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Il perche’ di una sfida per la School of Management

Lo Smart Working ha raggiunto in Italia livelli di diffusione e attenzione mediatica che quattro anni fa,quando partimmo ad occuparcene con l’Osservatorio della School of Management, difficilmente avremmo sperato. Lo dimostrano i tanti articoli e servizi televisivi che dai media specializzati stanno “penetrando” sempre più in quelli generalisti. Lo dimostra il diffondersi tra le imprese di tantissime sperimentazioni. Lo dimostra infine l’attenzione crescente da parte dei politici e del governo che ha portato all’approvazione in Consiglio dei Ministri di un DDL collegato alla legge di stabilità che in questi giorni affronta l’iter parlamentare di approvazione.

Dopo anni di ritardo e rigidità da cosa dipende tanto successo? Come mai in un Paese campione di rigidità ed apparentemente refrattario ad ogni innovazione tecnologica ed organizzativa ci si interessa tanto a questi nuovi modelli organizzativi abilitati dalla digitalizzazione? La risposta sta probabilmente proprio nella crescente consapevolezza del ritardo che abbiamo accumulato. Ci accorgiamo finalmente che nel modo in cui lavoriamo, o facciamo lavorare le nostre persone, ci sono troppe cose non intelligenti; che seguiamo acriticamente regole e diamo per assunti vincoli che esistono solo nella nostra testa, perché appartengono a un’era tecnologica ormai passata.

Da una recente analisi fatta dal nostro Osservatorio assieme a Doxa su un campione significativo di lavoratori italiani, risulta che oltre il 40% delle attività potrebbero essere svolte meglio in luoghi ed orari di lavoro differenti da quelli che l’azienda impone. Risultato: costringiamo noi stessi e i nostri collaboratori a lavorare in condizioni inadeguate che sono fonte di perdita di produttività e qualità del lavoro per l’organizzazione e di frustrazione e disagio per le persone.

È ora di cambiare, è ora di ridare alle persone autonomia nel definire dove, quando e con che strumenti svolgere ciascuna attività, a patto che da questo derivino migliori risultati per l’organizzazione, le persone e la collettività.L’esperienza fatta in questi anni dimostra che quando si rimettono in discussione questi assunti con buon senso e disponibilità si trovano nuovi equilibri e soluzioni che danno benefici a tutti gli attori in gioco. 

Cosa lo impedisce? Fare Smart Working non è come accendere o spegnere un interruttore, non basta certo consentire alle persone di lavorare uno o due giorni alla settimana da casa o comprare una nuova soluzione tecnologica!

Smart Working vuol dire ben altro: è una nuova filosofia manageriale che richiede di instaurare tra persone un rapporto maturo basato sulla fiducia, sull’impegno al risultato, sulla disponibilità a mettersi in discussione. Il lavoro da casa, la flessibilità degli orari, la revisione e condivisione degli spazi di lavoro, la stessa adozione di nuove tecnologie, sono aspetti importanti ma esteriori, strumenti che valgono nella misura in cui aiutano a stimolare comportamenti virtuosi di autonomia e responsabilità. Si tratta di un percorso che richiede visione, apertura e sforzo, ma che ad ogni passo consente di scoprire nuovi giacimenti di energia ed entusiasmo da liberare.

Come School of Management siamo e dobbiamo continuare ad essere al centro di questo cambiamento, perché è proprio nella cultura manageriale che si incontrano le maggiori resistenze. Lo Smart Working richiede ai capi una diversa attitudine a programmare, definire processi e indicatori e valutare in base ai risultati e non alla presenza fisica. Ancora di più richiede di saper guardare a ciascuno dei propri collaboratori come a una persona, con caratteristiche, talenti e necessità individuali da comprendere e valorizzare sapendo dare e chiedere flessibilità, senza rifugiarsi dietro regole stereotipate che rischiano di non dare valore più a nessuno.

 

 (*) Professore, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano

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