che smorzata.  Del resto non si può certo dire, a differenza di quanto avvenuto per altri prodotti/servizi di carattere commerciale, che vi sia stato in questo caso un massiccio ricorso a campagne pubblicitarie.

Evidentemente è stata intercettata una domanda che era presente, o forse solo inespressa, sia da una parte della popolazione che delle stesse amministrazioni locali.

Ebbene, se da un lato l’Italia rimane fra i Paesi con più alto consumo d’acqua minerale (dell’ordine di 180-190 litri/abitante all’anno) dall’altro, proprio negli ultimi anni, si è manifestato un diverso atteggiamento dei cittadini nei confronti dell’acqua di rubinetto. Come mostrano le rilevazioni ISTAT le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto si sono quasi dimezzate in questi ultimi anni, passando dal 40 % del 2002 al 28 % del 2014, segno anche degli sforzi fatti dalle imprese acquedottistiche per migliorare il servizio di distribuzione dell’acqua potabile.  

Certamente questa riscoperta dell’acqua di acquedotto unita ad un forte interesse per il “piacere del bere” ha evidentemente spianato la strada alle case dell’acqua.

Acqua refrigerata, deodorizzata (rispetto ai disinfettanti a base di cloro), e addizionata con anidride carbonica (ovvero con le bollicine), è facilmente ottenibile attraverso i semplici trattamenti al punto di erogazione che sono previsti nelle Case dell’Acqua; al contrario, anche volendo prescindere da fattori economici, questo non sarebbe tecnicamente realizzabile in una normale rete acquedottistica.

Lo schema impiantistico è più o meno complesso in base alle caratteristiche dell’acqua in partenza come si può evidenziare dalla figura 2.

Un altro elemento di “preferenzialità” a favore delle Case dell’Acqua è stato certamente il consolidarsi di una sensibilità ecologica che induce il cittadino/consumatore a scegliere quelle soluzioni che minimizzano la produzione dei rifiuti, rappresentati sopratutto dal materiale plastico delle bottiglie “evitate” di acqua confezionata, ed il loro scarrozzare su è giù per la penisola dal luogo di imbottigliamento sino al consumatore finale. Del resto l’acqua proveniente dalla Case dell’Acqua viene anche definita “a Km zero”.

Non a caso, nel 2013 proprio con riferimento a questo aspetto, è stato siglato un protocollo di collaborazione fra l’associazione dei Produttori di apparecchiature per le Case dell’Acqua (ANIMA), la Federazione dei distributori di acqua potabile (Federutility, oggi Utilitalia) e il Ministero dell’Ambiente, per promuovere questo tipo di soluzione, certamente efficace per la riduzione dei rifiuti “all’origine”, ovvero secondo la modalità di intervento preferita dalle norme europee di settore. Del resto, già in diverse realtà che si caratterizzano per una presenza diffusa di Case dell’Acqua, sono stati riscontrati sensibili effetti nella quantità dei rifiuti differenziati di materia plastica che sono stati raccolti.

Per quanto riguarda le performances ambientali delle Case dell’Acqua si può ricavare che mille litri di acqua (1 mc) erogata da un Chiosco consentono una minore produzione di materia plastica di 27 Kg, mentre la complessiva mancata emissione di CO2 (Carbonic footprint), compresa anche la quota attribuibile ai trasporti, raggiunge 121 Kg di CO2.

In sostanza il cittadino, parte attiva dell’operazione, oltre a risparmiare sul costo dell’acqua imbottigliata, contribuisce al miglioramento dell’ambiente. Per quanto attiene il gestore del servizio idrico integrato, il diffondersi delle Case dell’Acqua sul suo territorio costituisce in questo momento il migliore e più efficace spot a favore dell’acqua dell’acquedotto a cui tali strutture sono allacciate. Di certo più efficace di mille manifesti.

Queste Case dell’Acqua hanno consentito in molte realtà di valorizzare o riqualificare aree secondarie/periferiche ma anche per promuovere eventi temporanei come le oltre trenta Case dell’Acqua che sono state installate nel corso del 2015 all’interno dell’Area di EXPO 2015 a Milano.  Si consideri del resto che un Casa dell’Acqua in un parco o lungo una via, a volte anche con la presenza di una piccola “coda” di utilizzatori muniti di un recipiente, costituisce un elemento esso stesso di sicurezza e socializzazione territoriale. Queste installazioni hanno anche rappresentato una opportunità per l’amministrazione o per la azienda di gestione del servizio idrico per potere fornire in loco al cittadino informazioni di vario tipo, o anche per consentire di erogare altri servizi similari; ad esempio in alcune realtà alla Casa dell’Acqua è stato abbinata la erogazione automatica di latte crudo (figura 3).  

Sul piano pratico l’erogazione dell’acqua al cittadino utilizzatore è attivata con sistemi a pulsante o a prossimità. Una singola fornitura va in genere da 0,5 a 1,5 litri e può essere a temperatura ambiente, refrigerata, gassata e non, a scelta del consumatore, che deve a sua volta mettere a disposizione la bottiglia che deve essere accuratamente lavata; in ogni caso il sistema è progettato in modo da impedire un contatto diretto che non sia quello della bottiglia. Un’ analisi recentemente condotta ha evidenziato che nella maggioranza delle realtà, ed in particolare per l’acqua gassata che ha il maggiore costo di trattamento, viene previsto un pagamento tramite moneta o apposita card, stimabile in 4-5 centesimi di € al litro, un ordine di grandezza in meno rispetto all’acqua minerale confezionata.

Se da un lato la maggiore estensione delle Case dell’Acqua possa rappresentare una opportunità per il cittadino e l’ambiente, dall’altro è importante che venga tenuta alta la guardia in materia di sicurezza e qualità di questo prodotto/servizio. In questo senso le determinazioni assunte dal 2011 dal Ministero della Salute, che assimilano la gestione dei Chioschi alla gestione di attività nel settore alimentare, non possono che essere viste positivamente, pur con gli ulteriori controlli e adempimenti che questo comporta. D’altra parte essendo la tutela sanitaria degli utenti/consumatori un obiettivo imprescindibile degli operatori che intervengono sulla filiera dei Chioschi (dalla costruzione sino alla gestione delle apparecchiature), risulta così più agevole discriminare quelle iniziative che, prive di adeguate garanzie tecnico/gestionali, intendessero muoversi in un’ottica meramente speculativa.  

Dati e figure sono stati ricavati in particolare dal “Manuale Operativo dei Chioschi dell’Acqua” a cura di Federutility (ora Utilitalia) e Acquaitalia-Anima del giugno 2015.

 

 

 

 (*) Advisor Tecnico di UTILITALIA

 

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