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Cosa prevedono i disegni di legge e la contrattazione collettiva

Lo smartworking o, per utilizzare il termine tradotto in italiano, il “lavoro agile” vede già una interessante diffusione in Italia attraverso la regolamentazione aziendale e l’accordo personale del lavoratore, o la contrattazione collettiva.

I dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano mostrano una presenza almeno embrionale di modalità di lavoro agile nel 48% del campione relativo alle grandi aziende, mentre nelle PMI il fenomeno ben più limitato si attesta al 5%.

Il working paper n.02/2016 di Adapt University Press evidenzia come la contrattazione collettiva sia già intervenuta in materia, anche se ancora non in modo consistente (il tema è disciplinato in solo 8 contratti dei 915 recensiti).

 

Nel nostro Paese non è dunque richiesto un intervento legislativo per rendere applicabile il “lavoro agile”, ma è piuttosto invocata dalle imprese che lo stanno attuando o sperimentando una regolamentazione quadro che risolva alcune incertezze normative e di tutela. 

L’intervento legislativo avrebbe inoltre un  importante ruolo promozionale, che si andrebbe a sommare con gli incentivi fiscali già previsti per lo smartworking disciplinato dalla contrattazione collettiva. La voce “Lavoro agile (smartworking)” è infatti prevista dal Decreto Interministeriale 25 marzo 2016 (cd. “decreto detassazione produttività”) pubblicato infine in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 maggio, come indicatore esplicito in grado di rilevare incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione all’interno dalla contrattazione collettiva territoriale o aziendale.

Incentivi specifici alla contrattazione collettiva che intervenga in tema di conciliazione famiglia/lavoro sono inoltre previsti dallo stanziamento previsto dall’articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 e definiti dalla Legge di Stabilità per il 2016, con una vigenza triennale negli anni 2016-2017-2018. Purtroppo però si è ancora in attesa dell’apposito Decreto Interministeriale che ne disciplini le modalità di utilizzo.

 

Ricordiamo in tema che già l’Avviso Comune siglato nel Marzo 2011 dal Ministero del lavoro e tutte le parti sociali sulle misure a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro, con l’obiettivo primario di sostenere la crescita dell’occupazione femminile, mai reso operativo, recitava: “condividono il valore di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo positivo e, conseguentemente, l’importanza della modulazione flessibile dei tempi e degli orari di lavoro, tanto nell’interesse dei lavoratori che dell’impresa, così come la necessità di incentivare un maggiore e migliore utilizzo del telelavoro e delle tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato e flessibile.

 

Ora in discussione in Senato è dunque il Disegno di legge n.2233 presentato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, “collegato” alla Legge di Stabilità per il 2016 Legge n.208/2015, dal titolo “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Ad esso è stata abbinata la discussione di un secondo Disegno di legge, il n.2229 dal titolo “Adattamento negoziale delle modalità di lavoro agile nella quarta rivoluzione industriale” d’iniziativa dei Senatori Sacconi, D’Ascola, Marinello e Pagano.

 

La proposta di legge governativa si applica esplicitamente al solo lavoro subordinato, anche in riferimento al pubblico impiego ove compatibile, e considera il “lavoro agile” una modalità flessibile di esecuzione dell’attività lavorativa. 

Obiettivo del testo di legge governativo è incrementare “la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Conferma dell’intento, come già detto, è data anche dall’inserimento della voce “Lavoro agile (smartworking)” come indicatore all’interno Decreto Interministeriale 25 marzo 2016. 

La prestazione di lavoro agile è contraddistinta da: a) esecuzione in parte all’interno di locali aziendali ed in parte all’esterno, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla disciplina legislativa e dalla contrattazione collettiva; b) possibilità di impiego di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa; c) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali.

L’accordo individuale che disciplina la modalità di lavoro agile dovrà essere stipulato per iscritto, comunicato in via obbligatoria al centro per l’impiego competente per territorio e dovrà riguardare i tempi di riposo, i poteri direttivo e di controllo del datore di lavoro, gli strumenti impiegati dal dipendente, le condotte che diano luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, i tempi di preavviso per esercitare il recesso.

L’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato, e deve prevedere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda.

Il datore di lavoro deve adottare misure atte a garantire la protezione dei dati impiegati ed elaborati dal dipendente durante la prestazione in modalità di lavoro agile, mentre il lavoratore è tenuto a custodire con diligenza gli strumenti tecnologici messi a disposizione dal datore di lavoro ed è responsabile della riservatezza dei dati cui può accedere tramite l’uso di tali strumenti.

Uno degli aspetti per il quale l’inquadramento legislativo era fortemente invocato riguardava la tutela della salute e sicurezza dei prestatori di lavoro agile, e il relativo trattamento in caso di infortunio.

Il disegno di legge governativo affronta il tema prevedendo l’obbligo per il datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore e la correlata consegna, con cadenza almeno annuale, di un’informativa scritta, nella quale siano individuati i rischi generali e quelli specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Il lavoratore è dal canto suo tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali. E’ inoltre fatta salva l’applicazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali che trovino applicazione con riferimento ai rischi specifici.

Il testo proposto tenta un’interessante estensione di tutela, derivante dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche all’ambito degli infortuni “in itinere” laddove il luogo per lo svolgimento della prestazione lavorativa sia stato scelto in base ad esigenze connesse alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e la scelta risponda a criteri di ragionevolezza.

I contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero (per quelli aziendali) stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria possono introdurre ulteriori previsioni, intese ad agevolare i lavoratori e le imprese che intendano ricorrere alla modalità di lavoro agile.

 

La proposta Sacconi, DDL n.2229, configura invece il lavoro agile come un’autonoma tipologia contrattuale, che si estende anche al lavoro autonomo.

Il testo propone un superamento del concetto di orario e luogo di lavoro, in favore del concetto del lavoro per obiettivi o a risultato, da parte di prestatori di lavoro svolto tramite piattaforme informatiche, strumenti tecnologici anche portatili o sistemi interconnessi e rispondente ad almeno uno dei seguenti requisiti: a) inserimento in un modello organizzativo di lavoro agile, come definito dalla contrattazione collettiva; b) certificazione del contratto di lavoro su base volontaria da una commissione ex D.lgs.n.276 del 2003; c) inserimento in modo continuativo del contratto, anche per distacco o con contratto di somministrazione o apprendistato, in distretti industriali e della conoscenza, cluster, poli tecnologici, incubatori certificati di imprese, start up innovative, reti di imprese o imprese qualificate, anche tramite sistemi di qualificazione definiti dalla contrattazione collettiva e certificati; d) lavoro riguardante lavori di ricerca, progettazione e sviluppo per aziende, committenti o datori di lavoro privati.

I rapporti di lavoro in modalità agile devono avere, secondo la proposta Sacconi, durata almeno annuale, prevedere un corrispettivo lordo non inferiore a 30.000 euro parametrato su base annua ed essere disciplinati da accordi individuali certificati o collettivi di livello aziendale o territoriale.

L’accordo individuale costituente può essere a termine o a tempo indeterminato e deve indicare, pena la nullità, l’eventuale periodo di prova o sperimentazione, gli obiettivi essenziali da raggiungere, individuali o di gruppo, criteri oggettivi di valutazione della prestazione, eventuali fasce di reperibilità e/o presenza, nonché le misure di protezione della riservatezza, della sicurezza e della salute del lavoratore. Il recesso dall’accordo comporta cessazione del rapporto di lavoro, salvo diverso accordo.

Il contratto collettivo aziendale o territoriale o l’accordo individuale certificato devono inoltre disciplinare i trattamenti retributivi e normativi, i periodi di sospensione della prestazione, l’impatto sulla persona in termini di obiettivi, forme di apprendimento, cambiamenti cognitivi e fisici.

Un’Anagrafe informatica dei ricercatori assunti in lavoro agile da datori privati sarà costituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con compiti di vigilanza.

Il datore di lavoro e il committente sono tenuti ad adottare, su autorizzazione del medico di lavoro competente, tutte le misure atte a tutelare e garantire l’integrità fisica e psichica, la personalità morale e la riservatezza del lavoratore, compreso il “diritto alla disconnessione”. Il lavoratore è tenuto ad adottare con diligenza e puntualità tali misure, a cooperare attivamente con il datore di lavoro o il committente al fine di prevenire infortuni sul lavoro e l’insorgere di malattie professionali, a effettuare con cadenza quadrimestrale visite di prevenzione e controllo a spese del datore o committente, 

E’ fatto divieto di utilizzare strumenti di controllo a distanza, tranne che nei casi disciplinati da legge, e di effettuare indagini sulle opinioni personali o fatti non inerenti l’attitudine professionale del prestatore. 

E’ prevista la tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per prestazioni lavorative rese all’esterno dell’azienda, estesa anche all’ambito degli infortuni “in itinere” come per la proposta governativa.

Al lavoratore è riconosciuto il diritto all’apprendimento continuo e alla certificazione delle competenze acquisite.

 

La definizione di una cornice legislativa in tema di lavoro agile o smartworking potrebbe dunque affrontare i nodi oggi irrisolti, relativi alla tutela dei prestatori specialmente nel campo degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché promuovere questo interessante strumento di innovazione organizzativa della prestazione di lavoro, sia in ottica di incremento di produttività che di conciliazione famiglia/lavoro.

 

 (*) Dipartimento politiche sociali della Cisl

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