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Stabile la povertà assoluta. Con qualche annotazione.

L’ISTAT ha pubblicato a giugno 2019 le stime sulla povertà assoluta in Italia con riferimento al 2018. 

Oltre 1,8 milioni risultano le famiglie in condizioni di povertà assoluta, il 7,0% delle famiglie. 

5 milioni gl’individui interessati (8,4% del totale). Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017.  Il livello della quota delle famiglie si è stabilizzato dopo tre anni di crescita.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta continua ad essere maggiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre aree geografiche (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro). Anche il numero di poveri risiede nelle regioni del Mezzogiorno (oltre due milioni e 350mila, il 46,7%); circa 1 milione e 900mila individui (il 22,7%) nelle regioni del Nord.

 L’incidenza di povertà individuale è pari a 11,1% nel Sud, 12,0% nelle Isole, mentre nel Nord e nel Centro è molto più bassa e pari rispettivamente a 6,9% e 6,6% (nel Nord-ovest 7,2%, nel Nord-est 6,5%). 

Da rilevare è per il Nord Ovest la crescita 2018 su 2017 delle famiglie povere e la contestuale diminuzione del numero di individui poveri. Tendenza questa analoga nelle Isole. Nel Nord Est come nel Centro crescono famiglie e individui poveri. Nel Mezzogiorno diminuiscono le famiglie povere ma non gli individui.

L’incidenza della povertà assoluta continua ad essere più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: la percentuale è pari a 8,9% tra quelle con quattro componenti e a 19,6% tra quelle con cinque e più; tra le famiglie di 3 componenti si attesta attorno al 7% in linea con il dato medio. 

La presenza di figli conviventi, soprattutto se minori, condiziona l’incidenza della povertà assoluta: 9,7% con un figlio minore,19,7% con 3 o più figli minori. 

L’incidenza della povertà è dell’11% tra le famiglie monogenitoriali, maggiore rispetto alla media (7%) e in aumento rispetto all’anno precedente ( 9,1%). 

La presenza di anziani nelle famiglie abbassa l’incidenza della povertà: con un anziano è pari al 4,9% (più bassa, quindi, della media nazionale); scende al 3,2% nelle coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni.

La diffusione della povertà diminuisce al crescere del titolo di studio. Con un titolo di scuola secondaria superiore nella persona di riferimento si ha un’incidenza pari al 3,8%; con la licenza di scuola media l’incidenza si attesta su valori attorno al 10,0%. 

Anche la condizione professionale della persona di riferimento ha un impatto sull’incidenza della povertà: se dirigente, quadro o impiegato, la famiglia è meno a rischio di povertà assoluta, con l’incidenza che si attesta intorno all’1,5%. Se la persona di riferimento è operaio o assimilato, la povertà riguarda il 12,3% delle famiglie. 

Tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione questa quota sale al 27,6%.

Nel 2018 sono 1.260.000 i minori in povertà assoluta (12,6%). Con un’incidenza, stabile rispetto al 2017, ma geograficamente variabile: 10,1% nel Centro, 15,7% nel Mezzogiorno. 

Per classi d’età, l’incidenza presenta i valori più elevati tra i 7-13 anni (13,4%) e i 14-17 anni (12,9%) rispetto alle classi 0-3 anni e 4-6 anni (11,5%). Proprio l’età dell’obbligo scolastico e formativo, con le implicazioni relative alla “povertà educativa”.

Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 725mila, con un’incidenza, più alta della media nazionale, dell’11,3%. Le famiglie con minori  quindi risultano più povere. 

Anche l’incidenza della povertà tra le famiglie con minori è fortemente variabile a seconda della condizione lavorativa e della posizione professionale della persona di riferimento.

La povertà assoluta per le famiglie con minori è molto alta per le famiglie composte da soli stranieri (31,0%). 

L’incidenza della povertà assoluta aumenta al crescere del numero di minori presenti in famiglia, ed è elevata tra le famiglie monogenitoriale (16,8%) e per le tipologie in cui spesso convivono più nuclei familiari (20,1%).

Gli individui stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 500mila, con una incidenza pari al 30,3% in rapporto all’intera popolazione straniera (tra gli italiani è il 6,4%). 

Per ripartizioni geografiche, nel Mezzogiorno, le famiglie con stranieri in povertà sono circa quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 32,3% e 8,9). Nel Mezzogiorno sono il 40,5% le famiglie con stranieri dove sono presenti minori, contro il 12,4% delle famiglie di soli italiani. È in povertà assoluta oltre la metà delle famiglie di soli stranieri in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione (51,5%, per un totale di oltre 66mila famiglie); se la persona di riferimento è occupata, la condizione di povertà raggiunge comunque una famiglia ogni quattro (25,5%). 

Particolarmente critica è la situazione per chi vive in affitto.  Le circa 850mila famiglie povere in affitto rappresentano quasi la metà (46,6%) di tutte le famiglie povere. La distribuzione varia nelle ripartizioni geografiche: le famiglie affittuarie del Mezzogiorno sono in povertà assoluta nel 22,3% dei casi a fronte del 15,9% del Nord e del 14,9% del Centro. 

Tra le famiglie che vivono in casa di proprietà, paga un mutuo il 16,1% di quelle in povertà assoluta rispetto al 19,4% delle famiglie non povere. 

 

Osservazioni

1. Le informazioni del Report ISTAT sono utili per delineare lo stato della povertà assoluta, pur con i limiti del confronto su basi biennali e di alcune omissioni. 

Interventi passati di contrasto alla povertà hanno alleggerito condizioni di disagio, ma non ridimensionato la tendenza degli ultimi anni alla crescita della povertà assoluta. Ed oggi siamo nella fase di avvio di un intervento più robusto in termini di risorse impegnate, di previste coperture e, forse, di aspettative.

Il prosciugamento della povertà assoluta non è indipendente da fenomeni economici, politici e sociali più ampi; presenta, tuttavia, una dimensione di relativa autonomia di strumenti di intervento, in coerenza con le strategie di sviluppo sostenibile e politiche occupazionali. Non ne riscontriamo segnali nelle attuali scelte governative. E l’assenza di strategie, coerentemente tra loro interrelate, lascia aperta l’interpretazione della trasversalizzazione della povertà: diffusione nelle regioni settentrionali, contaminazione delle famiglie con limitato numero di figli, largo impatto tra lavoratori, soprattutto operai, indifferenza tra fasce d’età pre -lavorative e lavorative. E forse è più opportuno ipotizzare percorsi di contrasto più articolati per raggruppamenti in modo da pervenire alla necessaria personalizzazione.

2. I dati ISTAT sollevano dal problema dell’ennesimo incremento della povertà assoluta. Confermano la maggioritaria componente meridionale della stessa povertà, con le sorprese del biennio: numero famiglie povere in diminuzione e leggero incremento delle persone; nel Settentrione affiorano gli incrementi.

Il numero dei componenti il nucleo incide, soprattutto se minori, nonostante il Reddito di Cittadinanza non se ne faccia carico in maniera adeguata nella scala di equivalenza.

La componente monogenitoriale incrementa la sua presenza nella povertà assoluta. La presenza di anziani, fuori da alcuni stereotipi, non si configura come facilitatore della povertà.

La formazione risulta come conferma di una condizione emancipante. Così la posizione professionale che, comunque, convalida la presenza, con una certa consistenza, di povertà assoluta soprattutto nei profili operai.

Il numero stabile di minori nel confronto dei due anni, in percentuale comunque rilevante, propone, per la presenza nelle fasce di età dell’obbligo scolastico e formativo, la peculiarità della “povertà educativa” come terreno di necessario intervento.

L’entità della presenza di famiglie straniere rappresenta un ulteriore profilo critico da gestire nella normativa del Reddito di Cittadinanza.

Il rilievo delle informazioni relativamente al peso dell’affitto (e, in dosi minori, del mutuo) nella composizione dei dati della povertà assoluta è significativo per il riconoscimento, nella remunerazione, del Reddito di Cittadinanza. Anche se è doveroso sollevare la sperequazione nei confronti delle persone senza dimora, a cui è negata, oltre l’accesso per la difficile residenzialità, la possibilità di affrontare la transitorietà verso l’abitazione.

Da registrare negativamente sono due omissioni: il riferimento alle persone con disabilità, l’analisi della presenza femminile nella povertà.

 

 

1Vedi https://www.istat.it/it/files//2019/06/La-povert%C3%A0-in-Italia-2018.pdf. Si tratta di un Report che affronta povertà assoluta e relativa. 

EUROSTAT aveva pubblicato dati che evidenziavano un netto calo della povertà nel 2018. Vedi https://www.ilsole24ore.com/art/poverta-eurostat-forte-calo-italia-2018-ABdw6HuB

2 Vedi tabella seguente.

 

 

3 Vedi figura seguente

 

4 Vedi figura seguente

 

 

5 Vedi figura seguente

 

 

6 Vedi figura seguente

 

 

7 Vedi N.De Capite. Povertà 2018. Che cosa ci dicono i dati Istat?

 

8 Vedi a riguardo ActionAid: La povertà femminile sottovalutata dalle statistiche ufficiali.

 

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