Diamo per scontato un grande consenso alla missione “banda larga ovunque”, presentata a palazzo Chigi dal premier Renzi e dai sindaci di cinque città, presenti i vertici dell’Enel che ne è protagonista. «Va bene fare le scuole, le strade, la bonifica di Bagnoli», ma per «immagine l’Italia dei prossimi 20 anni bisogna puntare sulla banda larga», ha detto il premier. Visto il ritardo che registriamo in tutti i ranking internazionale di settore, giustissimo. Tuttavia, l’entusiasmo non deve farci dimenticare che ora, lanciata l’operazione, vi sono numerosi aspetti regolatori da tenere nella massima considerazione. Prima li si chiarirà, meno problemi insorgeranno. In ballo, infatti, c’è la fair competition tra tutti gli operatori del settore, cioè le condizioni affinché la nuova offerta di banda larga ottemperi a tutte le necessarie condizioni perché avvenga in maniera coerente alla concorrenza da garantire. E a questo si aggiunge un secondo capitolo: evitare contestazioni europee su eventuali aiuti di Stato.
In coerenza ai princìpi europei, e a quanto dichiarato dal governo nei lunghi mesi alle nostre spalle spesi nel tentativo di convincere tutti gli operatori ad aderire a Metroweb, i 4,9 miliardi di euro di fondi pubblici deliberati dal Cipe dovevano servire alla copertura delle “aree bianche”, quelle a minor domanda sin qui di servizi a banda larga ergo a minor ritorno degli investimenti degli operatori privati. Il progetto affidato a Enel Open Fiber è tutt’altra cosa. Si tratta di assicurare entro il 2020 la copertura del 100% del territorio italiano con una connessione a 30 Mbps e il 50% a 50 Mbps. Per le aree bianche, le gare devono ancora essere bandite. Su questo s’incardina il rischio di contestazioni europee per aiuti di Stato all’ex monopolista elettrico, ed è bene fare in modo di evitarle. Altrimenti, molti mesi si frapporranno all’avvio concreto del progetto.
Quanto alla concorrenza, quel che serve è un’iniziativa concertata senza precedenti da parte dell’Autorità dell’Energia alla quale soggetta Enel, e insieme dell’Agcom che vigila sulle Tlc. È un precedente europeo, in nessun altro grande Paese l’ex monopolista elettrico è attore dell’offerta di banda larga retail, cioè direttamente ai clienti finali, e insieme wholesale, l’offerta all’ingrosso ai concorrenti di Telecom Italia di potersi avvalere della nuova infrastruttura in fibra per i propri clienti finali. E finora la diversificazione in altrui settori delle società elettriche non ha portato bene né all’Enel in passato, proprio nella telefonia, né ai grandi competitor di settore. Certo Enel non è non è un’incumbent nelle Tlc come Telecom Italia, che è soggetta per la sua posizione di mercato a una regolazione più “stretta”. Ciò malgrado vanno preventivamente chiariti con grande attenzione molteplici aspetti dei costi e degli investimenti sostenuti da Enel nel suo progetto banda larga, nonché delle tariffe che praticherà e delle modalità in cui le tariffe saranno proposte ai clienti. Solo il concorso straordinario delle due Autorità di settore può evitare opacità e pasticci regolatori, ed eventuali e inevitabili impugnative da parte di Telecom Italia.
L’Autorità per l’Energia in una recente delibera ha stimato come “modeste” le sinergie tra sostituzione dei contatori di consumo elettrico con quelli digitali di nuova generazione. Al contrario, l’Enel afferma che in questo modo l’investimento è tra il 30 e il 40% inferiore rispetto agli altri operatori di Tlc. Com’è possibile, visto che il decreto 133/2008 garantisce a tutti gli operatori l’accesso a cavidotti esistenti in condizioni di parità e senza oneri? In ogni caso, gli investimenti in banda larga di Enel andranno realizzati, contabilizzati e gestiti in maniera separata da quelli per i contatori di servizio elettrico. In maniera tale da consentire all’Agcom un’attenta ricognizione della provenienza delle fonti finanziarie impiegate e della modalità della loro remunerazione, allo scopo di evitare sussidi incrociati da offerta elettrica che sarebbero lesivi della concorrenza verso le imprese di Tlc, o tali da configurare un improprio sostegno ai concorrenti di Telecom Italia che pagassero tariffe wholesale artificiosamente inferiori, grazie al sussidio elettrico, a quelle possibili da sola offerta di servizi di comunicazione. Lo stesso dicasi per la bollettazione, che non può avvenire al cliente finale in bolletta elettrica, già sovraccarica di oneri impropri e ora anche del canone Rai.
Tralasciamo tutti gli altri aspetti su cui le cifre sin qui date da Enel e Telecom Italia divergono: dalla percentuale dei nuovi contatori direttamente nelle case, alla distanza media dalla centrale di smistamento Telecom, alla penetrazione complessiva in Italia delle proprie reti, che Enel vanta come superiore a Telecom Italia quando quest’ultima, grazie al vecchio telefono fisso, è invece al 100%. Tutto ciò fa parte di una normale dialettica concorrenziale. Ma sugli aspetti regolatori che riguardano la piena trasparenza della formazione di investimenti, costi e tariffe invece no, perché il progetto si avvii bene la chiarezza preventiva deve essere massima. È nell’interesse stesso degli azionisti di mercato italiani e internazionali in Enel diversi dallo Stato, ottenere il massimo della trasparenza su rischi e ritorni di questo nuovo maxi progetto. Altrimenti il pericolo è di non ottenerne le ambiziose finalità, e di infliggere un altro bel danno a Telecom Italia.
(*) Articolo tratto da Leoni Blog