Avviato – con la presentazione del ddl il 25 ottobre scorso – l’iter parlamentare relativo alla legge di stabilità 2016, è ormai possibile confrontarsi con il testo ufficiale (A.S. 2011), superando le slide, generiche, in precedenza presentate dal Presidente del Consiglio.
E la politica sociale si presenta complessivamente come scelte, orientamenti normativi (andanti ma non troppo, entrambi) e stanziamenti economici (in volume più alto del passato, ma non adeguato rispetto ai problemi in corso). Le tematiche affrontate sono in parte in continuità, in parte, con alcuni limiti, positivamente innovative.
Scorrendo l’articolato si notano innanzitutto norme e incentivi al welfare aziendale, quello di conciliazione, soprattutto di origine contrattuale: è introdotta, con l’art.12, una disciplina tributaria tesa, per i lavoratori dipendenti privati, a incentivare la contrattazione di secondo livello, ridefinendo entità e scopi delle risorse finanziarie destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata. E’ previsto, infatti, – salvo il caso di espressa rinunzia da parte del lavoratore – un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, nel limite di importo pari a 2.000 euro lordi, o a 2.500 euro per le imprese che coinvolgano i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Destinatari del beneficio sono i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro.
Le attività rientranti nell’esenzione IRPEF vengono estese, oltre ai servizi e le prestazioni (erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti), a: la fruizione, da parte dei familiari dei servizi di educazione e istruzione – compresi i servizi integrativi e di mensa – anche se non riferiti alla frequenza degli asili nido; per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali ma soprattutto – e questa è una novità rilevante – alla fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.
Altro aspetto interessante è la previsione delle modalità di erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro: può avvenire mediante documenti in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale. Si apre così alla possibilità di ricorso ai voucher o a buoni acquisto.
Le risorse per la promozione della conciliazione sono pari a 38,3 milioni di euro per il 2016, 36,2 milioni per il 2017 e 35,6 milioni per il 2018.
Tutte le modalità attuative sono demandate ad un decreto (Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze), da emanare entro 60 giorni.
Questo versante del welfare aziendale può rappresentare, se non visto solo nella mera logica della conciliazione, uno dei fattori, se accompagnato da altre misure, per lo sviluppo di un settore dei servizi alla persona e alle famiglie (I). Dalle esperienze estere ci perviene l’indicazione della necessità di un piano pluriennale ad obiettivi successivi, con regia unica, comprensivo di finanziamenti, anche derivati da riconversione / rifinalizzazione / riqualificazione di interventi pubblici esistenti (ad esempio, l’indennità di accompagnamento, assegni sociali di varia natura, spesa sanitaria che riconverta ricoveri con cure domiciliari, interventi di supporto post infortunistici), di strumenti e procedure semplificate, di attivazione di soggetti pubblici e privati (regioni, comuni, enti previdenziali e fondi integrativi privati, assicurazioni e banche, agenzie di formazione e intermediazione, compagnie di gestione di voucher). Le stesse esperienze confermano, oltre al contributo occupazionale, la natura di investimento delle risorse impegnate e l’alta percentuale di ritorno della spesa in contribuzione fiscale e previdenziale.
Viene aperto un cantiere, con basi potenzialmente strutturate e organiche, per il contrasto alla povertà (art.24). Le misure precedentemente frazionate vengono concepite come inserite in Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione, adottato con cadenza triennale mediante decreto (II). Il piano si pone l’obiettivo di perseguire i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali (affermate dalle vigenti norme di politiche sociali, ma mai esplicitate in programmi operativi) tali da garantire su tutto il territorio nazionale misure di contrasto alla povertà.
A tal scopo è previsto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Al Fondo sono assegnati 600 milioni di euro per il 2016 e 1.000 milioni di euro dal 2017.
Per il 2016, le risorse stanziate (i 600 milioni) sono ripartite in due capitoli.
Il primo:380 milioni di euro per l’avvio di una misura di contrasto alla povertà destinata all’estensione del sostegno all’inclusione attiva (SIA)(III) su tutto il territorio nazionale.
In attesa dell’adozione del Piano, si introducono nuovi criteri e procedure garantendo in via prioritaria interventi per nuclei familiari con figli minori. Sarà un decreto (IV), da emanarsi entro trenta giorni, a definire le modalità. Si auspica a riguardo che si superino nella futura attuazione i limiti della sperimentazione fin qui realizzatasi e che è stata complessivamente deludente, tranne alcune positive esperienze territoriali (V).
Le risorse impegnate(i 380 milioni) si aggiungono a quanto stanziato dalFondo speciale della prima Carta acquisti (ora denominato Fondo Carta acquisti, quella destinata alle spese di natura alimentare, energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti), ma anche a quelle relative alla estensione su tutto il territorio nazionale della sperimentazione della Carta acquisti sperimentale del SIA.
Il secondo capitolo:220 milioni di euro per l’ulteriore incremento dell’autorizzazione di spesa relativa all’assegno di disoccupazione (ASDI). (VI)
I 1.000 milioni di euro stanziati per gli anni successivi al 2016 sono destinati all’introduzione di un’unica misura nazionale di contrasto alla povertà e alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti.
Dal 2016, confluiscono ogni anno nel Fondo per la lotta alla povertà 54 milioni di euro provenienti dagli ammortizzatori sociali. Per il 2016 tali risorse sono destinate all’estensionedella Carta acquisti sperimentale (SIA). Viene abrogata quindi l’indennità una tantum dei lavoratori a progetto, in seguito alle modifiche normative relative ai contratti di lavoro. (VII)
Nel previsto intervento di contrasto alla povertà pare acquisita la consapevolezza di superare nel breve medio periodo le sperimentazioni portate avanti in questi anni. Soprattutto con la previsione del piano e della rivisitazione degli interventi di varia natura sulle fragilità verso un’unica misura di contrasto alla povertà che, tra le altre condizioni, presupponga l’attivazione dei soggetti beneficiari. E’ opportuno che tale rivisitazione permetta il collegamento tra politiche sociali e sviluppo del settore dei servizi alla persona / famiglia. Nel breve periodo i pur incrementati stanziamenti non risultano adeguati alla stessa ridefinizione qualitativa e quantitativa nella logica di obiettivi progressivi e tempi certi di realizzazione del reddito minimo d’inserimento. Né ci pare siano state considerate a partire dal 2016 le risorse FSE sull’inclusione attiva (PON e POR).
Un capitolo nuovo e sperimentale è l’istituzione di un Fondo per il contrasto della povertà educativa (VIII) alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie. Il finanziamento avviene tramite il riconoscimento alle fondazioni di un credito d’imposta. La copertura è del 75 per cento di quanto versato. Previsto lo stanziamento di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Le modalità di attuazione (organizzazione del fondo, caratteristiche dei progetti, modalità di valutazione, selezione, monitoraggio) sono rinviate ad un protocollo d’intesa (IX).
Le implicazioni della povertà educativa sulle giovani generazioni e sul progresso sociale e civile sono ormai acquisite a livello internazionale e accertate nel caso italiano. La necessità di avviare politiche è ineludibile. Si tratta di verificare l’efficacia del meccanismo messo in atto per il finanziamento sia sul versante dell’accumulo delle risorse, sia sul meccanismo di cofinanziamento previsto. E poi gli attori e i progetti in campo. Primo passo il protocollo.
Viene semplificata la procedura relativa alla cessione gratuita di prodotti deperibili (alimentari) a enti, associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS. In particolare la norma eleva a 15.000 euro (rispetto agli attuali 5.164,57 euro) il limite del costo dei beni gratuitamente ceduti oltre il quale occorre inviare la prescritta comunicazione all’amministrazione finanziaria per poterli consegnare. Inoltre tale comunicazione è resa facoltativa e, senza limiti di valore, ove si tratti di beni facilmente deperibili.
La soluzione prospettata è stata positivamente valutata dagli attori interessati.
90 milioni di euro dall’anno 2016, sono messi a disposizione di un Fondo destinato al finanziamento di misure per il sostegno delle persone con disabilità grave, in particolare stato di indigenza e prive di legami familiari di primo grado.
Le modalità di utilizzo del Fondo vengono definite con decreto sul quale va acquisita l’intesa della Conferenza Stato Regioni.
Si comincia a fornire risposte a livello nazionale (alcune esperienze territoriali hanno già cominciato ad operare) al “dopo di noi”, sollecitato dalle associazioni di familiari di disabili gravi, ripreso nella prima Conferenza europea sulla disabilità, posto come obiettivo nel Piano biennale nazionale relativo al superamento delle condizioni di disabilità. Per conoscere le linee d’attuazione c’è da sollecitare il decreto.
Incrementato di 150 milioni di euro annui dall’anno 2016 lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, che dovrà finanziare anche gli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Tale fondo aveva già una dotazione annua di 250 milioni di euro annui; lo stanziamento a regime, a decorrere dal 2016, risulta quindi di 400 milioni. (X)
Viene istituito un autonomo Fondo per le adozioni internazionali, dotato di 15 milioni annui, a decorrere dal 2016. Le risorse provengono dal Fondo per le politiche per la famiglia ( che viene depauperato della cifra). La gestione del Fondo per le adozioni internazionali è assegnata al Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Da menzionare la positività della conferma del finanziamento di 50 milioni di euro per il fondo per le ludopatie. Sarebbe più efficace, comunque, una sana politica preventiva con regole di limitazione della diffusione delle tecnologie e della pubblicità e con maggiore vigilanza sugli accessi.
Sul servizio civile previsti finanziamenti di 115 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018, che risponde all’esigenza, più volte sottolineata, di programmazione pluriennale, ma non all’obiettivo di tipo universalistico di 100 mila giovani avviati. Obiettivo atteso e più volte ostentato dall’esecutivo.
Non rifinanziato il fondo per la famiglia che doveva occuparsi di adeguamento del sistema dei servizi socio educativi (parte degli stanziamenti sono stati spostati sul fondo per le adozioni internazionali) che quindi risulta quasi azzerato.
Diminuiti gli stanziamenti per i patronati (che intervengono nella politica di welfare, meno 48 milioni) e i CAAF (meno 100 milioni).
In conclusione. Gli stanziamenti complessivi relativi alle politiche sociali sono aumentati rispetto ai precedenti anni. Si può sollevare quantitativamente la permanenza del differenziale con gli altri paesi europei e con i fabbisogni.
Si possono evidenziare i passi in avanti in merito al welfare aziendale. Da verificare nell’attuazione concreta – soprattutto il passaggio della contrattazione aziendale e territoriale – se andrà a riguardare, nella politica di conciliazione, il finanziamento dei servizi, in specie servizi alla persona.
Positiva la scelta, riteniamo irreversibile, verso lo strumento universale di contrasto alla povertà tramite politiche di attivazione. Le attese maggiori sono rivolte alla messa a regime con la rivisitazione finalizzata degli interventi di natura assistenziale. Coordinando ed integrando gli interventi economici regionali e comunali. Questo processo su finanziamenti ed erogazioni – eccessivamente disaggregati e spesso sovrapposti- può dare un impulso notevole. Tenendo presente l’integrazione con le stesse risorse FSE per l’inclusione attiva. E preoccupandosi di coinvolgere i soggetti del Terzo settore ( auspicando tempi compatibili per la conclusione dell’iter di riforma, essendo non conclusa la legge delega). La dimensione quantitativa e qualitativa raggiunta della povertà assoluta rende non più dilazionabile interventi strutturali ed organici di contrasto in tempi programmati ma certi.
Massima attenzione ai due interventi sperimentali: quello per il “dopo di noi” e quello sulla povertà educativa. Che l’amministrazione sappia utilizzare le indicazioni provenienti dalle buone pratiche e attivare congeniali soggetti del privato sociale.
E il ruolo dell’amministrazione, approvata la legge, visto il passaggio a vari decreti, diventa determinante.
Note
I In Italia è stato presentato al Senato da parte di Santini ed altri il ddl 1535 ” Istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia”
II Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Unificata).
III In merito alla ricostruzione normativa di Carta acquisti, e SIA riteniamo utile riportare la scheda elaborata dai Servizi studi del Senato e della Camera.
“La Carta acquisti ordinaria, istituita dal decreto-legge 112/2008, è un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici
che li collocano nella fascia di bisogno assoluto. Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell’Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche.
Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l’uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti.
L’articolo 60 del decreto-legge 5/2012 ha configurato una fase sperimentale della Carta acquisti, prevedendone una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi, nei comuni con più di 250.000 abitanti e destinando alla fase di sperimentazione della Carta un ammontare di risorse con un limite massimo di 50 milioni di euro, e ha ampliato immediatamente la platea dei beneficiari anche ai cittadini degli altri Stati dell’Ue e ai cittadini esteri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
È così nata la Carta acquisti sperimentale, anche definita Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) o Carta per l’inclusione. Le modalità attuative della sperimentazione della SIA sono state indicate dal decreto 10 gennaio 2013 che fra l’altro stabilisce i nuovi criteri di identificazione dei beneficiari, individuati per il tramite dei Comuni, e l’ammontare della disponibilità sulle singole carte, calcolato secondo la grandezza del nucleo familiare. La SIA – il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili – è rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con minori e con un forte disagio lavorativo. Il nucleo familiare beneficiario dell’intervento stipula un patto di inclusione
con i servizi sociali degli enti locali di riferimento, il cui rispetto è condizione per la fruizione del beneficio. I servizi sociali si impegnano a favorire, con servizi di accompagnamento, il processo di inclusione lavorativa e di attivazione sociale di tutti i membri del nucleo.
L’articolo 3 del decreto-legge 76/2013 ha esteso la sperimentazione della SIA, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania dal decreto legge 5/2012, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono state stanziate a valere sulla riprogrammazione
delle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013 (cioè della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali), nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione.
L’estensione della sperimentazione della SIA deve essere realizzata nelle forme e secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale 10 gennaio 2013. Sul ritardo nell’attivazione della sperimentazione della Carta acquisti sperimentale-SIA, si rinvia alla risposta del Governo, in data 8 ottobre 2015, all’interrogazione 5-06598.
L’articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha previsto per il 2014 uno stanziamento per la Carta acquisti ordinaria pari a 250 milioni di euro e un distinto stanziamento di 40 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016 per la progressiva estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della sperimentazione della SIA. La stessa legge di stabilità 2014 ha previsto inoltre la possibilità – in presenza di risorse disponibili, in relazione all’effettivo numero dei beneficiari – di utilizzare le risorse rimanenti dei 250 milioni assegnati come
stanziamento alla Carta acquisti ordinaria, per l’estensione della sperimentazione della SIA.
Infine, la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) ha stabilito un finanziamento a regime di 250 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015, sul Fondo Carta acquisti. Le risorse utilizzate per la Carta acquisti e la SIA sono stanziate sul Fondo Carta acquisti istituito nello stato di previsione del MEF (capitolo 1639 “).
IV Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
V A riguardo della sperimentazione, vedi Sia, dalla sperimentazione luci e ombre sul futuro della lotta alla povertà, in Redattore sociale, % novembre 2015. M.Conclave, Il contrasto alla povertà va verso una ragionevole sistematicità , in Newsletter Nuovi lavori, http://www.nuovi-lavori.it/index.php/sezioni/522-il-contrasto-alla-poverta-va-verso-una-ragionevole-sistematicita
VI Per quanto riguarda l’Assegno di Disoccupazione –ASDI riteniamo utile riportare ricostruzione normativa contenuta nella scheda elaborata dai Servizi studi del Senato e della Camera. “L’articolo 16 del D.Lgs. 22/2015 ha istituito, a decorrere dal 1° maggio 2015 (e inizialmente in via sperimentale per l’anno 2015), l’assegno di disoccupazione (di seguito ASDI), destinato (ai sensi dell’articolo 43, comma 5, del D.Lgs. 148/2015) ai soggetti che abbiano fruito della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) per l’intera sua durata entro il 31 dicembre 2015 i quali, privi di occupazione, si trovino in una condizione economica di bisogno (lavoratori appartenenti a gruppi familiari in cui sono presenti minori o con un’età prossima al raggiungimento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico). L’assegno è in ogni caso erogato entro il limite delle risorse assegnate al fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pari a 200 milioni di euro nel 2015 e a 200 milioni di euro nel 2016. Ai sensi dell’art. 43, co. 5, del D.Lgs. 148/2015, l’autorizzazione di spesa (di cui all’art.16, co. 7 del D.Lgs. 22/2015) è stata incrementata di 180 milioni di euro per il 2016, di 270 milioni di euro per il 2017, di 170 milioni di euro per il 2018 e di 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.
Per effetto della prosecuzione della sperimentazione, e nel limite delle risorse previste, in ogni caso la durata della prestazione ASDI non può essere pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine del periodo di fruizione della NASpI e comunque pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente il medesimo termine. Il suo importo è pari al 75% dell’ultima indennità NASpI percepita e, comunque, non superiore all’assegno sociale, incrementato per gli eventuali carichi familiari. È inoltre demandata ad apposito decreto interministeriale (da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 148/2015) la definizione delle modalità per la prosecuzione della sperimentazione. La corresponsione dell’ASDI è condizionata all’adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l’impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro (articolo 16, comma 5, del D.Lgs. 22/2015). La partecipazione alle iniziative di attivazione proposte è obbligatoria, pena la perdita del beneficio. Inoltre, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, del D.Lgs. 150/2015, ai fini della concessione dell’ASDI è necessario che il richiedente abbia sottoscritto un patto di servizio personalizzato, redatto dal centro per l’impiego, in collaborazione con il richiedente, a seguito di uno o più colloqui individuali.
Si rammenta, infine, che ai sensi dell’articolo 16, comma 8, del D.Lgs. 22/2015, all’eventuale riconoscimento dell’ASDI negli anni successivi al 2015 si provvede con le risorse previste da successivi provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie e in particolare con le risorse derivanti dai decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla L. 183/2014 (cd. jobs act). “
VII Vengono abrogate le norme del 2013, relative all’indennità una tantum dei collaboratori coordinati e continuativi (cd. lavoratori a progetto), in regime di monocommittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo. Il riordino delle tipologie contrattuali ha infatti previsto il superamento del contratto di lavoro a progetto, disponendo l’abrogazione delle disposizioni che regolavano tale fattispecie.
VIII Sulla povertà educativa vedi M.Conclave, Liberare i bambini dalla povertà educativa, in Newsletter Nuovi Lavori, n.160 del 5 novembre 2015.
IX Protocollo tra le fondazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
X Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall’art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) con l’intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. Le risorse del Fondo per le non autosufficienze sono ripartite annualmente con decreto.