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Che c’entrano le banche con la pensionabilità flessibile?

Il tema della flessibilità in uscita per  i lavoratori prossimi all’età di pensionamento obbligatorio interessa sicuramente, ma non esclusivamente il Governo, se forma oggetto in questi giorni di un tavolo di confronto fra il Ministro del Lavoro e i Segretari Confederali.
Il nodo da sciogliere dovrebbe essere – come al solito – il costo dell’operazione che, a quel che è dato sapere, potrebbe essere molto oneroso per i diretti interessati, se non altro perché in sostanza si risolve in un’operazione gestita da soggetti e regole privatistiche dei mercati finanziari. Più precisamente occorre ottenere un mutuo da una banca o istituto similare che, ovviamente , dovrà essere remunerato a prezzi di mercato, e adeguatamente garantito da una polizza d’assicurazione per la restituzione delle rate di mutuo, che – altra ovvietà – avrà un costo.
Questi costi sono a carico dell’interessato.
Per essere più precisi (come può esserlo il profano che scrive) il prezzo del mutuo e della polizza assicurativa è formato, oltre che dal guadagno della banca e dell’assicurazione, anche dal rimborso dei costi che esse sopportano.
E allora, dato che l’operazione dovrà essere gestita dall’INPS perché lo stesso non potrebbe gestirla in ogni suo aspetto, anche quello del finanziamento?
Per quanto riguarda la parte organizzativa non dovrebbero esserci problemi, dal momento che l’Istituto ha tutte le banche dati necessarie anche per i lavoratori all’estero, un’organizzazione capillare sul territorio e i Patronati sono sostanzialmente integrati in questa organizzazione.
Per i costi finanziari potrebbe soccorrere la previdenza complementare, specialmente quella negoziale di categoria.
E qui è necessaria qualche precisazione.
E’ di questi giorni la pubblicazione della Relazione annuale del Presidente della COVIP, che si sofferma anche sulla disponibilità dei Fondi di previdenza complementare negoziali ad agevolare la c.d. flessibilità in uscita consentendo agli interessati di accedere in anticipo alle prestazioni pensionistiche complementari maturate, per sopportarne i costi.
Intanto va sottolineato che siamo di fronte a un metodo sicuramente più accettabile rispetto al ricorso al mercato bancario/assicurativo.
Anche in questo caso, il costo è sopportato interamente dagli interessati.
Diverso sarebbe se si facesse in modo di consentire ai Fondi di investire  (con i sistemi tecnici più idonei) in un processo di erogazione dei mutui a tassi agevolati (rispetto a quelli di mercato) e garantiti dal servizio di riscossione e recupero coattivo delle rate dal Sistema Inps per la previdenza obbligatoria, così come avvenne, grosso modo,  per la cartolarizzazione dei crediti contributivi  in sofferenza.
Questa potrebbe essere un’occasione per recuperare al disegno complessivo e finalmente definitivo della previdenza sociale anche la previdenza complementare che fa parte di quella e non del sistema bancario/assicurativo.
D’altra parte la disponibilità del Ministro del lavoro ad aprire l’opportunità dell’uscita anticipata anche ai lavoratori del pubblico impiego dovrebbe consentire una riflessione più appropriata  per agevolare tale uscita e per scoraggiare soluzioni “tecniche”  strumentali.
Insomma, la flessibilità in uscita non dovrebbe risolversi consentendo solo a chi se la può permettere di comprarsela e scommettendo sulla propria speranza di vita.

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