Due eventi – la presentazione del XII Rapporto di Antigone (1), effettuata a Roma il 15 aprile scorso, e le giornate finali degli Stati Generali dell’Esecuzione penale – sono state fasi di messa a fuoco delle condizioni di detenzione in Italia e delle prospettive della relativa politica.
Il rapporto di Antigone si è soffermato più ampiamente sull’analisi dello stato delle “galere”, non tralasciando di fornire indicazioni e soluzioni su specifiche tematiche.
Le giornate conclusive degli Stati Generali, tenutesi il 18 e 19 aprile – in realtà conclusive di un percorso articolato in vari eventi – hanno prodotto, in assetto più formale, approfondimenti e linee di sviluppo con gli interventi istituzionali e gli orientamenti contenuti nella relazione conclusiva.
Le analisi del Rapporto di Antigone.
Una prima questione messa in evidenza è la ripresa della tendenza alla crescita del numero di persone in stato detentivo.
I detenuti sono passati dalla quantità di 52.164 al 31 dicembre del 2015 a quella di 53.495 alla data del 31 marzo 2016. Dopo la diminuzione del periodo precedente(2), negli ultimi tre mesi vi è stato un incremento di 1.331 persone.
Dal Rapporto si evince una ripresa della crescita del tasso di sovraffollamento(3). Si ricorderanno a riguardo i richiami della U.E. e le sentenze relative al risarcimento delle persone coinvolte. Il tasso di sovraffollamento è del 108% secondo l’amministrazione penitenziaria. Il Rapporto evidenzia che questi dati sono sottostimati in quanto non tengono conto degli istituti provvisoriamente chiusi. Confrontando il tasso tra paesi europei risulta in Germania del 81,8%, in Spagna del 85,2%. In Inghilterra e Galles del 97,2%. Solo il Belgio ha un tasso superiore con il suo 118%.
I posti letto sono, secondo i dati dell’amministrazione penitenziaria, 49.545, ma non sarebbero sempre tutti realmente disponibili in quanto almeno 3.950 persone sono prive al momento di posto letto regolamentare.
Poco meno di 9 mila detenuti vivono ancora in meno di 4 metri quadri pro-capite. Questo è lo standard minimo previsto dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa.
Quanti sono i detenuti in rapporto alla popolazione?
L’Italia ha circa 90 detenuti ogni 100 mila abitanti. In confronto la Germania presenta 77 detenuti ogni 100 mila abitanti. La Francia 118. I Paesi baltici superano i 200 detenuti ogni 100 mila abitanti. Svezia, Norvegia, Olanda, Danimarca e Finlandia invece presentano un tasso di detenzione tra i 50 e i 70 detenuti per 100 mila abitanti.
I detenuti condannati in via definitiva sono 34.580 (la popolazione complessiva è di 53.495 a marzo 2016). In attesa di sentenza definitiva sono il 34,6% del totale.
La media europea è del 20,4%. Dunque in Italia vi è un surplus del 14,7% rispetto alla media dei paesi europei. In Germania la presenza di persone non condannate in via definitiva è del 19,4%. In Inghilterra e Galles del 16,4%. Meraviglia l’annotazione circa la peggiore situazione della Danimarca e dell’Olanda. Il dato viene interpretato in relazione alla questione migranti. Una conferma della situazione critica della giustizia in Italia questo confronto sulla rilevanza in Italia della detenzione senza sentenza.
L’età media dei detenuti in Italia è di 40 anni. Il gruppo più numeroso è quello tra i 35 ed i 39 anni (15,6%). I detenuti con più di 60 anni sono 3.699 (7,1%). Gli stranieri sono mediamente più giovani, il gruppo più numeroso è quello di quanti hanno tra i 30 ed i 34 anni (21,2%); quelli con più di 60 anni sono in tutto 198 (1,1%). La tendenza all’invecchiamento della popolazione sembra diffusa anche in altri contesti.
Quali i reati (anche più di uno specie in quelli associativi e legati alla droghe): reati contro il patrimonio (29.913), contro la persona (21.468), in violazione legge sulle droghe (17.676), violazione legge sulle armi (9.897), associazione a delinquere di stampo mafioso (6.887). In prevalenza la durata della pena è sotto i tre anni. Sono 19.037 i detenuti con questa durata (il 56% della popolazione detenuta). Gli ergastolani sono 1.633, in crescita rispetto al 2011 quando erano 1.446. Ed è una tendenza nonostante diminuiscano gli omicidi.
Il numero dei delitti è in diminuzione. E questo conferma la questione aperta tra sicurezza reale e insicurezza percepita. Tra il 2006 e il 2014 gli omicidi volontari sono diminuiti da 621 a 475. Gli omicidi colposi da 2.148 a 1.633, i sequestri di persona da 1.608 a 1.278, le violenze sessuali da 4.513 a 4.257, lo sfruttamento della prostituzione da 1.422 a 1.100, i furti da 1.585.201 a 1.573.213 le rapine da 50.270 a 39.236.
Situazione dei detenuti stranieri.
A marzo 2016 i detenuti stranieri ammontano a 17.920, pari al 33,4% della popolazione carceraria (Italiani 35.575). In diminuzione rispetto al 2010 in termini assoluti e percentuali (24.954, il 37,1%).
I detenuti stranieri sono meno in percentuale rispetto al 2009. Percentuale superiore alla media europea, che è del 21% circa.
Le nazionalità più rappresentate sono: Marocco (16.9% del totale degli stranieri), Romania (15,9%), Albania (13,8%), Tunisia (11%), Nigeria (3,9%), Egitto (3,4%). La scala della distribuzione dei valori assoluti e percentuali tra le nazionalità rimane la stessa pur con la diminuzione registrata tra il 2010 e il 2016.
Quali sono i reati commessi? Gli stranieri detenuti hanno commesso 8.192 reati contro il patrimonio, 6.599 contro la persona, 6.266 in violazione legge droga, 1.372 in violazione legge stranieri, 95 delitti di mafia.
In custodia cautelare gli stranieri sono in percentuale ben più alta rispetto agli italiani. Il 42,1% degli stranieri non è stato ancora condannato in via definitiva. Il totale dei detenuti in attesa di condanna è del 34,6%. Il Rapporto evidenzia quindi una palese discriminazione nella fase processuale, tanto più che i delitti commessi dagli stranieri sono in generale meno gravi. Nei loro confronti si usano le misure cautelari detentive in modo ben maggiore.
Il 70% degli stranieri ha una pena residua da scontare inferiore ai tre anni(4).
Provenienza
Le persone italiane in detenzione provengono in maggioranza dalle regioni meridionali. Il gruppo più numeroso ed in crescita è quello dei detenuti di origine campana (alla fine del 2015 i campani erano 9.635, il 18,5%, alla fine del 2005 erano il 12,7%). Il secondo gruppo sono i siciliani (poco più del 12%). Il terzo gruppo sono i pugliesi (oggi il 7,1%).
Le donne
Le donne continuano ad essere poche e in diminuzione. Erano 2.198 (il 4,1%) al 31 marzo 2016. Una percentuale in calo rispetto agli ultimi 25 anni. Era il 5,33% nel 1991, il 4,38% nel 2001, il 4,2% nel 2011. La media europea è del 5,6% con i paesi nordici che hanno tassi più elevati di presenze femminili nelle carceri.
I giovani
I giovani presenti nelle carceri a marzo 2016 ammontano a 449. Di questi solo 284 con sentenza definitiva. Per fascia di età: 25 avevano 14 o 15 anni; 149 ne avevano 16 o 17 anni; 275 tra i 18 e i 25 anni(5). Quaranta il numero delle ragazze. Gli ingressi di giovani nel 2016 per nazionalità di provenienza vedono gli italiani in testa con poco meno della metà seguiti da giovani provenienti dalla Romania (8,9%), dal Marocco (8%), dalla Bosnia-Erzegovina (6,8%) e dalla Tunisia (4,2%).
Alternative al carcere.
Le persone che stanno scontando la pena detentiva non in carcere sono 29.679: 10.025, più di un terzo, sono in detenzione domiciliare; 12.465 sono in affidamento in prova al servizio sociale; 6.457 in lavori di pubblica utilità (quasi tutti per violazione del codice della strada); 724 in semilibertà. La detenzione domiciliare è raddoppiata rispetto al 2009 e rilevante è l’aumento di persone affidate al servizio sociale (5 mila in più in sette anni). La misura della semilibertà si è fortemente contratta(6). Il ricorso al braccialetto elettronico coinvolge 2.300 persone. Il numero, secondo il rapporto, è sottodimensionato rispetto alle richieste della magistratura.
Bassa (0,79%) è la percentuale di revoca di una misura alternativa per aver commesso un nuovo reato.
La messa in prova(7), prevista nel 2014, coinvolge 7.818 persone adulte e altre 10.112 sono ancora nell’iter prima della decisione giudiziaria. La misura quindi ha avuto una larga diffusione (appena 2 i fruitori nel 2014) ed ha impedito il flusso di ingresso nei penitenziari erodendone il sovraffollamento.
Il lavoro in carcere
Sono impegnati nel lavoro il 29,73% dei detenuti. In maggioranza si tratta di attività per l’amministrazione penitenziaria per una durata di poche ore settimanali e con circa 200 euro al mese di remunerazione. Pochi i detenuti impegnati con datori di lavoro privati (circa il 15%; 612 in attività di tipo manifatturiero; 208 in attività agricole).
2.376 risultano i detenuti iscritti nel 2015 a corsi professionali (il 4,55% dei presenti). E’ un’attività in decrescita (3.864 nel 2009 per una percentuale del 6,07%.). Il rapporto evidenzia il progressivo disimpegno delle Regioni.
L’istruzione
Nel corso dell’anno scolastico 2014/2015 nelle carceri italiane sono stati attivati 1.139 corsi scolastici. 17.096 sono stati gli iscritti, e 7.096 i promossi alla fine dell’anno. Circa la metà degli iscritti e dei promossi erano stranieri.
Al 31 dicembre 2014 erano 413 gli iscritti all’università. Nello stesso anno si sono laureati 72 detenuti
Il costo dell’Amministrazione penitenziaria
In aumento fino al 2013 – quando sono state spese oltre 3 miliardi di euro – la spesa per le carceri, da allora è scesa, con un bilancio preventivo per il 2015 che era di 2,7 miliardi. L’ 80% del bilancio del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria è assorbito dalle spese di personale, mentre le spese per i detenuti assorbono meno dell‟8%. (8)
Ospedali psichiatrici
Dovevano essere chiusi per legge, ma sono ancora aperti quattro Ospedali psichiatrici generali (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia) che ancora ospitano una novantina di pazienti. Chiuso solo quello di Napoli. Quello di Castiglione delle Stiviere ha solo cambiato denominazione in una Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) ed ospita 220 pazienti.
Sono 23 le altre REMS aperte, la maggior parte provvisorie e dunque in deroga ai requisiti previsti dalla legge. Sei le regioni inadempienti per non aver ancora attivato le REMS (Calabria, Abruzzo, Puglia, Toscana, Piemonte e Piemonte); sono state commissariate. Un sostanziale inadempimento a quanto disposto dalla legge.
Disabili e carceri
Non evidenziati nella sintesi del Rapporto di Antigone ma apparsi successivamente sono i dati riferiti ai disabili nelle carceri.(9)
Sono 628, secondo l’ultimo censimento del DAP (agosto 2015): 528 italiani (26 donne) e 100 stranieri (8 donne), distribuiti in 16 regioni.
In termini di “funzionamento”, 191 di loro (18 donne) presentano difficoltà ad affrontare le comuni azioni della vita quotidiana: lavarsi, vestirsi, spogliarsi, mangiare, avere cura della persona, sedersi, alzarsi dal letto e dalla sedia. 153 (5 donne) hanno difficoltà nella mobilità corporea (ad esempio a uno degli arti). 232 (11 donne) hanno problemi di locomozione. 52 (1 donna) hanno difficoltà nella comunicazione: vedere, sentire, parlare. Presentano inoltre difficoltà di accesso alle misure alternative, non soltanto per le barriere interne al carcere, ma anche per quelle extra, in quanto mancano i supporti necessari. Difficile è la stessa fase post liberazione per la mancanza di continuità nella presa in carico.
Limitato quantitativamente e qualitativamente è l’apporto di caregiver detenuti.
Sono 7 su 193 le carceri con reparti dedicati ai detenuti disabili; in molti altri sono disponibili celle con “ridotte barriere architettoniche”.
Dopo 4 condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per trattamento inumano e degradante, sembra in atto un cambiamento della situazione in base a buone pratiche che si stanno estendendo.
Stati Generali dell’Esecuzione penale
Le tematiche affrontate a più voci nelle giornate conclusive – con le comunicazioni degli esponenti politici ed amministrativi(10) – si sono concentrate sull’esecuzione penale, hanno sviluppato un approccio culturale e proposto un insieme di orientamenti e di scelte, non tutte di immediato impatto.(11)
Approccio culturale ispirato al principio costituzionale della riabilitazione del detenuto e della giustizia riparativa. Principio tradotto in parte in norme nel 1975 ma che non ha avuto grandi sviluppi attuativi. Per di più da confrontare con trasformazioni del tutto sconosciute in quegli anni quali immigrazione, tossicodipendenza, estensione della povertà. Trasformazione che impattano sulla condizione detentiva, che impongono il superamento della concezione, sbagliata, del carcere come luogo separato garante della sicurezza sociale. Mentre attualmente si configura come luogo della formazione e del consolidamento della devianza. Visto che “costa ogni anno ai contribuenti quasi tre miliardi di euro, ma genera tassi di recidiva tra i più alti d’Europa. I detenuti che provengono da una precedente esperienza carceraria sono infatti circa il 56%; il 67% tra gli italiani ed il 37% tra gli stranieri… La recidiva di coloro ai quali è stata applicata una misura alternativa è di circa il 20%, drasticamente inferiore a quella di coloro che scontano la pena interamente in carcere”.(12)
Piuttosto i fenomeni reali propongono con forza la necessità di interazione tra sistema penale e comunità territoriali. Come da esperienze positive in essere.
L’altro riferimento da perseguire è quello di orientare il periodo della pena alla fase di rientro nella comunità.
Su queste tematiche di inclusione attiva si sofferma parte del documento finale.(13) In due punti significativi: I rapporti con gli Enti locali, con il volontariato e con il mondo esterno; Il diritto al lavoro.
Si ribadisce che “il perseguimento dell’obbiettivo di rafforzare i contatti con il mondo esterno richiede senz’altro una valorizzazione del ruolo del volontariato, riconoscendone l’importanza nei percorsi di responsabilizzazione. Gruppi, individui, associazioni, centri ascolto, centri di formazione, andrebbero individuati, verificati e censiti, perché costituiscono quella preziosa rete di relazioni che deve divenire almeno oggetto di convenzione tra tutti gli attori del mondo penitenziario. Deve ribadirsi, altresì, l’importanza del ruolo degli Enti locali sotto il profilo sociale, specie nella fase successiva all’espiazione della pena detentiva”.
Affermato che il lavoro è centrale nella prospettiva del reinserimento sociale del detenuto si evidenzia una realtà diversa: scarsità delle risorse; preponderante destinazione dei detenuti alle c.d. lavorazioni domestiche; residualità del lavoro alle dipendenze dei privati (cooperative, aziende). A riguardo le proposte sono:
a) “Normalizzazione” del lavoro penitenziario, con il superamento dell’obbligatorietà verso il concetto di opportunità. Ciò significa, ad esempio, sostituire il termine “mercede” (che contribuisce a configurare la retribuzione non come un salario, inteso come corrispettivo per il lavoro svolto, quanto, piuttosto, come una concessione accordata dallo Stato) con “retribuzione”, con le implicazione di adeguamento in riferimento ai contratti, sul ridimensionamento dei prelievi sulla retribuzione spettante al detenuto‐lavoratore;
b) Rilancio delle lavorazioni negli istituti penitenziari, con la costituzione di apposito organismo/ente a livello centrale, con adeguate dotazioni di professionalità; altri accorgimenti quali: 1. organizzare le lavorazioni maggiormente complesse presso istituti o reparti con una popolazione detenuta stabile (Case di reclusione) e quelle meno complesse presso istituti caratterizzati da una minore stabilità degli utenti; 2. mettere adeguati spazi a disposizione delle aziende che intendono realizzare un’attività produttiva all’interno del carcere;
3. tenere presenti, ai fini delle assegnazioni e dei trasferimenti, le competenze lavorative specifiche dei detenuti e favorire il trasferimento, previo consenso degli interessati, determinato dall’esigenza di fare coincidere tipo di lavorazione e requisiti del detenuto‐lavoratore; 4. creare, per andare maggiormente incontro alle esigenze organizzative delle imprese disposte ad avvalersi della manodopera dei detenuti, apposite «sezioni lavoranti», a custodia attenuata, onde facilitare la mobilità interna dei lavoratori detenuti. (14)
6. Il diritto all’istruzione e alla formazione.
Le norme prevedono già tale diritto che va reso cogente rendendo possibile ed effettiva la frequenza da parte di tutti i detenuti dei corsi d’istruzione di primo e secondo grado e dei corsi di formazione e qualificazione professionale. Ciò riguarda i detenuti stranieri anche per la necessità di alfabetizzazione.
Osservazioni.
Il XII Rapporto di Antigone fornisce, sicuramente, informazioni interessanti relativi alla situazione carceraria, integrando dati ufficiali dell’Amministrazione con visite dirette alle sedi di reclusione.
L’integrazione che ci sentiamo di proporre è quella della situazione delle persone disabili, anche come autonomo adeguamento dell’Associazione alla Convenzione ONU per le persone con disabilità.
Per quanto riguarda gli Stati generali relativi all’esecuzione penale va condivisa l’impostazione che conferma la funzione riabilitativa e riparativa della pena orientandola alla fase della liberazione ed al rientro nella comunità di riferimento.
Qualche riflessione ulteriore relativa all’inclusione socio lavorativa.
Ancora eccessiva è la centralità dell’amministrazione penitenziaria nei processi di inclusione rispetto ad altri attori istituzionali e sociali.
Il processo relativo agli Stati generali dell’esecuzione penale in direzione di inclusione probabilmente deve porsi – più strutturalmente e meno occasionalmente – il problema della governance multilivello e multidimensionale propria di questi processi, a partire dal livello centrale, a quello regionale a quello territoriale. In questa direzione sono andate le stesse esperienze di ordine nazionali precedenti e le pratiche territoriali gestite dall’amministrazione penitenziaria congiuntamente alle Regioni ai Comuni e alle precedente agenzie tecniche del Ministero del Lavoro.
La formulazione di un organismo centrale deve fare i conti con questa impostazione senza ricadere in vecchie ipotesi di agenzia nazionale di qualche anno fa (si tenga presente l’agenzia delle politiche attive e l’ISFOL, l’agenzia delle politiche giovanili, il sistema delle politiche sociali).
Non c’è accenno ai finanziamenti europei come uno dei possibili sviluppi dell’inclusione socio lavorativa soprattutto in una fase di restrizione dei trasferimenti ai comuni e di attivazione delle politiche di contrasto alle povertà estreme.
Nell’affermazione dell’inserimento lavorativo, con tutte le conseguenze relative alle agevolazioni, sfuggono le potenzialità relative allo stato di disoccupazione dei detenuti con il necessario collegamento, praticato in molte esperienze territoriali, tra centri per l’impiego, Amministrazione territoriale della giustizia, servizi sociali, terzo settore (ad esempi gli sportelli pena lavoro).
NOTE
1 Per informazioni su Antigone vedi http://www.associazioneantigone.it/chi-siamo. Dal 1998 Antigone è autorizzata dal Ministero della Giustizia a visitare gli oltre 200 gli Istituti di pena italiani.
2 Il 30 giugno del 2010 i detenuti erano 68.258; In sei anni i detenuti sono diminuiti di 14.763 unità.
3 Numero di detenuti rispetto al numero di posti letto regolamentari
4 Per analisi più approfondite vedi Giorgia Papavero, Detenuti stranieri in Italia, Fondazione ISMU
5 Le nuove norme del 2014 consentono ai ragazzi che hanno compiuto il reato da minorenni di permanere nelle carceri minorili fino al compimento del venticinquesimo anno di età.
6 La possibilità di trascorrere parte della giornata fuori e parte dentro il carcere.
7 E’ un’alternativa al processo per le persone che hanno commesso un reato non grave ovvero punito con pena detentiva inferiore ai quattro anni.
8 Vedi grafico seguente.
9 Vedi Redattore sociale, Detenuti disabili, tra barriere e vecchi ausili: ecco cosa sta cambiando,27 aprile 2016. Per un’analisi più complessa vedi Catia Ferreri, Carcere e disabilità: analisi di una realtà complessa. Dossier
10 vedi il programma dei due giorni.
11 Per un resoconto dei lavoro delle giornate, vedi Si chiudono gli Stati Generali dell’Esecuzione Penale
E si apre l’orizzonte di una nuova cultura della pena, in Giustiziaonline; per il lavoro dei 18 tavoli di approfondimento vedi https://www.giustizia.it/giustizia/prot/it/mg_2_19_1.wp?previsiousPage=mg_2_19
12 Dalla comunicazione del Ministro della Giustizia ai lavori della prima giornata.
13 Vedi Documento finale.
14 Vedi documento finale citato.