In queste ultime settimane, nel mirino delle polemiche mediatiche e immediatamente anche politiche, sono finite le organizzazioni sindacali e quelle umanitarie. Obiettivo principale il loro discredito. I percorsi sono stati paralleli e ritengo (e spero) senza regie particolari. Il caso si è fatto carico di accomunarle, ma non è casuale che ciò sia avvenuto. Veniamo ai fatti, abbastanza noti, per il clamore che hanno avuto nell’opinione pubblica, per poi passare alle valutazioni.
In merito al sindacato, ha iniziato il Movimento 5 stelle diramando un documento programmatico sul lavoro, da sottoporre al solito giudizio on line degli aventi diritto. Su di esso non esprimo valutazioni, perché lo considero inficiato fortemente da uno degli obiettivi che propone: disintermediare il rapporto tra lavoratore e impresa privata o amministrazione pubblica. Il sindacato va messo nelle condizioni di non operare e la rappresentanza dei dipendenti è soltanto aziendale. Ha proseguito il Presidente dell’INPS annunciando per l’ennesima volta interventi restrittivi per le prospettive pensionistiche dei sindacalisti, senza spiegare perché e come. Ed infine, molti commentatori hanno suonato campane a morto per CGIL, CISL e UIL uscite malconce dal referendum Alitalia.
Quanto alle organizzazioni di volontariato ed in particolare alle ONG – che dopo il ridimensionamento del progetto Mare Nostrum del Governo Letta per mano dell’Europa, pattugliano il Mediterraneo per salvare quante più vite possibile dei disperati che scappano dalle guerre e dalla fame – è stato organizzato un vero e proprio attacco alla loro attività e alla loro onorabilità. Protagonisti scattanti e giacobini sono stati il Movimento 5 stelle e la Lega, a seguito di opinioni – forse incaute e intempestive, come ha sottolineato lo stesso CSM che però non ha rilevato comportamenti scorretti – del Procuratore generale di Catania, Zuccaro.
Le due vicende, ancora aperte, sorprendono non tanto per l’uso strumentale – specie sul piano politico – che se ne sta facendo, quanto per il senso profondamente antidemocratico degli attacchi. Tanto il sindacato, quanto le organizzazioni umanitarie sono fondamentalmente espressioni di solidarietà e di aggregazione tra le persone. Il fatto che possano fare politiche insoddisfacenti, avere comportamenti sospettabili finanche di illegalità, deludere aspettative, predicare bene e razzolare male è nella natura delle cose. Questi rilievi vanno accompagnati da accuse e prove precise, dall’individuazione di chi e come agisce scorrettamente, dal distinguo che occorre sempre fare tra errore ed errante.
Se, invece, si attacca a testa bassa, con generalizzazioni dettate da pregiudizi e strumentalizzazioni, è in discussione il cuore dell’esistenza di organizzazioni intermedie come il sindacato o le ONG. Si vuole screditare la funzione solidaristica e la capacità aggregatrice di questi soggetti, più che esercitare una legittima ma documentata critica a scelte specifiche e ad azioni circostanziate. Lavoratori senza sindacato e ONG fuori dal Mediterraneo è come dire che gli uni se la devono sbrigare da soli e le altre devono lasciare che per i migranti si moltiplichi il rischio di morire in mare.
Non è una condivisibile visione della società che emerge da opzioni come queste. Ed il fatto che temporalmente siano coincise, spiega molto più di approfondite inchieste che ci stiamo avvicinando ad una fase sociale e politica nella quale le mezze misure, lo stare di qua e di là, oppure praticare il comodo e ambiguo “né con questo, né con quello” non ha più senso. Come per l’Europa bisogna dire che lo siamo “senza se e senza ma”, così deve essere per il ruolo dei corpi intermedi. Soltanto a seguito di questa chiarezza di posizionamento, si potrà intervenire per eventualmente addrizzare la rotta o togliere del marcio. Senza questa accortezza, la democrazia può pagare prezzi durissimi e il nostro sistema di valori costituzionali può subire smottamenti irreparabili.