Il fenomeno degli infortuni sul lavoro, con la caratterizzazione negli ultimi mesi dell’impressionante accentuazione delle “morti bianche”, è entrato prepotentemente nell’opinione pubblica anche della gente comune, scuotendo le coscienze per la sua enorme portata sociale.
I dati INAIL ci dicono che gli infortuni con esiti mortali sono stati 772 nei primi 8 mesi del 2021, con il triste accadimento di 3 decessi al giorno. Il decremento rispetto agli 823 decessi dell’anno precedente non deve distogliere l’attenzione dalla gravità di quanto accaduto, in quanto i dati del 2020 sono contrassegnati dagli infortuni COVID, propri della pandemia, accentuatisi in particolare nel mese di Marzo.
Meritano considerazone, poi, gli infortuni plurimi avvenuti nello stesso periodo, così come registrati dall’INAIL, pari a 12 per 29 lavoratori morti, mentre nel 2020 erano stati 6 per 12 lavoratori deceduti.
Quanto ai settori interessati, la gestione dell’Industria e dei Servizi, a fronte di un incremento degli infortuni del 6,9% (279792 casi nel 2020, passati a 299147 nel 2021) registra un calo degli infortuni mortali nella misura del 10,4%; non così la gestione dell’Agricoltura, che con un aumento percentuale minore di infortuni del 3,6% (da 17164 a 17786 casi), si caratterizza per una recrudescenza significativa di incidenti mortali nella misura del 20% (da 70 a 84 casi); la terza gestione, il Conto Stato (v. D.M. 10 ottobre 1985), con un incremento generale degli infortuni del 29,2% (da 25176 a 32516 casi) segnala anch’essa un’accentuazione dei casi mortali nella misura del 31,3%.
Non si può prescindere da una siffatta articolata constatazione degli accadimenti infortunistici, ai fini della valutazione circa l’efficacia o meno del tipo di aggiornamento legislatico ovvero di introduzione di nuove misure di contrasto.
Alle numerose priorità governative del momento si è aggiunta l’attenzione al fenomeno, che qui interessa, con la registrazione delle prime misure di ordine legislativo, incentrate sul rafforzamento dell’azione di vigilanza. L’obiettivo è perseguito mediante una sostanziale modifica agli articoli 13 e 14 del D.Lgs. n.81/2008, T.U. della sicurezza sul lavoro, rispettivamente sul tema delle competenze ispettive e del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività aziendale, in caso di pericolo per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, nonché nella ipotesi della presenza del deprecabile fenomeno del “lavoro nero”.
La strada, come sappiamo, è stata il Decreto fiscale 2022-D.L. 21/10/2021 n.146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, tutela del lavoro per esigenze indifferibili (G.U. n.252 del 21/10), in vigore dal 22/10/2021.
Prime linee di riforma del modello ispettivo
Il primo strumento accennato si caratterizza per il ritorno delle competenze primarie di vigilanza in tema di sicurezza sul lavoro all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, quale incombenza parallela a quella delle A.S.L.
Ne consegue un allargamento dell’attività ispettiva nella materia che interessa, perseguibile con un potenziamento degli organici dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella misura di 1024 unità, da assumere mediante apposita procedura concorsuale; significativo l’accompagnamento con investimenti di oltre 3,7 milioni di euro nel biennio 2022/2023 per la dotazione di strumentazione informatica di supporto all’attività ispettiva. Da gennaio 2022 è previsto, inoltre, un parallelo incremento in soprannumero di 90 unità nell’Arma dei Carabinieri, impegnata presso gli Ispettorati territoriali nell’attività ispettiva (sono i cosiddetti “Carabinieri per la tutela del lavoro”).
È appena il caso di notare come il criterio di rafforzamento della particolare vigilanza, mediante il coinvolgimento diretto dello Stato, soddisfi, al di là delle valutazioni politiche, una forte esigenza di razionalità, oltre che di fondata opportunità, permettendo agli ispettori del lavoro di arricchire gli accertamenti, in occasione dei loro abituali accessi aziendali, con l’esame delle condizioni di sicurezza, certamente non avulse dall’organizzazione aziendale, oggetto di verifica degli accertamenti stessi. Non è di poco conto, poi, il perseguimento attraverso la modifica intervenuta del carattere di uniformità a livello nazionale nell’ applicazione della normativa di tutela che interessa.
Non è sfuggito naturalmente al legislatore in sede di estensione delle competenze di cui trattasi l’esigenza, sempre avvertita in tali evenienze, di un maggiore coordinamento tra i soggetti preposti alla specifica vigilanza; di qui, la modifica anche dell’articolo 7 del D.Lgs. n.81/2008, mediante l’introduzione del comma 1 bis, che prevede l’obbligo del Comitato Regionale di coordinamento, preposto alla programmazione regionale, di riunirsi almeno due volte l’anno, con la convocazione anche ad iniziativa dell’Ispettorato del lavoro territoriale. Inoltre, il comma 7 bis stabilisce che l’INL debba trasmettere entro il 30 giugno di ogni anno una relazione analitica sull’attività svolta in materia di lavoro irregolare al Ministero del Lavoro, per essere inoltrata al Parlamento.
Ancora, nell’ambito del nuovo articolo 13 del T.U. n.81/2008 è previsto specificamente che, in tema di programmazione regionale tramite l’apposito citato Comitato, le A.S.L. e l’INL promuovano e coordinino l’attività di vigilanza posta in essere da tutti gli Organi di controllo; formulazione obiettivamente discutibile, suscettibile di modifica in sede di conversione del D.L., mediante l’attribuzione ad un solo soggetto, attendibilmente l’INL per l’ampiezza delle sue attribuzioni in materia di vigilanza.
Di rilievo, sempre per i fini del citato coordinamento, il rafforzamento del SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro), quale banca dati INAIL unica per la condivisione delle informazioni in essa contenute, che devono, come tali, essere disponibili alle Asl e all’INL. Gli Organi di vigilanza sono tenuti a comunicare all’ apposita sezione della banca dati le sanzioni applicate, a seguito della loro attività ispettiva.
Rivisitazione del provvedimento di sospensione cautelare dell’attività datoriale
Il secondo pilastro riformatorio prima accennato consiste in una significativa modifica al provvedimento della sospensione cautelare dell’attività datoriale, sospensione prevista dall’art. 14 del T.U. n.81/2008, al fine di rendere il provvedimento stesso più incisivo, rafforzandone anche il carattere di deterrenza.
Il provvedimento è adottabile anche su segnalazione di altre Amministrazioni, entro 7 giorni dal ricevimento del relativo verbale.
Trattasi di sospensione che può operare dalle ore 12 del giorno successivo lavorativo, ovvero dalla cessazione dell’attività che non può essere interrotta. Inoltre, la stessa non è praticabile nel caso di lavoratore irregolare, unico occupato nell’azienda.
Le condizioni attuali per l’adozione del provvedimento riformato sono ora così declinate:
- 10% almeno e non più 20% di personale in nero (senza Unilav), percentuale rapportata ai lavoratori occupati sul posto di lavoro al momento dell’ispezione; vanno comprese nel calcolo le figure di prestatori anche autonomi, così come qualificate nell’art. 2, comma 1, lett.a del D. Lgs. n. 81/2008, tra cui il socio lavoratore di cooperativa o di altra società, l’associato in partecipazione;
- gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza, riportate nell’Allegato 1 al Decreto, anche in assenza di recidiva, così come, invece, previsto in passato.
Nell’Allegato non poteva naturalmente mancare il riferimento, prima di tutto, alla omessa elaborazione del Documento di valutazione dei rischi, nonché del Piano di emergenza ed evacuazione. E’ il caso di precisare – e il principio dovrebbe essere tuttora valido – che in passato la giurisprudenza ha ritenuto che costituisse condizione per la sospensione anche l’incompletezza di tali documenti.
È da notare, tra l’altro, anche l’aggiunta, ai fini sanzionatori dell’omessa vigilanza sulla rimozione o sulle modifiche dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione di controllo.
Di assoluto rilievo, stando alla formulazione normativa, l’introduzione della obbligatorietà del provvedimento con il superamento, quindi, della precedente discrezionalità.
Il provvedimento all’esame prevede anche la sua limitazione alle parti del’attività interessata alle violazioni o alternativamente all’attività prestata dai lavoratori interessati alle violazioni, quando non formati o addestrati o sforniti dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto( n. 3 e n. 6 dell’Allegato 1).
Inoltre, è da sottolineare come gli Ispettori del Lavoro possano imporre, mediante apposita disposizione, specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza e per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Rimane il divieto di contrattare per tutto il periodo della sospensione con la Pubblica Amministrazione; di qui, anche l’obbligo di informare l’ANAC e il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili circa l’intervenuta sospensione.
Quanto alla revoca del provvedimento, fermo restando la regolarizzazione delle posizioni lavorative, nonché il ripristino delle condizioni di sicurezza con la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni, il trasgressore dovrà versare, quando trattasi di lavoro irregolare, una somma aggiuntiva pari a 2500 euro fino a 5 lavoratori irregolari e pari a 5000 euro nell’ipotesi di più di 5 lavoratori. Gli importi delle sanzioni aggiuntive nel caso di violazione alle norme di sicurezza variano da 3000 euro fino a 300 euro per ogni lavoratore interessato.
Ancora, le sanzioni aggiuntive si intendono raddoppiate in caso di violazioni della stessa natura riscontrate nei 5 anni precedenti.
L’Allegato 1 riferito alle violazioni che comportano la sospensione prevede anche specifiche singole sanzioni (esempio: mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi: 2500 euro). In caso di recidiva, anche tali penalità sono soggette al raddoppio, come le somme aggiuntive.
Sono fatte salve naturalmente tutte le altre misure sanzionatorie di tipo penale, amministrativo e civile.
Quanto al ricorso amministrativo, è da richiamare che lo stesso è previsto soltanto per l’impiego di lavoratori irregolari; termine 30 giorni, competenza dell’ Ispettorato interregionale del lavoro
La mancata osservanza del provvedimento di sospensione comporta l’arresto da 3 a 6 mesi in caso di violazione alle norme sulla sicurezza, ovvero l’applicazione di una sanzione da 2500 a 6400 euro a fronte di lavoro nero.
Per concludere l’esame dei punti essenziali, riferita ai profili della riforma intervenuta, riveste grande interesse l’intervento attinente agli Organismi paritetici, di cui all’art.51 del D.Lgs n.81/2008.
La ratio è riconducibile al rafforzamento del ruolo di tali Organismi, spesso offuscato da soggetti non legittimati, espressione del cosiddetto dumping contrattuale, con incidenza sulla formazione, che, in particolare, riveste grande interesse in tema di sicurezza sul lavoro.
È così prevista l’istituzione, a cura del Ministero del lavoro, di un repertorio degli Organismi paritetici entro 6 mesi all’entrata in vigore del D.L. n.146/2021.
Gli Organismi paritetici sono tenuti ora a comunicare all’INL e all’INAIL una serie di dati, che vanno dalle imprese aderenti al sistema della bilateralità, a quelle che hanno realizzato la formazione in tale ambito, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, al rilascio delle asseverazioni con la loro attuazione riferita ai modelli di organizzazione e gestione della sicurezza.
La predetta comunicazione, tra l’altro, è funzionale altresì alle scelte dei criteri per la vigilanza, ma anche a quelli della nota premialità da parte dell’INAIL.
Conclusioni
Dopo le considerazioni svolte sul ripristino delle competenze in materia di vigilanza in capo all’INL, c’è da aggiungere che allo stato attuale della disciplina sopravvenuta non vi è alcun dubbio che le nuove misure privilegiano il carattere repressivo dei controlli; si direbbe, per questo, che ci troviamo di fronte ad un provvedimento parziale, suscettibile di integrazione (anche in sede di conversione del Decreto?), mediante gli aspetti della prevenzione e degli atteggiamenti nei confronti dei nuovi rischi, con l’immancabile attenzione alla formazione che è auspicabile venga estesa anche a tutti i datori di lavoro, ai fini della loro consapevolezza del valore della sicurezza, nonché dell’orientamento circa le esigenze organizzative.
A voler vedere la fase applicativa delle nuove misure, ma anche l’adattamento auspicabile di quelle già in atto, non sarà facile l’elaborazione, che necessariamente dovrà seguire, delle disposizioni riferite alle modalità operative, che dovranno tener conto – con lo sfondo di un non semplice coordinamento dell’attività dei preposti all’ispezione – dellle diversificate realtà aziendali, caratterizzate dalla presenza preponderante delle piccole aziende, dei settori più a rischio talvolta con nuovi rischi; non potrà mancare, poi, un concreto monitoraggio sulle risultanze conseguite anche attraverso talune misure specifiche (vedi, ad esempio, il settore dell’edilizia con la tanto invocata patente a punti, in funzione anche della partecipazione alle gare).
Non deve sfuggire, inoltre, l’attenzione al diffuso decentramento delle attività aziendali, mediante il sistema degli appalti e sub-appalti, dettato spesso unicamente dalla riduzione dei costi.
Trattasi indubbiamente di un compito complesso, realizzabile, tuttavia, in via ammistrativa a più mani, sulla base delle linee di riforma appena tracciate, coordinandole con la normativa già in atto, che non ignora la tanto invocata prevenzione, in attesa di una sua specifica qualificazione.
Al di là della retorica, il salto di qualità, fermo restando l’efficacia dei sistemi di controllo e degli strumenti normativi messi a disposizione, è legato allo sviluppo della cultura della sicurezza; il Presidente dell’INAIL, in una recente intervista, ritiene che debba cominciare già dalla Scuola.