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Paradisi fiscali e black list

La black list della Ue sarà pronta entro la fine del 2017. La Commissione europea ha infatti avviato le procedure per definire un elenco delle giurisdizioni fiscali non cooperative, destinato a coadiuvare i Paesi membri nella lotta all’evasione e all’abuso dell’arbitraggio fiscale.

Mercoledì 14 settembre 2016 è stata presentata una valutazione preliminare («quadro di valutazione degli indicatori») dei paesi terzi più a rischio realizzata sulla base di una serie di indicatori di scarsa compliance.

Nei prossimi mesi alcuni di questi saranno sottoposti, su indicazione degli Stati membri della Ue, a un esame più approfondito per individuare quelli che non rispettano le norme in materia di fiscalità.

La decisione dovrebbe essere approvata dai ministri delle finanze entro la fine del 2016. L’esame dei paesi terzi selezionati dovrebbe invece iniziare a gennaio in modo da pervenire a un elenco definitivo entro la fine del prossimo anno.

L’obiettivo di creare un unico elenco Ue deriva dalla necessità di superare l’attuale frammentazione delle black list nazionali che favoriscono quelle forme di pianificazione fiscale aggressiva che sfruttano proprio le asimmetrie tra i diversi sistemi.

 «La Ue prende sul serio i propri impegni di buona governance a livello internazionale – ha spiegato Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane – Vogliamo avere un dibattito leale e aperto con i nostri partner su questioni fiscali che ci riguardano tutti a livello globale. L’elenco della Ue sarà il nostro strumento per trattare con i paesi terzi che rifiutano di adeguarsi alle norme».

L’elenco comune della Ue fungerà da strumento per trattare con i paesi terzi che rifiutano di rispettare i principi della buona governance fiscale quando tutti gli altri tentativi di avviare il dialogo hanno fallito.

Al momento tutti i paesi terzi e le giurisdizioni fiscali del mondo – dal Bahrain alla Jamaica, da Hong Kong a Isle of Man, da Jersey a Costa Rica – sono stati analizzati per determinare il rischio di favorire l’elusione fiscale alla luce di un’ampia gamma di indicatori oggettivi e neutri, tra cui dati economici, strutture giuridiche e istituzionali, legami economici con Bruxelles, attività finanziaria e fattori di stabilità. Alle giurisdizioni più esposte sono stati applicati altri indicatori come il livello di trasparenza o il ricorso potenziale a regimi preferenziali.

In ogni caso, si fa presente dalla Commissione, la valutazione preliminare non rappresenta alcun giudizio nei confronti dei paesi terzi, né costituisce un elenco preliminare della Ue.

I paesi possono occupare posizioni di rilievo rispetto agli indicatori del quadro di valutazione per vari motivi, anche quando non costituiscono una minaccia per le basi imponibili degli Stati membri. L’intento è solo quello di aiutare gli Stati membri a selezionare i paesi che intendono sottoporre a un esame più dettagliato. Nel corso del quale, peraltro, la Commissione collaborerà strettamente con l’Ocse e terrà conto della regole varate in questi ultimi mesi a partire dalla disciplina contenuta nelle 15 azioni del progetto Beps (Base erosion and profit shifting).

In quest’ottica negli elenchi preliminari ad alcuni tradizionali paradisi fiscali come Andorra, Liechtenstein, Principato di Monaco, San Marino e Svizzera, viene riservato uno spazio ad hoc perché recentemente hanno concluso con la Ue accordi volti a garantire la “Tax Transparency”.

Un peso rilevante nella valutazione finale avrà anche l’adesione o meno dei paesi sotto osservazione al Common reporting standard, il sistema multilaterale di scambio automatico dei dati tra amministrazioni fiscali dell’Ocse, al quale lo scorso 9 settembre hanno confermato la decisione di partecipare anche le Bahamas (sia pure attraverso accordi bilaterali).

 

 (*) Giornalista del il Sole 24 ore; articolo pubblicato il 16/09/2016

 

 

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